COINVOLTI I TELESCOPI INAF TNG E DI LOIANO

Cacciatori di Blazar

Due ricercatori italiani, Raffaele D’Abrusco e Francesco Massaro, insieme ad un team internazionale di astronomi di cui fanno parte anche Nicola Masetti e Marco Landoni dell’INAF, hanno sviluppato un nuovo metodo per selezionare tra le sorgenti infrarosse quei ‘candidati blazar’ che potenzialmente corrispondessero a emissioni gamma non identificate. Individuando e confermando così l'esistenza di oltre 200 oggetti di questo tipo

     29/01/2016
Rappresentazione artistica di un blazar. Crediti: Wolfgang Steffen - Instituto de Astronomía, UNAM, Messico

Rappresentazione artistica di un blazar. Crediti: Wolfgang Steffen – Instituto de Astronomía, UNAM, Messico

Nei raggi gamma sono le sorgenti più estreme che si conoscano e ci hanno abituato ai più bizzarri comportamenti. I blazar devono le loro straordinarie proprietà osservative ai loro ‘motori’, buchi neri supermassicci nel cuore di altre galassie che producono getti di particelle accelerate fino a velocità prossime a quelle delle luce, e al fatto che questi getti puntino quasi esattamente verso di noi. Un fondamentale contributo all’identificazione di queste sorgenti lo sta fornendo da alcuni anni la missione Fermi della NASA, dedicata proprio all’osservazione del cielo nei raggi gamma, a cui l’Italia collabora con Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) .

Guardando in tutt’altra finestra osservativa, due ricercatori italiani, Raffaele D’Abrusco, ora nel gruppo di astrofisica dell’Università Federico II di Napoli, e Francesco Massaro, dell’Università di Torino (associato INAF e rientrato in Italia con il programma per Giovani Ricercatori “Rita Levi Montalcini” del MIUR), nel 2011 scoprirono grazie ai dati del telescopio spaziale WISE che i blazar mostrano una particolare ‘impronta’ nell’infrarosso. Questa ulteriore proprietà dei blazar potrebbe essere usata per riconoscerli e selezionarli tra tutti gli altri oggetti astronomici, hanno pensato i due astrofisici. E così, insieme ad un team internazionale di astronomi di cui fanno parte anche Nicola Masetti e Marco Landoni dell’INAF, hanno sviluppato un nuovo metodo per selezionare tra le sorgenti infrarosse quei ‘candidati blazar’ che potenzialmente corrispondessero a sorgenti gamma non identificate. Ma ancora mancava un tassello fondamentale per confermare l’idea iniziale e il metodo proposto: studiare il comportamento della radiazione emessa dalle sorgenti ritenute potenziali blazar nella luce visibile, quello che gli astronomi chiamano spettro. Per questa ragione, verso la fine del 2011 ha preso il via una vasta campagna osservativa che aveva lo scopo di certificare con tecniche di spettroscopia ottica la natura del maggior numero possibile di candidati blazar selezionati con il loro metodo.

«L’INAF è stato direttamente coinvolto nelle osservazioni e nell’analisi dei dati spettroscopici acquisiti anche grazie al Telescopio Nazionale Galileo sulle Isole canarie ed al primo spettro campione di tutta la campagna ottenuto proprio con il telescopio di Loiano, gestito dall’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna» ricorda Landoni.

Nel corso degli anni i dati accumulati grazie a decine di sessioni osservative hanno permesso di individuare e confermare l’esistenza di oltre duecento nuovi blazar, scandagliando tra sorgenti gamma non ancora identificate e hanno portato alla realizzazione di una serie di articoli scientifici che hanno accresciuto significativamente la nostra conoscenza su questa classe di sorgenti, tra le più misteriose ed energetiche osservate nell’Universo. Gli ultimi due lavori del team sono in pubblicazione sull’Astronomical Journal.

Il progetto ha prodotto altri interessanti risultati. In particolare, due studentesse di dottorato, Nuria Alvarez-Crespo dell’Università di Torino e Federica Ricci dell’Università di Roma Tre, lavorando alla campagna osservativa hanno scoperto alcuni blazar estremamente inusuali che hanno mostrato un netto cambiamento della loro forma spettrale nella banda visibile ed due casi di blazar senza apparente emissione nella banda delle radio frequenze, una rarità anche per la classe di sorgenti extra-galattiche più rara che esista.

«E’ stato un lungo e appassionato lavoro, che ha coinvolto negli anni diverse colleghe e colleghi delle Università di Torino, Perugia, Federico II di Napoli, Roma Tre di Roma, ma anche dell’INAF e di prestigiosi Istituti di ricerca internazionali» aggiunge Massaro. «Le nostre osservazioni hanno migliorato in maniera significativa la conoscenza delle proprietà della popolazione delle sorgenti gamma non identificate e dei blazars che emettono nei raggi gamma. Nel prossimo futuro i risultati del nostro progetto ci permetteranno di porre dei vincoli stringenti anche sulla natura, l’abbondanza ed il comportamento della Materia Oscura che permea e detta l’evoluzione dell’Universo».

Per saperne di più:

  • leggi l’articolo Identification of the Infrared Non-thermal Emission in Blazars di F. Massaro, R. D’Abrusco, M. Ajello, J. E. Grindlay, Howard A. Smith, The Astrophysical Journal, 2011
  • leggi l’articolo The WISE Blazar-like Radio-loud Sources: An All-sky Catalog of Candidate gamma-ray Blazars di R. D’Abrusco, F. Massaro, A. Paggi, H. A. Smith, N. Masetti, M. Landoni, G. Tosti, The Astrophysical Journal Supplement, 2014
  • leggi l’articolo Optical Spectroscopic Observations of gamma-Ray Blazar Candidates. III. The 2013/2014 Campaign in the Southern Hemisphere di M. Landoni, F. Massaro, A. Paggi, R. D’Abrusco, D. Milisavljevic, N. Masetti, H. A. Smith, G. Tosti, L. Chomiuk, J. Strader, C. C. Cheung, The Astronomical Jourlnal, 2015
  • leggi l’articolo Refining the Associations of the Fermi Large Area Telescope Source Catalogs di F. Massaro, R. D’Abrusco, M. Landoni, A. Paggi, N. Masetti, M. Giroletti, H. Otí-Floranes, V. Chavushyan, E. Jiménez-Bailón, V. Patiño-Álvarez, S. W. Digel, H. A. Smith, A. Howard, G. Tosti, The Astrophysical Journal Supplement Series, 2015
  • la notizia sul sito web dell’Università di Torino
  • la notizia sul sito web dell’Università “Federico II” di Napoli

Il team internazionale di scienziati che ha lavorato al progetto include anche: A. Paggi, D. Milisavljevic e Howard Smith dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Stati Uniti); M. Landoni dell’INAF-Osservatorio di Brera; N. Masetti dell’INAF-Istituto di Fisica Cosmica di Bologna; V. Chavushyan e V. Patino-Alvarez dell’Instituto Nacional de Astrofisica, Optica y Electronica (Messico); E. Jimenez-Bailon dell’Instituto de Astronomia dell’Universidad Nacional Autonoma del Messico; D. Stern del NASA Jet Propulsion Laboratory (Stati Uniti); J. Strader and L. Chomiuk dell’Università statale del Michigan (Stati uniti); C. C. Cheung del Naval Research Laboratory (Stati Uniti); G. Tosti dell’Università di Perugia; S. Digel del Stanford Linear Accelerator Center; F. La Franca dell’Università di Roma Tre; M. Kagaya e H. Katagiri dell’Università di Ibakari (Giappone).