INTERVISTA A MARIA CRISTINA DE SANCTIS

Il violento passato di Ryugu e Bennu

I ricercatori che lavorano alle missioni Hayabusa2 (Jaxa) e Osiris-Rex (Nasa) hanno trovato inaspettatamente rocce chiare sui rispettivi asteroidi Ryugu e Bennu: la scoperta fornisce nuovi solidi indizi sulla composizione e sull'origine dei corpi che li hanno impattati nella loro storia. Lo speciale su Nature Astronomy

     21/09/2020

La superficie dei due asteroidi. Nei riquadri a) e b) si vedono dei massi chiari (frecce bianche) sulla superficie scura di Ryugu. Nei riquadri c) e d) massi e zone chiare su Bennu che appaiono circondati da massi scuri. Crediti: Springer Nature Ltd (a,b); Springer Nature Ltd (c,d).

Tra i corpi celesti più ambiti delle missioni spaziali ci sono gli asteroidi, oggetti che gli scienziati studiano per conoscere il passato del Sistema solare e per progettare il futuro dell’esplorazione spaziale.

Nel numero di oggi, Nature Astronomy dedica uno speciale proprio a due degli asteroidi Apollo attualmente più in voga: 162173 Ryugu e 101955 Bennu, rispettivamente target delle note sample return mission (missioni progettate per la raccolta di campioni da riportare sulla Terra) Hayabusa2 della Jaxa e Osiris-Rex della Nasa. Entrambe le missioni spaziali vedono un importante contributo italiano, anche dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

I due articoli pubblicati su Nature Astronomy – uno dei quali vede anche la partecipazione di un ricercatore dell’Inaf di Arcetri, Giovanni Poggiali, a cui Media Inaf ha chiesto espressamente un commento, riportato nella news dedicata – focalizzano l’attenzione sul violento passato collisionale che ha “forgiato” Ryugu e Bennu, e sui materiali che questi scontri hanno portato sulla superficie dei due oggetti.

Ne parliamo con Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice presso dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Inaf coinvolta in un grande numero di progetti, tra i quali ricordiamo Dawn, in cui è PI dello strumento Vir, ed Exomars, che la vede protagonista con lo strumento Ma_Miss. De Sanctis ha contribuito allo speciale di Nature Astronomy con un editoriale news&views.

Gli asteroidi Ryugu e Bennu sono più simili di quanto ci si potesse aspettare. Perché?

«In effetti sono stati scelti come obiettivi delle due missioni degli asteroidi “primitivi” con composizioni piuttosto simili. Il fatto che anche la forma e altre caratteristiche li accomunino era meno ovvio. Si può pensare che i processi di formazione di questo tipo di asteroidi siano stati simili e che per altro siano piuttosto comuni».

Le rispettive missioni Hayabusa2 e Osiris-Rex hanno trovato delle rocce apparentemente più chiare sulle superfici dei due oggetti. Quanto si può scoprire sull’origine dei due asteroidi analizzando questi massi?

«Dall’analisi di questi massi, che hanno una composizione diversa rispetto alla composizione media, si capisce che Ryugu e Bennu sono il risultato di collisioni catastrofiche con asteroidi con composizione mineralogica completamente diversa. Quindi si ricavano informazioni su un passato collisionale violento e anche su uno scambio di materiale formatosi in zone molto diverse del Sistema solare».

Illustrazione che mostra la discesa della sonda Osiris-Rex per la raccolta dei campioni dalla superficie di Bennu (Crediti: Nasa/Goddard/University of Arizona)

In passato, appunto, un catastrofico evento che ha portato alla loro formazione. Si tratta di eventi simili?

«Probabilmente sì. Ambedue hanno una struttura detta a rubble pile, ovvero ri-aggregazione di materiale derivante da collisioni catastrofiche che hanno completamente distrutto gli asteroidi loro progenitori. In generale, si riteneva che gli asteroidi piccoli e i cosiddetti Near Earth Objects (Nea od oggetti vicini alla Terra) fossero dei frammenti di oggetti più grandi, e le osservazioni di Ryugu e Bennu ne sono un’ulteriore conferma».

Nel suo articolo parla di elementi esogeni trovati su asteroidi e altri oggetti formati dopo collisioni violente. Ci spieghi meglio.

«Sulla superficie di Ryugu e Bennu sono stati osservati dei massi la cui origine è chiaramente diversa dalla superficie stessa. Sono quindi chiamati materiali esogeni e derivano da frammenti lasciati da collisioni con altri oggetti. Ryugu e Bennu, però, non sono gli unici asteroidi su cui si trovano tracce di materiale lasciato da impatti. Anche nel caso di Vesta è stato identificato del materiale esogeno sulla sua superficie. In questo caso il materiale esogeno non è stato la conseguenza di collisioni catastrofiche, ma probabilmente è il residuo di materiale trasportato in tempi remoti quando il Sistema solare era molto più violento di adesso».

L’ombra della sonda Hayabusa2 si staglia sulla superficie dell´asteroide Ryugu. Crediti: Jaxa

Qual è il futuro delle missioni spaziali verso gli asteroidi?

«Ci sono diverse iniziative per l’esplorazione di asteroidi. Per esempio la Nasa ha in preparazione la Missione Lucy e la missione Psyche. Quest’ultima è dedicata all’esplorazione di un asteroide metallico in orbita attorno al Sole, tra Marte e Giove. Ciò che rende unico l’asteroide Psyche è che sembra essere il nucleo di ferro-nichel esposto di un pianeta primordiale, uno degli elementi costitutivi del Sistema solare. La missione Lucy è dedicata, invece, all’esplorazione degli asteroidi troiani, ovvero quelli che si trovano sull’orbita di Giove nei punti lagrangiani. Questi piccoli corpi sembrano avere caratteristiche diverse da quelli che si trovano nella main belt e in vicinanza della Terra. Ci sono poi missioni ai Nea come la Double Asteroid Redirection Test (Dart): si tratta di una missione progettata per testare delle tecnologie per la difesa planetaria in modo da prevenire un impatto di un pericoloso asteroide contro la Terra. Dart sarà la prima dimostrazione della tecnica dell’impattatore cinetico per modificare il movimento di un asteroide nello spazio. Ha comunque una valenza scientifica molto elevata e coinvolge anche tecnologia italiana. Ci sono molte altre missioni in fase di studio e di proposta, incluse alcune verso Cerere, sebbene la missione Dawn si sia da poco conclusa».

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