DUE DEI SETTE ARTICOLI SONO GUIDATI DA RICERCATRICI DELL’INAF

Euclid: dalle nubi oscure alla storia delle galassie

La missione Euclid dell'Esa ha reso pubblica una nuova immagine di Ldn 1641, una nebulosa oscura situata nella nostra galassia, a circa 1300 anni luce da noi. Oltre all'immagine, che illustra l'abilità del telescopio di svelare una moltitudine di sorgenti nell'infrarosso, sono stati rilasciati anche sette nuovi articoli scientifici sulla formazione ed evoluzione delle galassie attraverso la storia del cosmo

     05/11/2025

Si chiama Ldn 1641 e si trova in una regione molto scura del cielo, nella costellazione di Orione. È una nebulosa molecolare, detta anche nebulosa “oscura”, pur non avendo nulla a che fare con la più famosa (e misteriosa) materia oscura che forma la maggior parte della massa dell’universo. Si tratta di una nube di gas e polvere interstellare, uno di quei “vivai cosmici” in cui nascono le nuove generazioni di stelle, ed è relativamente vicina a noi: fa parte della nostra galassia, a soli 1300 anni luce dalla Terra. In luce visibile, la nebulosa appare, per l’appunto, quasi completamente scura, rischiarata qua e là da sparsi puntini. Osservandola, invece, nell’infrarosso, come ha fatto il satellite Euclid dell’Agenzia spaziale europea (Esa), Ldn 1641 svela la sua natura di “culla” stellare, costellata com’è di puntini multicolori.

La nebulosa oscura Ldn1641. Crediti: Esa/Euclid/Euclid Consortium/Nasa, image processing by M. Schirmer (Mpia, Heidelberg)

Euclid, la cui missione ha come obiettivo indagare la natura della materia oscura e dell’ancor più enigmatica energia oscura, solitamente focalizza la sua attenzione su corpi celesti molto più distanti: le galassie che popolano gli ultimi dieci miliardi di anni di storia del cosmo. Eppure, nel settembre 2023, un paio di mesi dopo il lancio, per testare e affinare il puntamento del telescopio, serviva osservare una regione di cielo molto scura, con poche stelle. Così Euclid ha posato il suo “occhio” su questa nebulosa brulicante di giovani astri che, impercettibili in luce visibile a causa dell’assorbimento da parte della polvere, si manifestano in tutto il loro splendore nelle osservazioni infrarosse di Nisp, il Near Infrared Spectrometer and Photometer, uno dei due strumenti di bordo.

La nuova immagine, che copre un’area del cielo pari a circa 0,64 gradi quadrati – press’a poco tre volte l’area apparente della luna piena –, è stata realizzata in meno di cinque ore, comprovando la capacità di Euclid di puntare in maniera affidabile e precisa nella direzione desiderata. Scrutando bene laddove l’offuscamento da parte della polvere interstellare è meno severo, però, in particolare nella porzione in alto a sinistra, si apre una finestra sul cosmo più lontano: al di là delle stelle appartenenti alla Via Lattea, è possibile infatti scorgere tante piccole ellissi e addirittura qualche spirale – le inconfondibili sagome delle galassie oltre la nostra.

Ed è proprio alle galassie che sono dedicati sette nuovi articoli scientifici basati sui dati della Euclid Quick Data Release 1, i cui preprint sono stati pubblicati oggi, che vanno ad aggiungersi ai 34 articoli già resi pubblici lo scorso marzo, insieme ai dati stessi. Gli articoli spaziano su argomenti disparati: dalla scoperta di due galassie ultra-luminose che tracciano l’emergere dei primi sistemi stellari, quando l’universo aveva appena 600 milioni di anni, all’esplorazione delle fasi successive dell’evoluzione galattica, grazie all’identificazione di 666 sistemi che permettono di comprendere meglio le fusioni (o merging) tra galassie che rimodellano le loro strutture centrali; dall’analisi di quasi un milione di galassie per studiare come la loro morfologia e formazione stellare siano strettamente legate all’ambiente circostante, fino all’esame di oltre due milioni di galassie e della loro storia di formazione stellare.

Collage di lenti gravitazionali forti identificate nella Euclid Quick Data Release 1. Crediti: Esa/Euclid/Euclid Consortium/Nasa

Un altro lavoro, guidato da Lorenzo Bazzanini dell’Università di Ferrara, descrive lo sviluppo di un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale per rilevare automaticamente gli archi luminosi prodotti dal fenomeno di lente gravitazionale forte all’interno delle immagini di Euclid, e sondare così la distribuzione di massa di galassie e ammassi di galassie. Infine, due articoli guidati rispettivamente dalle ricercatrici dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) Manuela Magliocchetti e Daniela Vergani sono dedicati alle galassie che ospitano nuclei galattici attivi (in inglese, active galactic nuclei, o Agn). Nel complesso, questi studi dimostrano la capacità unica di Euclid di collegare le prime sorgenti luminose nella storia del cosmo con i complessi processi fisici, come il merging, il feedback e gli effetti ambientali, che hanno plasmato la diversità delle galassie osservate oggi nell’universo.

«In questo lavoro abbiamo osservato un comportamento molto diverso tra le galassie che sono in fase di formazione stellare e preferiscono vivere isolate, e quelle che ospitano buchi neri supermassicci attivi, o Agn, al loro centro: nel caso di Agn che emettono a lunghezze d’onda radio, infatti, abbiamo rilevato una marcata preferenza per le loro galassie ospiti a interagire con galassie vicine», spiega Manuela Magliocchetti, ricercatrice Inaf a Roma e co-coordinatrice del gruppo di lavoro che si occupa di galassie e Agn all’interno del consorzio Euclid. Lo studio è stato possibile grazie alle immagini del Visible instrument (Vis) a bordo di Euclid, che hanno permesso un’analisi dettagliata della morfologia di queste galassie, e grazie all’enorme numero di sorgenti osservate, grazie a cui si è potuto osservare, per la prima volta, un processo sostanzialmente sconosciuto fino ad ora e inquadrarlo su solide basi statistiche.

Esempio di una galassia ospite di un Agn che emette in onde radio, osservata con il radiotelescopio Lofar (sinistra) e con Euclid (destra). Crediti: Bondi et al. 2024 (radio); Magliocchetti et al. 2025 (visibile)

«Questo risultato mostra come galassie diverse seguono percorsi diversi durante la loro vita, uno detto  ‘secolare’ dovuto a processi interni e uno preferenzialmente associato a effetti esterni come il merging», prosegue la ricercatrice. «Inoltre, per la prima volta abbiamo mostrato che, se l’emissione radio degli Agn è molto estesa, formando lobi e getti, allora la stragrande maggioranza delle galassie ospite si trova in fase di merging. Quest’ultimo risultato è piuttosto inaspettato e probabilmente ci sta dicendo che l’abilità di un Agn di lanciare getti molto potenti è strettamente legata all’abilità della sua galassia ospite di procurarsi grandi riserve di gas, “rubandole” a una o più galassie vicine».

Nell’altro studio, invece, ci si è concentrati su un tipo particolare – e molto raro – di sorgenti, i cosiddetti candidati emettitori di righe altamente ionizzate nell’universo distante. «Le galassie che ospitano questi rari oggetti mostrano un contenuto di massa stellare significativamente più alto e presentano caratteristiche spettrofotometriche distinte nel continuo stellare. I dati sembrano suggerire che le loro storie evolutive e i meccanismi di feedback stellare potrebbero essere diversi rispetto alla popolazione di galassie di controllo», nota Daniela Vergani, ricercatrice Inaf a Bologna. Si tratta della prima esplorazione sistematica della popolazione di questi candidati, individuati con metodi rigorosamente spettroscopici, in un periodo della storia cosmica compreso tra le epoche in cui l’universo aveva 1,5 e 2,5 miliardi di anni, reso possibile proprio dalla Quick Data Release di Euclid. Trattandosi di oggetti rari – e raramente identificabili con metodi convenzionali – è molto interessante averne individuato un gran numero con lo strumento spettroscopico Nisp, selezionando un campione significativo già con la prima release dei dati e su una porzione di cielo relativamente limitata.

«Sviscerare questo fenomeno sarà oggetto di molte ricerche future che il nostro team perseguirà con le prossime release di dati, sfruttando la combinazione di una copertura spettrale e di cielo maggiore, e questo è solo la punta dell’iceberg delle scoperte di oggetti rari che ci aspettano con Euclid», sottolinea la ricercatrice. «L’attributo di ‘raro’ non si riferisce necessariamente a un oggetto intrinsecamente non comune, ma suggerisce che stiamo osservando galassie che si potrebbero trovare in una fase evolutiva molto veloce o transitoria. Riuscire a “immortalare” questo momento specifico nella vita di una galassia, in cui la radiazione è eccezionalmente ionizzata, rende la scoperta importante per i modelli di evoluzione galattica, consentendoci di comprendere meglio come il possibile feedback da oggetti altamente energetici, come i nuclei galattici attivi, possa influenzare l’evoluzione della galassia ospite».

In questa occasione, il consorzio Euclid ha anche approfittato del vasto campione di galassie raccolto finora per rivisitare un classico dell’astronomia extragalattica – la sequenza di Hubble-de Vaucouleurs che schematizza la morfologia delle galassie – in una nuova versione alla luce dei dati più recenti.

Per saperne di più:

  • Leggi sul sito dello Euclid Consortium i preprint dei 7 nuovi articoli relativi alla Quick Data Release 1 (questi articoli sono stati sottoposti a un processo di peer review interno e sono in corso di presentazione alla rivista Astronomy & Astrophysics)
  • Leggi su Media Inaf l’articolo “Sequenza di Hubble: la versione di Euclid