Grandi e piccole, ordinate e caotiche, spirali ed ellittiche, blu e rosse: le galassie hanno colori, dimensioni, masse e forme molto diverse. Sull’origine di questa grande varietà morfologica si interrogano gli astronomi da circa un secolo, subito dopo aver capito che quelle splendide sorgenti, chiamate all’epoca “nebulose a spirale”, non facevano parte della Via Lattea ma erano intere “isole stellari” al di là della nostra galassia. Galassie, in un mare cosmico pullulante di galassie.

Collage di 28 galassie tra le più spettacolari all’interno della Euclid Quick Data Release 1 (cliccare per ingrandire). Crediti: Esa/Euclid/Euclid Consortium/Nasa, image processing by J.-C. Cuillandre, E. Bertin, G. Anselmi
Fu l’astronomo statunitense Edwin Hubble, nel 1924, a confermare il carattere extragalattico di queste “nebulose” misurando la distanza di una di esse – Andromeda – con il telescopio Hooker da 2,5 metri dell’Osservatorio di Mount Wilson, in California. I risultati furono annunciati ai primi di gennaio del 1925, durante il meeting annuale dell’American Astronomical Society, anche se un paio di mesi prima se ne era già occupato il New York Times, riportando la scoperta del Dr. Hubbell (con tanto di refuso) secondo cui le nebulose non sono altro che sistemi stellari, “universi isole” proprio come la nostra.
Una volta compresa la loro natura, Hubble passò a occuparsi della classificazione di questi sistemi, analizzando 400 lastre fotografiche che immortalavano galassie e cercando di sistematizzare le loro molteplici fattezze, un passo fondamentale per lo sviluppo di una teoria che ne potesse descrivere l’evoluzione. Organizzò da una parte le galassie ellittiche, dalla forma rotondeggiante; dall’altra le spirali, divise a loro volta in quelle solcate da una struttura allungata, detta barra e quelle, invece, prive di siffatta barra; infine, una piccola percentuale di irriducibili, inclassificabili – le cosiddette irregolari. Lo schema risultante, pubblicato nel 1926 e perfezionato negli anni a venire, passò alla storia come la “sequenza di Hubble”, suggerendo un’evoluzione temporale da sinistra verso destra (dalle ellittiche verso le spirali) e inaugurando una ricca collezione di leggi, costanti e telescopi spaziali che portano il nome del celebre astronomo. C’è chi lo chiama anche “tuning fork diagram” per il suo aspetto, appunto, a forma di diapason, e chi rende onore anche a Gérard de Vaucouleurs, astronomo franco-statunitense che, nel 1959, estese lo schema originale e la sua interpretazione in termini di evoluzione galattica.
Molto è cambiato nel corso degli ultimi cent’anni, con l’esplosione dell’astronomia osservativa da terra e da spazio che ha permesso la raccolta di enormi survey di galassie. La sequenza di Hubble fa ancora bella mostra di sé sui libri di testo, pur essendo considerata oggi un po’ troppo semplicistica per spiegare i complessi fenomeni che regolano la formazione ed evoluzione delle galassie nella storia dell’universo. Ma classificare le galassie è ancora di fondamentale importanza, ed è uno dei compiti della missione Euclid dell’Agenzia spaziale europea (Esa) che di galassie ne sta osservando a palate, misurandone forma, luminosità, colore e distanza per costruire la più grande mappa tridimensionale dell’universo e cercare di comprendere la natura non delle galassie ma delle due componenti misteriose che si pensa compongano, insieme, circa il 95 percento del cosmo: la materia oscura e l’energia oscura.
Per affrontare queste domande, infatti, è necessario prendere in esame altri interrogativi che riguardano proprio la morfologia delle galassie e l’origine alla base della loro straordinaria diversità. Dalle ellittiche più “blande” alle spirali più spettacolari, fino alle caotiche irregolari, ogni forma mostra come le galassie crescono, creano stelle e interagiscono nel corso della storia cosmica. Ma come sono collegate tra loro le diverse morfologie? È possibile che, ad esempio, una spirale blu si evolva in una gigantesca ellittica arancione? La forma di una galassia deriva dal suo ambiente? Dipende dal fatto che si trovi vicino o lontano da altre galassie? Con alla mano i 26 milioni di galassie della Quick Data Release 1 di Euclid, resa pubblica a marzo 2025, gli astronomi della missione stanno iniziando a tracciare i dettagli di come le galassie crescono, cambiano forma e interagiscono nel corso di miliardi di anni, svelando pian piano i modelli nascosti dell’evoluzione cosmica. E hanno creato la loro versione della celebre sequenza.

La sequenza morfologica delle galassie, con le immagini del telescopio spaziale Euclid (cliccare per ingrandire; una versione senza annotazioni è disponibile qui). Crediti: Diagramma: Esa/Euclid/Euclid Consortium/Nasa, Diagram by J.-C. Cuillandre, L. Quilley, F. Marleau. Images alone: Esa/Euclid/Euclid Consortium/Nasa, image processing by J.-C. Cuillandre, E. Bertin, G. Anselmi
Lanciato nel 2023, Euclid è in grado di produrre immagini che sono sia a lunga esposizione che a grana estremamente fine, grazie alla sua eccezionale profondità e nitidezza: sta così ritraendo la forma dettagliata di decine, centinaia di milioni di galassie, scansionando un terzo del cielo nell’arco di sei anni. Questi dati permettono di analizzare come la struttura di una galassia sia correlata alla sua massa, alla sua attività e all’ambiente circostante. Anche le galassie più piccole e deboli, spesso chiamate “nane”, sono adesso visibili con notevole dettaglio, portando importanti indizi per comprendere i processi di formazione di galassie più grandi, come la nostra Via Lattea.
Le diverse morfologie delle galassie sono legate alle loro proprietà fisiche interne: ad esempio, sia le spirali che le irregolari continuano a formare nuove stelle in gran quantità, mentre le galassie lenticolari (quelle a forma di disco ma senza bracci a spirale) e le ellittiche tendono a non formare nuove stelle. Nel primo anno di missione, Euclid ha già ripreso un milione e duecentomila grandi galassie, che vengono oggi classificate grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale per misurare e descrivere la loro forma e le loro caratteristiche. Un estratto di queste 1,2 milioni di immagini sono state selezionate per costruire un diagramma che si richiama a quelli di Hubble e de Vaucouleurs, organizzando le galassie lungo una sequenza in base alla loro forma, dimensione, presenza di una barra stellare, di bracci a spirale, e altre caratteristiche. Si distinguono le ellittiche, a sinistra, le lenticolari (S0) con o senza barra, e poi le spirali, anch’esse con o senza barra, con tanto di “barrate intermedie”. Ci sono poi le irregolari, che sfuggono alla classificazione (all’estrema destra), e le spirali viste di taglio (riportate in basso a sinistra).
Contrariamente all’idea originale di Hubble, oggi si pensa che le morfologie galattiche evolvano da destra verso sinistra nel diagramma, principalmente attraverso incontri e fusioni tra galassie vicine. I merging (riportati anch’essi in basso a sinistra nel diagramma) possono spiegare sia la crescita di massa che le trasformazioni morfologiche che portano alla straordinaria diversità di galassie che osserviamo, anche se il quadro dell’evoluzione galattica è molto più complesso. Sorprendentemente, le galassie più comuni nell’universo non sono le splendide, grandi galassie a spirale di colore bluastro. Al contrario, le galassie più frequenti sono le più piccole, o nane (in basso a destra nel diagramma). Non solo hanno piccole dimensioni, ma sono anche molto deboli perché contengono poche stelle: per decenni, osservarle è stata una sfida enorme, ma oggi Euclid ha rivoluzionato questo campo di ricerca, scoprendone a migliaia e iniziando a inquadrare il loro ruolo nell’evoluzione cosmica delle galassie.
Le galassie nane sono i mattoncini da cui si formano poi galassie più massicce, come la nostra Via Lattea. Sono generalmente classificate in due tipi principali: le nane irregolari, che contengono gas e polvere, formano attivamente nuove stelle e hanno forme granulari e irregolari; e le nane ellittiche, dalla forma meno strutturata, povere di gas e composte principalmente da stelle vecchie. Altre caratteristiche morfologiche possono includere la presenza di un nucleo, di un centro compatto blu o di ammassi globulari. La loro importanza nel pannello ausiliario del diagramma di classificazione evidenzia questa diversità morfologica e sottolinea la loro importanza, sia in ambienti isolati che come compagne di grandi galassie massicce (si pensi alle due Nubi di Magellano, due galassie nane che orbitano attorno alla Via Lattea). Una prima analisi basata sui dati raccolti da Euclid nel primo trimestre di operazioni scientifiche ha identificato 2674 galassie nane, composte per il 58% da nane ellittiche e per il 42% da nane irregolari. Una piccola frazione ospita caratteristiche degne di nota, tra cui un numero significativo di ammassi globulari (1,0%), un nucleo (4,0%) o un centro compatto blu (6,9%). Euclid ha scoperto che le nane ellittiche tendono a raggrupparsi preferibilmente attorno a galassie massicce, mentre le nane irregolari sono distribuite più uniformemente nel cielo.
Per saperne di più:
- Leggi su Arxiv l’articolo “Euclid Quick Data Release (Q1). Exploring galaxy morphology across cosmic time through Sersic fits” di Euclid Consortium: Louis Quilley et al., accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics
- Leggi su Arxiv l’articolo “Euclid Quick Data Release (Q1). A census of dwarf galaxies across a range of distances and environments” di Euclid Consortium: Francine Marleau et al., accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics






