UN PRIMO BILANCIO SULLA VISITATRICE INTERSTELLARE

La cometa 3I/Atlas al perielio

Sono passati quattro mesi dalla scoperta del terzo oggetto interstellare osservato mentre attraversa il Sistema solare. Si tratta della cometa 3I/Atlas, che mercoledì 29 ottobre farà il passaggio al perielio per poi rituffarsi verso gli spazi interstellari. In questa news facciamo un riepilogo su quello che è stato scoperto e vediamo quali sono i punti, in comune o meno, con le comete del Sistema solare

     28/10/2025

Negli ultimi giorni ci sono stati diversi giornalisti che mi hanno chiesto lumi sulla cometa interstellare 3I/Atlas, così ho pensato che potesse essere utile fare il punto della situazione, per vedere quello che è stato fatto su questa cometa a partire dal 1° luglio 2025, il giorno della scoperta. Ciò che rende la 3I/Atlas particolarmente importante per gli astronomi è il fatto che è stata scoperta precocemente abbinata a dei parametri orbitali favorevoli che la portano a muoversi, per pura coincidenza, quasi sul piano dell’eclittica. A differenza dei precedenti oggetti interstellari (1I/’Oumuamua e 2I/Borisov), la scoperta precoce a 4,5 au dal Sole ha permesso di iniziare un’intensa campagna di monitoraggio per tracciare l’evoluzione della sua attività nella fase di avvicinamento alla nostra stella. Questa campagna è tuttora in corso e proseguirà anche dopo il passaggio al perielio che avverrà domani, mercoledì 29 ottobre, alla distanza di 203 milioni di km dal Sole.

Le osservazioni iniziali fatte con i telescopi hanno subito mostrato la presenza di una chioma e una coda in via di sviluppo, confermando la natura cometaria di 3I/Atlas. Non ci sono osservazioni del nucleo “nudo”, perché si è sempre mostrato circondato da una chioma. Per questo motivo non sappiamo in quanto tempo ruoti attorno al proprio asse e quanto sia grande il nucleo; si può solo dire che, al massimo, è di circa 5 km di diametro, come si può dedurre dalla stima della massa usando le forze non-gravitazionali che agiscono sul nucleo stesso (come avviene in tutte le comete) a causa della sublimazione degli elementi volatili. Il fatto che la 3I/Atlas fosse attiva già a grande distanza dal Sole non deve stupire perché accade anche alle comete del Sistema solare ricche di ghiacci di ossido di carbonio e anidride carbonica, oltre che di acqua; la 3I/Atlas non è un’eccezione. Ad esempio, la Hale–Bopp era attiva già a 13 au dal Sole, molto prima del perielio; la cometa C/2010 U3 (Boattini) era attiva già a 25 au; la cometa C/2017 K2 (PanStarrs), scoperta alla distanza di 23 au, aveva una chioma ben visibile, indice di attività del nucleo.

La cometa 3I/Atlas ripresa dalla Stazione astronomica di Loiano il 3 luglio 2025 nei ricchi campi stellari del Sagittario. Crediti: A. Carbognani/Inaf-Oas

Osservazioni della 3I condotte dal telescopio spaziale Hubble il 21 luglio 2025 hanno rivelato la presenza di una debole anticoda in direzione solare, non dovuta a effetti di prospettiva come accade normalmente. Questo fenomeno, osservato a una distanza di 3,8 au dal Sole, non è comune ed è stato probabilmente osservato per la prima volta. L’anticoda è stata confermata anche da altre osservazioni e il meccanismo fisico più plausibile per la sua formazione è la presenza, sul nucleo cometario, di una regione ricca di elementi volatili che si attiva quando è rivolta verso il Sole, sparando nello spazio un getto di gas e polveri ghiacciate che diventa l’anticoda che osserviamo. Se si vuole, si tratta di una specie di geyser sulla superficie del nucleo dell’Atlas.

Osservazioni spettroscopiche nell’infrarosso fatte il 6 agosto con il James Webb Space Telescope (Jwst) hanno rivelato che la chioma della 3I/Atlas è dominata dall’anidride carbonica (CO₂), con un degassamento accentuato nella direzione verso il Sole. Il Jwst ha mostrato anche la presenza di H₂O, CO, OCS, ghiaccio d’acqua e polvere. Il rapporto anidride carbonica/acqua nella chioma vale circa 8 ed è risultato tra i più alti mai osservati, essendo superiore a quello delle comete a lungo periodo e della famiglia di Giove (escludendo l’anomalia della C/2016 R2). Le osservazioni del Jwst sono compatibili con un nucleo intrinsecamente ricco di CO₂, il che potrebbe indicare che la 3I/Atlas, nel sistema planetario di origine, è nata vicino alla linea di formazione del ghiaccio di anidride carbonica, ossia molto distante dalla propria stella.

La cometa Atlas è stata seguita dal 4 luglio al 21 agosto dal Very Large Telescope dell’Eso, che ha fatto osservazioni spettroscopiche della chioma. Con questo strumento, che ha coperto le distanze fra 4,4 e 2,85 au dal Sole, è stata rilevata la presenza del cianogeno e del nichel neutro. Non sono state rilevate righe del ferro neutro, di solito associato al nichel. Il rilevamento delle righe del nichel in emissione in una chioma cometaria fredda, con assenza di ferro, implica la presenza di molecole madri contenenti nichel, trasportate dai granelli di polvere emessi durante la sublimazione dei materiali volatili, che si fotodissociano per effetto degli Uv solari in prossimità del nucleo generando la riga di emissione osservata da parte degli atomi di nichel tornati singoli. Tali caratteristiche erano state precedentemente rilevate anche nella cometa 2I/Borisov e potrebbero aprire una nuova finestra su come la chimica delle stelle del disco (da cui proviene l’Atlas), la metallicità e la storia dell’irradiazione influenzino la microfisica dei planetesimi.

Una campagna osservativa condotta fra l’8 e il 17 agosto usando il telescopio Hiltner da 2,4 metri e il McGraw-Hill da 1,3 metri, posti sul Kitt Peak, ha confermato la presenza del cianogeno nella chioma dell’Atlas, con un tasso di produzione paragonabile a quello delle comete del Sistema solare. Immagini pre-scoperta della cometa Atlas riprese dalla Zwicky Transient Facility (Ztf) hanno permesso di estendere indietro nel tempo la curva di luce della cometa fino a giugno 2024. Il risultato della loro analisi è che la cometa era già attiva a partire da 6,5 au dal Sole e che l’aumento di luminosità durante l’avvicinamento alla nostra stella è stato più simile a quello delle comete a lungo periodo e delle comete a breve periodo, dinamicamente più vecchie, del Sistema Solare.

L’asteroide near-Earth 2025 FA22 ripreso mentre sfrecciava in cielo con il sistema Tandem dell’Inaf di Bologna la sera del 18 settembre 2025. Crediti: A. Carbognani, Inaf-Oas

Sulla cometa Atlas sono stati condotti anche diversi lavori teorici per determinarne il sistema stellare di provenienza. In uno dei lavori pubblicati, i ricercatori hanno usato i dati di 30 milioni di stelle estratte dal catalogo Gaia Dr3, con i dati di posizione, distanza, moto proprio e velocità radiale. Con questi parametri è possibile ricostruire l’orbita tridimensionale di ciascuna stella nel potenziale gravitazionale galattico. In parallelo, è stata integrata a ritroso l’orbita dell’Atlas a partire dai suoi parametri orbitali, determinati tramite le osservazioni astrometriche fatte con i telescopi. Una volta integrate le traiettorie nel passato (per 10–15 milioni di anni), si è calcolata la distanza minima di avvicinamento tra la cometa e ciascuna stella. La maggior parte dei 30 milioni di stelle non si è mai avvicinata alla cometa, ma sono state individuate 25 stelle per cui la cometa è passata a una distanza inferiore al parsec. Tuttavia, nessuna stella mostra una velocità relativa bassa con la cometa, così da indicare il sistema planetario d’origine. In altre parole, non conosciamo ancora la stella madre della cometa Atlas: possiamo solo dire che ha avuto origine in una stella del disco spesso galattico, che probabilmente la stella ospite era più vecchia del Sole e che la cometa ha vagato per 7-8 miliardi di anni prima di entrare nel Sistema Solare, da cui uscirà dirigendosi verso la costellazione dei Gemelli.

L’astrofisico di Harvard Avi Loeb ha ipotizzato che la 3I/Atlas possa essere di origine artificiale, principalmente per la sua traiettoria iperbolica che la porta a passare vicino ai pianeti Marte, Venere e Giove. Tuttavia, al momento non esiste alcuna prova osservativa che sostenga seriamente questa ipotesi e lo stesso Loeb ammette che, molto probabilmente, si tratta di una cometa. È perfettamente legittimo che la scienza consideri tutte le ipotesi compatibili con i dati, anche quelle più speculative, ma poi vanno verificate sperimentalmente, altrimenti sono chiacchiere. Per ipotizzare seriamente un’origine artificiale, servirebbero dati indiscutibili, come: 1) traiettoria o accelerazioni non spiegabili da processi fisici noti; 2) composizione chimica anomala; 3) immagini ad alta risoluzione che mostrino forme geometriche o una struttura modulare all’interno della chioma. Al momento, tutte le osservazioni fatte con i telescopi, in orbita e al suolo, ci dicono che si tratta di una cometa, ossia di un corpo celeste naturale, anche se proveniente da un altro sistema planetario.

Chiudo questa lunga news con un aneddoto divertente. Il 21 ottobre l’International Asteroid Warning Network (Iawn) – una collaborazione internazionale fra enti di ricerca e singoli astronomi con lo scopo di rilevare, monitorare e caratterizzare eventuali asteroidi near-Earth in rotta di collisione con la Terra (vedi il recente caso di 2024 YR4) – ha lanciato una campagna osservativa sulla 3I/Atlas allo scopo di allenare gli osservatori a caratterizzare anche le comete, nel malaugurato caso venisse scoperta una cometa del Sistema solare con una probabilità di collisione con la Terra diversa da zero. Questa esercitazione, che durerà da fine novembre a gennaio 2026, contribuirà a rendere più accurata la conoscenza dell’orbita iperbolica della cometa. Tuttavia, sui media, sono apparse frasi del tipo: “I protocolli di difesa planetaria sono stati attivati ​​per la prima volta su un oggetto interstellare”, lasciando intendere che la cometa costituisca un pericolo per la Terra. In realtà non è così: l’Atlas e la Terra saranno alla minima distanza di circa 270 milioni di km il prossimo 19 dicembre, senza nessun rischio di collisione. L’Iawn ha già lanciato campagne di caratterizzazione di questo tipo, l’ultima sull’asteroide 2025 FA22, passato a breve distanza dalla Terra il 18 settembre scorso.