CON UN COMMENTO DI ALESSANDRO BEMPORAD DELL’INAF DI TORINO

È atteso per il 2024 il picco dell’attività solare

Scoperta una nuova relazione tra il campo magnetico del Sole e il ciclo delle macchie solari che può aiutare a prevedere quando si verificherà il picco dell’attività solare. Secondo i ricercatori coinvolti nello studio, l’intensità massima del ciclo solare attuale è imminente: inizio 2024, con una barra di errore di circa sei mesi. Lo studio è pubblicato su Monthly Notice of the Royal Astronomical Society Letters

     05/12/2023

Immagine dalla missione del Solar Dynamics Observatory del disco solare con diverse macchie solari, che appaiono scure rispetto all’ambiente circostante. Crediti: Hmi/Sdo/Nasa

I ricercatori del Center of Excellence in Space Sciences India dell’Iiser Kolkata hanno scoperto una nuova relazione tra il campo magnetico del Sole e il ciclo delle macchie solari, che può aiutare a prevedere quando si verificherà il picco dell’attività solare.

Il loro lavoro indica che l’intensità massima del ciclo solare numero 25 – quello attualmente in corso – è imminente e probabilmente si verificherà entro un anno. La nuova ricerca è apparsa su Monthly Notice of the Royal Astronomical Society: Letters.

Vediamo come sono arrivati a questa interessante conclusione. Il Sole è composto da plasma, ossia gas caldo ionizzato. Gli enormi flussi di plasma e la convezione agiscono insieme per generare all’interno del Sole campi magnetici che si manifestano sulla superficie come macchie scure. Queste macchie solari sono paragonabili, in termini di estensione, alle dimensioni della Terra e sono sedi di un intenso campo magnetico, circa 10mila volte più forte del campo magnetico terrestre.

A volte i campi magnetici delle macchie solari vengono “interrotti” da eventi violenti che provocano la nascita di tempeste magnetiche come brillamenti solari o espulsioni coronali di massa. Queste tempeste rilasciano radiazioni di alta energia e scagliano grandi quantità di plasma magnetizzato nello spazio. Le più intense, quando dirette verso la Terra, possono effettivamente causare gravi danni ai satelliti in orbita, alle reti elettriche e alle telecomunicazioni.

Secoli di osservazioni mostrano, a partire dagli inizi del 1600, che il numero di macchie solari varia periodicamente: circa ogni 11 anni il numero di macchie e l’intensità dell’attività solare raggiungono un picco. Tuttavia, prevedere quando si verificherà questo picco non è semplice.

Il ciclo solare è prodotto da un meccanismo a dinamo azionato dall’energia proveniente dai flussi di plasma all’interno della nostra stella. Si ritiene che questo meccanismo coinvolga due componenti primarie del suo campo magnetico, una che si manifesta nel ciclo delle macchie solari e un’altra che si manifesta in un riciclo del campo dipolare su larga scala; quest’ultima componente è molto simile al campo magnetico terrestre, che si estende da un polo del Sole all’altro.

Con il ciclo delle macchie solari si osserva anche che il campo dipolare del Sole aumenta e diminuisce di intensità, i poli magnetici nord e sud si scambiano, sempre ogni 11 anni. Nel 1935, l’astronomo svizzero Max Waldmeier scoprì che quanto più veloce è la rapidità di ascesa di un ciclo di macchie solari, tanto più intensa è la sua forza, quindi i cicli più forti impiegano meno tempo per raggiungere la loro massima intensità. Questa relazione è stata spesso utilizzata per prevedere la forza di un ciclo di macchie solari in base alle osservazioni della sua fase iniziale di ascesa.

Nello studio pubblicato la scorsa settimana su Mnras Letters, Priyansh Jaswal, Chitradeep Saha e Dibyendu Nandy dell’Iiser di Calcutta hanno riportato la scoperta di una nuova relazione, ossia che anche il tasso di diminuzione del campo magnetico del dipolo del Sole è correlato al tasso di aumento del ciclo delle macchie solari in corso.

Questa scoperta, che utilizza archivi di dati vecchi di decenni provenienti da diversi osservatori solari in tutto il mondo, completa l’effetto Waldmeier, collegando le due componenti primarie del campo magnetico del Sole e sostenendo la teoria secondo cui l’evoluzione delle macchie solari è parte integrante del funzionamento del processo di dinamo solare, anziché esserne un semplice sintomo.

In particolare, gli scienziati hanno dimostrato come le osservazioni del tasso di diminuzione del campo magnetico dipolare del Sole possano essere utilmente combinate con le osservazioni delle macchie solari per prevedere quando il ciclo in corso raggiungerà il picco. La loro analisi suggerisce che il massimo del 25esimo ciclo solare si verificherà molto probabilmente all’inizio del 2024, con un’incertezza nella stima che va fino a settembre 2024. Grazie a questa scoperta, si apre una nuova finestra per la previsione dei tempi del picco dei cicli solari, quando si prevede l’attività più intensa e le perturbazioni meteorologiche spaziali più frequenti.

«Questo lavoro determina una correlazione interessante tra il tasso di decadimento del campo magnetico poloidale e il tasso di crescita del numero di macchie solari», commenta Alessandro Bemporad dell’Inaf di Torino, fisico solare non coinvolto nello studio pubblicato su Mnras Letters, a cui Media Inaf  ha chiesto un parere in merito all’affidabilità della previsione. «Sulla base di questa correlazione elabora un metodo per predire che il massimo del ciclo solare attualmente in corso si verificherà a inizio 2024, con una barra di errore di almeno sei mesi circa. Considerando però che il lavoro è stato pubblicato a fine novembre 2023, e considerando che (come abbiamo spiegato nel penultimo bollettino di Sorvegliati Spaziali, a ottobre) il campo magnetico polare mostrava già due mesi fa che eravamo ormai arrivati al momento dell’inversione di polarità che si verifica proprio al massimo del ciclo solare, la previsione fornita in questo lavoro non sembra che possa avere un impatto sulle previsioni dell’andamento del ciclo a lungo termine – per esempio sui tempi scala di 11 anni tipici del ciclo solare. La correlazione identificata è comunque senz’altro interessante e può contribuire a migliorare in futuro i modelli previsionali».

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