FRA GLI AUTORI, ROBERT BENTON METCALF DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

Uchuu, l’universo virtuale più grande mai creato

Venti milioni di ore con i processori di Aterui II, il supercomputer dedicato all’astronomia più potente al mondo. Tre petabyte di dati prodotti. Oltre duemila miliardi di particelle virtuali contenute dentro un ideale cubo da 9.63 miliardi di anni luce di lato e “lungo” nel tempo quasi 13 miliardi di anni. Ed è solo la prima release di questa simulazione senza rivali che, da oggi, ogni astronomo può liberamente scaricare dalla rete

     10/09/2021

Giusto una settimana fa vi davamo notizia di Play, il festival del gioco che si è tenuto a Modena lo scorso weekend. Ebbene, quello che vi presentiamo oggi potrebbe essere considerato una sorta di preziosissimo gioco hitech per astrofisici: si chiama Uchuu (parola giapponese che significa ‘spazio esterno’) ed è la simulazione più grande e realistica dell’universo mai realizzata. Un universo virtuale formato da 2100 miliardi di particelle contenute dentro un ideale cubo da 9.63 miliardi di anni luce di lato – dimensione anche questa senza precedenti per uno spazio tridimensionale computazionale.

La distribuzione della materia oscura in un “fotogramma” di Uchuu. Le immagini mostrano, a tre diversi ingrandimenti, l’alone di materia oscura del più grande ammasso di galassie formatosi nella simulazione. Crediti: Tomoaki Ishiyama

Realizzato con Aterui II, il supercomputer dedicato all’astronomia più potente al mondo, da un team internazionale di ricercatori provenienti da Giappone, Spagna, Stati Uniti, Argentina, Australia, Cile, Francia e Italia, Uchuu è stato reso ora disponibile gratuitamente in cloud a chiunque voglia cimentarsi nel suo utilizzo. Ma a che cosa può mai servire un universo virtuale monstre come questo? Permetterà di studiare l’evoluzione dell’universo a un livello di dimensioni e dettagli finora inconcepibile, promettono i suoi creatori.

«Penso che Uchuu rappresenterà una grande risorsa per molti studi in cosmologia negli anni a venire. Il grande volume e l’alta risoluzione ci consentono di confrontare la teoria con le osservazioni a un livello senza precedenti», dice a Media Inaf l’astrofisico Robert Benton Metcalf, professore all’Università di Bologna e coautore dell’articolo, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, che presenta la prima release delle simulazioni. E infatti già si sta pensando al suo utilizzo per l’interpretazione dei big data in arrivo nei prossimi anni da telescopi sia a terra – come il giapponese Subaru – che nello spazio – come la missione Euclid dell’Agenzia spaziale europea.

«Uchuu è come una macchina del tempo: possiamo andare avanti, indietro e fermarci nel tempo, possiamo aumentare il livello di zoom fino a concentrarci su una singola galassia o diminuirlo per visualizzare un intero ammasso», spiega entusiasta un’utilizzatrice di Uchuu, Julia F. Ereza, dottoranda all’Instituto de Astrofísica de Andalucía (Spagna), «possiamo vedere cosa sta realmente accadendo in ogni istante e in ogni luogo dell’universo». Oltre alle dimensioni e alla risoluzione, infatti, ciò su cui Uchuu – rispetto ad altri universi simulati – è a oggi senza rivali è il dominio del tempo: simula l’evoluzione della materia per un periodo pari a quasi l’intera storia dell’universo – i 13,8 miliardi di anni che vanno dal big bang a oggi.

Va però sottolineato, a scanso d’equivoci, che pur con la sua incredibile risoluzione Uchuu non arriva a risolvere le singole stelle e pianeti: insomma, se l’intenzione fosse di usarlo per cercarvi civiltà aliene sarebbe lo strumento sbagliato, chiariscono gli autori della simulazione. Uchuu si concentra infatti sulle strutture a larga scala, come gli enigmatici aloni di materia oscura che controllano non solo la formazione delle galassie, ma anche il destino dell’intero universo stesso. La scala di queste strutture va da quella, appunto, dei più grandi ammassi fino a quella delle galassie più piccole – e lì si ferma.

Ma già per arrivare a questo risultato il supercomputer Aterui II è stato sfruttato all’inverosimile per un intero anno. «Per produrre Uchuu abbiamo impiegato per 48 ore al mese tutti i 40200 processori disponibili. Abbiamo usato venti milioni di ore di supercomputer e generato tre petabyte di dati», dice lo sviluppatore del codice di Uchuu, Tomoaki Ishiyama, della Chiba University (Giappone). Troppi per poterlo scaricare? Gli sviluppatori hanno pensato anche a questo, e grazie a tecniche computazionali ad alte prestazioni sono riusciti a comprimere le informazioni sulla formazione e l‘evoluzione degli aloni di materia oscura in un “agile” catalogo di 100 terabyte – quello reso disponibile in cloud. Per le galassie e le mappe di lenti gravitazionali occorre attendere le prossime versioni.

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