DALLA NASCITA DELLE STELLE ALLE GALASSIE PIÙ LONTANE

Nove i programmi osservativi Jwst a guida italiana

Nelle osservazioni scientifiche selezionate per il primo anno di attività del telescopio spaziale James Webb sono coinvolti numerosi ricercatori e ricercatrici in Italia, con la guida di nove tra i 266 programmi prescelti – sette di loro in forza all’Inaf – e la partecipazione a più di 40, per un totale di oltre 1500 ore di tempo osservativo sull’avveniristico osservatorio il cui lancio è previsto a fine ottobre

     20/04/2021

Il telescopio spaziale James Webb negli stabilimenti di Redondo Beach, in California. Entrambi i lati dello schermo parasole sono stati sollevati verticalmente in preparazione al ripiegamento in vista del viaggio. Crediti: Nasa/Chris Gunn

Si avvicina la partenza del James Webb Space Telescope (Jwst), l’osservatorio spaziale più potente mai costruito, una collaborazione tra la Nasa, l’Agenzia spaziale europea (Esa) e l’Agenzia spaziale canadese. Mentre negli Stati Uniti vengono completati gli ultimi test sull’enorme struttura – dalle dimensioni di un campo da tennis – la comunità scientifica ha appena finito di organizzare le osservazioni che saranno effettuate dal telescopio una volta operativo. Il telescopio, che vanta uno specchio segmentato di 6,5 metri di diametro, dedicherà la maggior parte del suo tempo ai programmi di tipo General Observer, una serie di progetti proposti dalla comunità astronomica di tutto il mondo per studiare stelle e pianeti lontani, nonché galassie lontanissime, le prime ad essersi formate nella storia dell’universo. Nel primo ciclo di operazioni, questi programmi ammonteranno a circa 6000 ore, ovvero 250 giorni.

Il processo di selezione è estremamente competitivo: delle 1172 proposte ricevute alla fine dello scorso anno, solo 266 sono state approvate. Meno di una su quattro. Alla guida di un terzo delle proposte selezionate vi sono ricercatori e ricercatrici di paesi membri dell’Esa e tra esse, nove hanno un principal investigator che lavora in Italia. Sette di loro, in forza all’Istituto nazionale di astrofisica, utilizzeranno Jwst per studiare: le nane brune, corpi a metà tra pianeti e stelle; la nascita di stelle in ambienti “estremi”; l’origine dei potenti getti di materia durante la formazione stellare; come si formano le galassie più massicce dell’universo; il ruolo dei buchi neri supermassicci nell’evoluzione galattica; e la prima generazione di stelle del cosmo.

I programmi di tipo “General Observer” approvati per il primo ciclo di osservazioni del telescopio spaziale James Webb, rispetto al totale delle proposte ricevute. Fonte: stsci.edu. Infografica: Media Inaf

«È un traguardo importante per la comunità astronomica italiana», commenta Adriano Fontana, responsabile della divisione nazionale abilitante dell’astronomia ottica ed infrarossa dell’Inaf. «Si tratta della prima opportunità per affrontare obiettivi scientifici disparati – dalla nascita dei pianeti intorno ad altre stelle fino alla formazione delle prime stelle e galassie all’alba del cosmo – con i potenti strumenti di Jwst».

Altri due tra i programmi selezionati sono guidati da ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e della Scuola Normale Superiore di Pisa. Inoltre, numerosi ricercatori e ricercatrici dall’Italia, in gran parte impegnati presso l’Inaf, partecipano come co-investigator a oltre 40 dei programmi prescelti, per un totale di circa 1570 ore di osservazione, circa un quarto del tempo totale dedicato ai programmi General Observer.

Fontana aggiunge: «Oltre ai sette programmi con principal investigator Inaf, l’istituto vede numerosi co-investigator coinvolti in oltre 40 programmi. Tra essi figurano anche 4 dei 7 programmi ‘large’, che si sono aggiudicati tra 100 e 200 ore di osservazione ciascuno, per studiare galassie vicine, lontane e lontanissime, e comprendere la loro evoluzione attraverso le ere cosmiche».

Le dimensioni dei programmi di tipo “General Observer” approvati per il primo ciclo di osservazioni del telescopio spaziale James Webb e il tempo ad essi assegnato. Fonte: stsci.edu. Infografica: Media Inaf

«Siamo anche coinvolti in 4 dei 13 programmi di early release science, le primissime osservazioni che saranno condotte durante i primi cinque mesi delle operazioni scientifiche per iniziare a confrontarsi con i dati di Jwst».

La selezione, che ha coinvolto circa 200 membri della comunità scientifica internazionale in qualità di revisori, è stata realizzata con successo in modalità anonima, senza che i revisori conoscessero l’identità dei proponenti, per ridurre l’impatto di eventuali bias inconsci e garantire un processo il più inclusivo possibile.

Jwst lascerà la California in estate, in nave, alla volta della Guyana Francese, dove il 31 ottobre sarà lanciato a bordo di un razzo Ariane 5. Una volta nello spazio, le prime sei settimane saranno dedicate alla complessa coreografia di dispiegamento delle varie componenti dell’osservatorio, mentre questo proseguirà il suo viaggio verso l’orbita operativa, un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Seguiranno sei mesi di collaudo ed infine, a 2022 inoltrato, si potrà dare inizio alle osservazioni.

Per saperne di più:

  • Leggi una descrizione di tutti i programmi General Observer Cycle 1 approvati sul sito dello Space Telescope Science Institute

I sette progetti a guida Inaf presentati dai loro responsabili scientifici:

“Il nostro progetto osserverà il merger fra una galassia che ospita un quasar e una sua galassia ‘satellite’, avvenuto meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang. Jwst ci permetterà di mappare la formazione stellare, metallicità e condizioni del gas – quantità finora inaccessibili a causa dell’assorbimento della luce da parte dell’atmosfera terrestre. Questo consentirà di scoprire preziose informazioni sulla formazione delle prime galassie più massicce nella storia del cosmo, quando l’Universo era ancora giovane”. Roberto Decarli, Inaf Bologna
 
“Grazie al nostro progetto Jwst appena approvato, potremo studiare le stelle più fredde e deboli nei due ammassi globulari più vicini. Osserveremo per la prima volta la transizione fra stelle che bruciano idrogeno al loro interno e le nane brune – oggetti al confine fra pianeti giganti e stelle – in ammassi stellari, e cercheremo nane bianche – quel che resta di stelle come il Sole dopo la loro morte – nell’infrarosso dove l’eccesso di luminosità rivelerà una eventuale presenza di sistemi planetari attorno ad esse”. Luigi Bedin, Inaf Padova
 
“Le nostre osservazioni con lo strumento Miri di Jwst chiariranno l’effetto del getto di materia che fuoriesce dal nucleo galattico attivo Eso 420-G13, nel quale il nostro gruppo ha rivelato un vento a 1000 anni luce di distanza del buco nero con i dati di Alma. Questo è possibile grazie alla risoluzione spaziale e sensibilità di Jwst e permetterà di studiare il ‘feedback’ che potrebbe causare lo spegnimento della formazione stellare e cambiare la metallicità della galassia ospite, ‘spingendo’ gli elementi pesanti fuori dalle regioni centrali”. Juan Antonio Fernandez Ontiveros, Inaf Roma
 
“Scopo del nostro progetto Jwst è capire come un ambiente di formazione stellare estremo come quello dell’ammasso stellare Westerlund 1 possa influenzare la formazione di stelle di piccola massa e l’evoluzione dei dischi protoplanetari in cui possono nascere sistemi planetari. Questi ambienti sono piuttosto rari nella nostra Galassia adesso, ma sono molto comuni in galassie con formazione stellare più attiva, com’era la nostra miliardi di anni fa. Potremo così studiare l’evoluzione dei processi di formazione stellare e planetaria”. Mario Guarcello, Inaf Palermo
 
“L’origine delle popolazioni multiple negli ammassi globulari, una volta considerati il miglior prototipo di popolazione stellare semplice, è un enigma nel campo delle popolazioni stellari sin dalla loro scoperta. Per far luce su questo problema abbiamo ottenuto osservazioni combinate di spettroscopia e fotometria con Jwst, che ci permetteranno di osservare le M dwarfs (nane rosse) dei globulari. Il confronto tra le popolazioni multiple di queste e stelle e quelle di stelle più massicce ci fornirà informazioni cruciali per risolvere l’enigma”. Anna Marino, Inaf Firenze
 
“Il nostro programma, portato avanti da un team internazionale di ricercatrici e ricercatori europei e americani a forte partecipazione Inaf, vuole studiare l’origine dei potenti getti di materia causati dal processo di accrescimento in stelle in formazione. Faremo ciò osservando, con gli strumenti Miri e NirSpec a bordo di Jwst, le zone più interne di una protostella che risultano oscurate alle osservazioni in banda ottica e nel vicino infrarosso a causa dei densi involucri di polvere che circondano le stelle in formazione”. Brunella Nisini, Inaf Roma
 
“Il nostro progetto si prefigge di osservare debolissimi e remoti eventi di formazione stellare all’inizio della storia cosmica, legati al fenomeno della reionizzazione quando l’Universo aveva meno di un miliardo di anni e alla formazione delle galassie come la via Lattea. Inoltre cercheremo di identificare i misteriosi ‘embrioni’ degli ammassi globulari e di svelare la tanto cercata ‘prima generazione’ di stelle. Per fare ciò, Jwst sfrutterà una potentissima lente gravitazionale e misurerà righe atomiche mai osservate a queste distanze”. Eros Vanzella, Inaf Bologna