OSSERVATE NELLA VIA LATTEA

Stelle anemiche e col fiato corto

Ebbene sì: le stelle più antiche presenti nel disco della Via Lattea, quelle che presentano una bassa concentrazione di metalli, mostrano velocità di rotazione intorno al centro della Galassia sistematicamente minori rispetto alle stelle più giovani. Il risultato ha un importante impatto sulle teorie della formazione della nostra galassia. Lo studio è firmato da un team di astrofisici tutto dell’Inaf

     30/01/2019

I tre autori dello studio mentre discutono i risultati. Da sinistra: Paola Re Fiorentin, Mario G. Lattanzi, Alessandro Spagna

Dimmi come ruoti e ti dirò chi sei, ma anche da dove vieni. Così potremmo sintetizzare i risultati della ricerca condotta da Paola Re Fiorentin, Mario G. Lattanzi e Alessandro Spagna, tutti dell’Osservatorio astrofisico dell’Inaf di Torino, che ha analizzato alcune proprietà – tra cui la composizione chimica e le velocità di rotazione – di ben 60mila stelle che costituiscono il cosiddetto disco spesso della nostra galassia, la Via Lattea.  Già nel 2010 lo stesso gruppo di studiosi, insieme a Richard L. Smart, sempre della struttura di ricerca torinese, aveva messo in evidenza, nei dintorni del Sole, una correlazione positiva tra rotazione e metallicità per le stelle più vecchie del disco galattico. Questa scoperta ha aperto nuovi scenari per i modelli cosmologici di formazione del disco della Via Lattea. Ora, i più recenti dati della missione spaziale Gaia dell’Esa, che vede un’importante partecipazione scientifica dell’Italia con l’Istituto nazionale di astrofisica e l’Agenzia spaziale italiana, hanno permesso di costruire mappe di velocità e di composizione chimica molto più accurate, che non solo hanno confermato la precedente scoperta locale ma ne hanno anche ampliato gli orizzonti. Infatti, questo studio ha evidenziato che la correlazione fra la velocità di rotazione delle stelle più antiche del disco spesso e le loro abbondanze chimiche si mantiene positiva su un ampio intervallo di distanza, che va da 15mila a 45mila anni luce dal centro della Via Lattea. In pratica, le stelle “anemiche”, ovvero quelle con meno ferro, o più correttamente con meno metalli, si muovono più lentamente rispetto a quelle più ricche di elementi chimici pesanti.

La scoperta, appena pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, costituisce un’importante sfida osservativa per i più avanzati modelli galattici: modelli che dovranno riuscire a riprodurre queste caratteristiche chimico-cinematiche misurate per le stelle del disco spesso. Inoltre, costituisce una “prova” cosmologica che ci aiuta a capire come si è formato il disco della Via Lattea 8-10 miliardi di anni fa e, più in generale, a studiare i processi iniziali di formazione delle galassie a spirale.

«Questo risultato», precisa Re Fiorentin, «è stato possibile combinando i dati astrometrici della missione spaziale Gaia dell’Esa con le velocità radiali, i parametri atmosferici e le abbondanze chimiche derivati dagli spettri di alta risoluzione forniti dal progetto Apogee, condotto con telescopi da Terra. Questi cataloghi ci hanno permesso di analizzare in dettaglio un catalogo di 60mila stelle giganti rosse con metallicità circa dieci volte più bassa di quella del Sole ed entro un’altezza di 10mila anni luce dal piano galattico. Questo prova anche il ruolo determinante della sinergia tra survey spaziali e progetti spettro-fotometrici da Terra».

La Via Lattea e le sue stelle. L’mmagine è stata ottenuta con i dati Dr2 della missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea. Crediti: Esa

«Grazie all’altissima qualità dei dati astrometrici del catalogo Gaia Dr2 rilasciato al pubblico il 25 aprile scorso», sottolinea Lattanzi, responsabile nazionale della partecipazione italiana alla missione Gaia dell’Esa, «siamo riusciti a determinare posizioni stellari 3D con un’accuratezza molto alta e velocità 3D con errori inferiori a 0.6 km/s fino a distanze di 15mila anni luce da noi. Si tratta di valori impensabili fino a pochi mesi fa per campioni stellari così grandi. Un risultato che premia il lavoro ultradecennale di preparazione, operazioni e analisi dati che ha coinvolto l’Italia insieme a molti Paesi della Comunità Europea».

«Siamo convinti che i risultati di questa ricerca costituiranno un forte stimolo allo sviluppo di nuovi e più avanzati modelli cosmologici e di formazione delle galassie a spirale per i prossimi anni», aggiunge Spagna. «È stato straordinario vedere confermato con Gaia Dr2 il risultato del 2010, ottenuto con dati di qualità inferiore, e poi aggiungere una nuova scoperta. Questo fa ben sperare per le prossime release».

E a proposito di futuro, il team, è già al lavoro per ottenere misure ancora più raffinate, su un campione di stelle ancora più vasto. «Non vediamo l’ora di poter ulteriormente estendere i nostri studi con le prossime data release! Aspettiamo la Gaia Dr3 e Dr4 per i prossimi anni: i dati miglioreranno di un fattore 5 già con la Dr3. Parafrasando i nostri colleghi anglosassoni… il meglio deve ancora venire», conclude Re Fiorentin.

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