Gli ammassi di galassie sono gli oggetti legati gravitazionalmente più grandi dell’universo. La loro massa è pari alla somma di qualche milione di miliardi di stelle simili al nostro Sole. In altre parole, se il Sole avesse una massa equivalente a quella di una formica, un ammasso di galassie peserebbe come mezzo milione di elefanti africani, tanti da riempire 500 campi da calcio. Solo il 5 per cento della massa totale di questi giganti dell’universo è però dovuto alle stelle contenute nelle decine o centinaia di galassie in essi contenute. Una quantità doppia di massa è fornita dal gas intra-ammasso che permea lo spazio tra esse. La componente di gran lunga dominante è la materia oscura, la cui natura rimane uno dei grandi misteri dei nostri tempi.
Attualmente lo studio di questi oggetti e delle loro tre componenti è animato da un’entusiasmante sinergia tra scienziati teorici e osservativi. I primi elaborano complicati modelli numerici calibrati sui dati esistenti e forniscono predizioni e indicazioni per future osservazioni. I secondi sfruttano informazioni raccolte da diversi di strumenti. Con osservazioni nell’ottico e nelle vicine banda infrarosso e ultravioletto si esaminano le proprietà delle galassie e delle stelle. Con i telescopi spaziali in banda X, come il telescopio Xmm-Newton o l’osservatorio Chandra, si rileva la radiazione emessa dal gas diffuso e caldo fino dieci milioni di gradi. Osservazioni dirette della materia oscura non sono possibili – per questo è chiamata oscura! Tuttavia si possono rilevare le interazioni gravitazionali che questa esercita sulla materia barionica, ossia stelle e gas. Un esempio è la deviazione della luce di una galassia lontana prodotta dall’enorme buca di potenziale dell’ammasso. Questo fenomeno, detto lente gravitazionale, è alla base di molte indagini attuali da parte di grandi collaborazioni internazionali.
Studi in corso e domande aperte
Gli ammassi di galassie rivestono un ruolo fondamentale sia per studi cosmologici che astrofisici. Secondo il modello corrente, le strutture cosmiche si formano per assembramento di oggetti più piccoli. Gli ammassi di galassie si posizionano così all’apice della scala gerarchica e per questo motivo sono anche oggetti relativamente giovani, che possiamo osservare dal momento della loro nascita, avvenuta all’incirca 10 miliardi di anni fa. Seguire la loro crescita ci permette di determinare i parametri cosmologici che regolano l’evoluzione del nostro universo. In particolare, la quantità di materia oscura – che favorisce la creazione di questi sistemi – o di energia oscura – che ostacola di fatto l’attrazione gravitazionale inducendo l’espansione dello spazio.
Allo stesso tempo, gli ammassi costituiscono un laboratorio ideale per studiare vari fenomeni astrofisici. Ad esempio, la quantità di metalli rilasciata dalle supernove esplose nelle galassie d’ammasso permette di stimare la storia di evoluzione stellare delle galassie contenute in questi sistemi. L’osservazione contemporanea di molte galassie favorisce lo studio delle trasformazioni da esse subite durante fasi di scontri o accorpamenti. Le osservazioni in banda X evidenziano il riscaldamento generato dal nucleo galattico attivo della galassia centrale d’ammasso in seguito all’accrescimento sul suo buco nero supermassiccio.
Il coinvolgimento dell’Istituto nazionale di astrofisica
Molte sedi dell’Inaf sparse sul territorio italiano si occupano di studi d’ammassi grazie ad osservazioni radio, ottiche, raggi X e in banda millimetrica, oppure tramite sofisticati modelli numerici. Vari scienziati del nostro paese rivestono ruoli di rilievo nella pianificazione di tre grandi future missioni che si prefiggono di indagare la formazione ed evoluzione degli ammassi: Euclid, Athena e Ska.
L’autrice: Elena Rasia è ricercatrice Inaf all’Osservatorio astronomico di Trieste.
Su Media Inaf potrai trovare, mano a mano che verranno pubblicate, tutte le schede della rubrica dedicata a Voci e domande dell’astrofisica, scritte dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica.