Un gruppo di ricercatori guidato da Margot Brouwer del Leiden Observatory, in Olanda, ha messo alla prova, per la prima volta, una nuova teoria sulla gravità proposta di recente dal fisico teorico Erik Verlinde dell’Università di Amsterdam. Gli astronomi hanno utilizzato la deformazione dello spaziotempo, prodotta dal fenomeno della lente gravitazionale, per misurare la distribuzione della gravità attorno a più di 33 mila galassie. I risultati, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, suggeriscono che la teoria di Verlinde risulta in buon accordo con i dati osservativi.
Come già accaduto nel corso della storia della scienza, quando ci si trova di fronte alla necessità di risolvere alcuni grandi problemi nell’ambito di un paradigma già consolidato (stiamo parlando della relatività generale), possono venire alla luce nuove idee o teorie alternative che, entrando in conflitto con le vecchie, causano spesso controversie scientifiche. Com’è accaduto con Verlinde quando, nel 2010, sorprese il mondo proponendo una teoria completamente nuova della gravità: “On the Origin of Gravity and the Laws of Newton“. Secondo lo scienziato olandese, la gravità non sarebbe più una forza fondamentale della natura bensì una sorta di “fenomeno emergente”, così come l’ha definita lo stesso autore. In altre parole, così come la temperatura emerge dal moto di particelle microscopiche, anche la gravità può emergere dalla variazione di bit fondamentali d’informazione che sono immagazzinati nella struttura fondamentale dello spaziotempo.
Dunque, secondo Verlinde, non sarebbe più necessaria la presenza dell’enigmatica materia oscura per spiegare alcuni fenomeni della meccanica celeste. Infatti, in un suo recente articolo, l’autore mostra come la sua teoria predica in maniera accurata la velocità orbitale delle stelle che si muovono attorno al centro della Via Lattea, così come il moto delle stelle in altre galassie. «Abbiamo alcune evidenze sul fatto che questo nuovo approccio per comprendere la gravità risulti in buon accordo con le osservazioni», spiega Verlinde. «In particolare, su larga scala sembra che la gravità non si comporti più come previsto da Einstein».
La teoria di Verlinde predice gli effetti dovuti alla gravità basandosi sulla massa associata solamente alla materia visibile. A prima vista, si potrebbe affermare che la teoria dello scienziato olandese presenta delle caratteristiche simili a certe teorie modificate della gravità come, ad esempio, quella proposta nel 1983 da Mordehai Milgrom e chiamata MOND (MOdified Newtonian Dynamics). Tuttavia, mentre la teoria MOND si “aggiusta”, per così dire, in accordo con le osservazioni, la teoria di Verlinde parte da principi di base seguendo, come ha dichiarato lo stesso scienziato olandese, un approccio completamente diverso.
Per testare la validità della teoria di Verlinde, e perciò le sue predizioni, un team di ricercatori, guidato da Brouwer, si è messo all’opera andando a studiare il fenomeno della lente gravitazionale su un insieme di oltre 33 mila galassie. È noto che la gravità curva lo spazio in modo tale che, quando i raggi luminosi vi si propagano, essi vengono deflessi come nel caso di una lente ottica. Le immagini delle galassie di fondo, che sono molto più distanti rispetto ad una galassia vicina (la “lente”), appariranno più o meno distorte. Questo effetto può essere misurato in modo da determinare come varia la forza di gravità attorno alla galassia che si trova interposta lungo la linea di vista. Ora, i risultati delle misure ottenute dai ricercatori indicano che, fino a distanze dell’ordine di qualche centinaia di volte il raggio della galassia, la gravità risulta molto più forte rispetto a quanto predice la relatività generale. Mentre invece la teoria di Einstein funziona solo se vengono aggiunte particelle invisibili che costituiscono la materia oscura.
Brouwer e colleghi hanno perciò calcolato la variazione della forza di gravità mediante il metodo della lente gravitazionale, e basandosi sulla massa visibile delle galassie, in modo da confrontare i dati osservativi con le predizioni fornite dalla teoria di Verlinde. Le conclusioni a cui arrivano gli autori suggeriscono che le osservazioni sono in buon accordo con la teoria ma il team sottolinea che la materia oscura potrebbe ancora spiegare una presenza extra della forza gravitazionale. Ad ogni modo, mentre la massa della materia oscura è un parametro libero che deve essere aggiustato rispetto alle osservazioni, la teoria di Verlinde fornisce una predizione diretta senza richiedere la presenza di parametri liberi.
Per realizzare le osservazioni sono state utilizzate le survey GAMA (Galaxy And Mass Assembly) e, in particolare, KiDS (Kilo-Degree Survey), condotta con il VLT Survey Telescope dell’ESO, progettato e costruito dall’INAF di Napoli. I risultati di quest’ultima, i più accurati mai ottenuti con la tecnica del lensing gravitazionale debole, indicano – a differenza di quelli forniti da Planck – che la materia oscura tende a distribuirsi in maniera più omogenea di quanto si credesse (vedi su Media INAF l’articolo “Materia oscura e anche un po’ asociale“).
Al momento, però, la teoria proposta dal fisico olandese è applicabile solamente a sistemi isolati, di forma sferica e statici, mentre l’universo è un luogo più complesso e dinamico. Molte osservazioni non possono ancora essere spiegate nell’ambito di questo nuovo paradigma, perciò la materia oscura rimane ancora in gioco. «Adesso, la domanda è come si svilupperà la teoria e come potrà essere ulteriormente testata», conclude Brouwer. «Ma tutto sommato, possiamo dire, almeno per ora, che questo primo risultato sembra molto interessante».
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo su MNRAS: Margot M. Brouwer et al. 2016 – First Test of Verlinde’s Theory of Emergent Gravity Using Weak Gravitational Lensing Measurements
- Leggi anche il preprint su arXiv: E.P. Verlinde – Emergent Gravity and the Dark Universe
In questo video (in inglese) Margot Brouwer illustra i risultati del test: