
Ma a ben osservarla, Swift J1822.3-1606 non sembra proprio possedere questa caratteristica, anzi il suo campo magnetico risulta assolutamente in linea con quello delle altre pulsar ‘normali’. A scoprire la vera natura di questo oggetto celeste è stato un team di scienziati guidati dall’italiana Nanda Rea del Consejo Superior de Investigaciones Cientificas (CSIC) di Barcellona e a cui hanno partecipato ricercatori dell’INAF. Il gruppo aveva già stanato circa due anni fa una stella di neutroni dal comportamento simile (SGR 0418+5729), suggerendo che quella non sarebbe stata un’eccezione, ma più probabilmente il capostipite di una nuova famiglia di stelle di neutroni. E la scoperta di Swift J1822.3-1606 sembra oggi dar loro ragione.
L’emergente popolazione di magnetar di basso campo magnetico sta generando grande interesse nella comunità scientifica e sollevando molte domande: da dove viene l’energia che alimenta l’emissione esplosiva e la luminosità X persistente della magnetar? Quante tra le stelle di neutroni dal campo magnetico relativamente basso e non catalogate come magnetar potrebbero improvvisamente dare luogo a potenti esplosioni?
Quesiti a cui oggi non è ancora possibile dare delle risposte definitive. Una spiegazione della fonte di energia di questi oggetti celesti è che esista una componente di campo magnetico confinata sotto la superficie della stella. Questo campo ha una struttura complessa – le sue linee sono cioè attorcigliate e formano parecchi anelli – e, al momento della formazione della stella di neutroni, la sua intensità può essere notevolmente amplificata da turbolenze all’interno della protostella.
“Sappiamo da studi teorici che i campi magnetici interni delle stelle di neutroni possono essere molto più intensi rispetto a quelli che si trovano sulla superficie” osserva Roberto Turolla dell’Università di Padova e associato INAF, coautore della scoperta. “Il campo magnetico interno, non misurabile direttamente, può decadere e/o modificare la propria configurazione (‘sbrogliandosi’) dando origine così all’emissione X persistente ed esplosiva, attraverso il riscaldamento della superficie della stella di neutroni e l’accelerazione di particelle. Una questione cruciale è quanto effettivamente possa essere grande lo squilibrio tra campo magnetico interno ed esterno. SGR 0418+5729 e Swift J1822.3–1606 indicano che il campo magnetico interno può essere anche 50-100 volte superiore a quello esterno”.
“Il problema con queste magnetar dal campo magnetico esterno basso è che sono molto più elusive delle loro compagne di alto campo superficiale” commenta Paolo Esposito dell’INAF-IASF Milano, che ha partecipato allo studio. “Questo perché non solo la loro attività, grazie alla quale riusciamo ad identificarle, è molto più sporadica, ma anche perché misurare il loro campo magnetico attraverso il tasso di rallentamento della rotazione richiede tenacia e lunghe campagne osservative con satelliti per astronomia X”.
“Due anni dopo la scoperta di SGR 0418+5729 e grazie soprattutto a Swift ed XMM-Newton, due missioni con una fondamentale partecipazione di Italia ed INAF, siamo riusciti finalmente ad individuare una sua ‘gemella’, Swift J1822.3–1606” continua Gian Luca Israel (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma). ” Si tratta di un passo in avanti per la comprensione dei campi magnetici, del loro ruolo ed evoluzione nelle stelle di neutroni”.
Nel team di ricercatori che ha realizzato la scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati nell’articolo A new low magnetic field magnetar: the 2011 outburst of Swift J1822.3-1606 sulla rivista The Astrophysical Journal (, hanno partecipato anche Marta Burgay, Andrea Possenti, Sergio Campana, Sandro Mereghetti, Luigi Stella dell’INAF, Andrea Tiengo (IUSS Pavia e associato INAF) e la ricercatrice italiana Silvia Zane del Mullard Space Science Laboratory presso la University College di Londra.
Animazione che mostra la complessa struttura del campo magnetico in una stella di neutroni e la sua evoluzione nel tempo. Crediti: ESA-C. Carreau
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