DATI PROVENIENTI DAL USNO PARALLAX CATALOG

Si allunga la lista delle stelle vicine

Lo United States Naval Observatory ha pubblicato di recente un nuovo catalogo, raccolto grazie al lavoro del telescopio robotico URAT, che contiene informazioni riguardanti la distanza di oltre 112 mila stelle. Cresce l’attesa per i risultati che arriveranno nei prossimi mesi dal progetto PanSTARRS e dalla missione GAIA dell’ESA

     20/05/2016
Il telescopio URAT dello United States Naval Observatory a Washington, in una fotografia scattata nel 2010. Crediti: USNO

Il telescopio URAT dello United States Naval Observatory a Washington, in una fotografia scattata nel 2010. Crediti: USNO

Poche settimane fa lo United States Naval Observatory (USNO) ha pubblicato un catalogo che contiene informazioni circa la distanza di oltre 112 mila stelle. Il catalogo si chiama USNO Parallax Catalog (UPC) e si avvale delle osservazioni eseguite grazie al telescopio terrestre USNO Robotic Telescope Astrometric (URAT). Si tratta del più grande catalogo di questo tipo dopo quello rilasciato dall’Agenzia Spaziale Europea nel 1997 e ottenuto grazie al satellite Hipparcos.

Le stelle più luminose nel cielo notturno non sono per forza anche quelle più vicine a noi, questo perché la luminosità intrinseca delle stelle varia enormemente. Alcune possono essere brillanti un millesimo rispetto a quanto lo è il nostro Sole, altre possono esserlo migliaia di volte in più. Molte delle stelle che vediamo anche ad occhio nudo sono stelle lontane, luminosissime e gigantesche, ma non possiamo stimare la loro distanza a partire dalla loro luminosità apparente. Quindi come fare? Una soluzione può essere quella di osservare lo stesso oggetto da due punti differenti. Cerchiamo di capire insieme perché.

Tenendo un dito davanti al viso e guardandolo alternativamente prima con un occhio e poi con l’altro, il dito sembrerà spostarsi rispetto all’immagine di sfondo, che si trova più distante e dunque appare identica. La stessa cosa accade quando si osserva una stella vicina da punti differenti dell’orbita terrestre: la stella sembrerà muoversi leggermente rispetto alla maggior parte delle altre stelle nel campo visivo, perché si trovano più distanti. Il piccolo angolo che corrisponde allo spostamento apparente della stella si chiama angolo di parallasse, e dopo aver eseguito alcuni calcoli, a partire da questo angolo gli astronomi ottengono la parallasse trigonometrica, ovvero la misura diretta della distanza di una stella interamente basata sulla geometria e le dimensioni dell’orbita terrestre. Uno dei vantaggi della parallasse trigonometrica è che permette di ottenere misure di distanza svincolate da assunzioni o modelli fisici della stella in questione. Una stella con una parallasse di un secondo d’arco si troverebbe a una distanza di un parsec (pc), che corrisponde a 3.26 anni luce.

Rappresentazione schematica del metodo della parallasse per misurare la distanza di una stella vicina. Con lo spostamento della Terra attorno al Sole, la posizione apparente nel cielo della stella vicina cambia nel tempo, e l’angolo p è detto angolo di parallasse.

Rappresentazione schematica del metodo della parallasse per misurare la distanza di una stella vicina. Con lo spostamento della Terra attorno al Sole, la posizione apparente nel cielo della stella vicina cambia nel tempo, e l’angolo p è detto angolo di parallasse.

Tutte le stelle della Via Lattea si muovono in ogni momento, e la maggior parte di loro lo fa compiendo un’orbita circolare attorno al centro della galassia. Dal nostro punto di vista terrestre possiamo quindi vedere dei piccoli moti propri delle stelle, e più la stella è vicina a noi più il moto proprio sarà evidente. In passato sono state effettuate numerose campagne osservative per identificare le stelle che mostravano moti propri relativamente veloci, e queste stelle sono state poi studiate nuovamente una per una, allo scopo di misurare il movimento di parallasse. Questo immenso lavoro è culminato nel 1995 con l’uscita del General Catalog of Trigonometric Parallaxes di Yale, che conteneva circa 16 mila stelle.

Il catalogo realizzato a partire dai dati di Hipparcos comprende quasi 120 mila stelle, con misure molto precise dei loro moti propri e delle loro parallassi. È un catalogo completo, dedicato a tutto il cielo, ma limitato alle stelle (relativamente) brillanti, e per molte di loro non viene rivelata una vera e propria parallasse, quindi nel catalogo si legge spesso “questa stella è troppo lontana per essere misurata”.

Il nuovo catalogo UPC si basa su 3 anni di osservazioni effettuate presso la stazione osservativa di Flagstaff (Naval Observatory Flagstaff Station, NOFS) in Arizona, per le quali è stato utilizzato l’astrografo a grande campo URAT. Rispetto a quello di Hipparcos, questo catalogo si spinge a magnitudini molto inferiori, arrivando a osservare stelle di magnitudine 17. Non è stata fatta alcuna preselezione sulla base dei moti propri, ma sono state osservate oltre 200 milioni di stelle, la maggior parte delle quali sono troppo lontane per ottenere un risultato di parallasse affidabile.

Gli astronomi Charlie Finch e Norbert Zacharias dell’USNO hanno misurato la parallasse trigonometrica per oltre 58 mila stelle di cui già si avevano dati di parallasse, mentre per circa 53.500 stelle sono riusciti a misurarla per la prima volta, con una precisione media di 4 millesimi di secondo d’arco. Questo angolo corrisponde a qualche millesimo di cm, per un oggetto posto a un km di distanza. La stella più vicina a noi scoperta grazie al catalogo UPC si trova a 25 anni luce da noi. Gli astronomi ritengono che questa distanza sia piccola, sebbene si stia parlando di 1.5 milioni di volte la distanza tra la Terra e il Sole. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sulla rivista The Astronomical Journal.

Il catalogo UPC è pubblicato dal Centre de Données Astronomiques di Strasburgo (CDS) e su molti altri siti in tutto il mondo. Altre misure di distanze stellari arriveranno presto dal progetto PanSTARRS, che sfrutta un telescopio molto più grande di quello utilizzato da UPC, e nel 2018 avremo i primi risultati di parallasse dalla missione europea GAIA.

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