V404 CYGNI A 8000 ANNI LUCE DALLA TERRA

Un’eruzione mostruosamente energetica

Sono di un’intensità senza precedenti le esplosioni cosmiche che a partire dallo scorso 15 giugno sono state rivelate dal satellite Swift della NASA. La forte intensità di questi getti, che in un solo minuto possono trasportare l’energia prodotta dal Sole in diversi mesi, permette di studiare con una sensibilità senza precedenti la fisica dei fenomeni estremamente energetici che avvengono in prossimità dell’orizzonte degli eventi di un buco nero, secondo il primo autore dello studio, apparso su Astrophysical Journal Letters, Lorenzo Natalucci, dell’INAF-IAPS

     03/11/2015
Crediti immagine: NASA/JPL-Caltech

Crediti immagine: NASA/JPL-Caltech

Sono di un’intensità senza precedenti le esplosioni cosmiche che a partire dallo scorso 15 giugno sono state rivelate dal satellite Swift della NASA. Ad indagarle è stato un team internazionale di ricercatori tra cui alcuni dell’INAF, soprattutto grazie alle ulteriori osservazioni dell’osservatorio orbitante per l’astrofisica delle alte energie INTEGRAL dell’ESA.

Le potentissime esplosioni sono state prodotte da V404 Cygni, una sorgente di alta energia nella costellazione del Cigno. Gli astrofisici ne hanno identificato la natura: è un buco nero di massa stellare, cioè generato dal collasso di una stella massiccia avvenuto al termine del suo ciclo evolutivo, che ora detiene il record dell’intensità del flusso di alta energia, mai registrata prima da una sorgente cosmica. Questo è in parte dovuto alla sua vicinanza, trovandosi a circa 8000 anni luce da noi.

V404 Cygni ha una massa di circa 10 volte quella del Sole ed è legato gravitazionalmente ad una stella “normale”, simile al nostro Sole, da cui sta risucchiando parte del materiale di cui è costituita. Nel suo viaggio verso il buco nero, questa materia cade con un moto spiraleggiante formando attorno ad esso quello che prende il nome di disco di accrescimento, delle dimensioni dell’ordine delle migliaia di km. In questo precipitare, la materia si surriscalda e nella corona calda che si forma nella vicinanze del buco nero essa puo’ raggiungere temperature fino a centinaia di milioni di gradi, emettendo radiazione di alta energia, sotto forma di raggi X e gamma.  Il materiale viene quindi in parte espulso attraverso due getti che si allontanano in direzioni opposte con velocità prossime a quella della luce.

«La forte intensità di questi getti, che in un solo minuto possono trasportare l’energia prodotta dal Sole in diversi mesi, ci permette di studiare con una sensibilità senza precedenti la fisica dei fenomeni estremamente energetici che avvengono in prossimità dell’orizzonte degli eventi di un buco nero» dice il primo autore dello studio, apparso su Astrophysical Journal Letters, Lorenzo Natalucci, dell’INAF-IAPS.

E l’indagine condotta dai ricercatori mette in evidenza un’emissione estremamente variabile a tutte le lunghezze d’onda, un po’ come fuochi d’artificio. Mentre nella banda radio si vedono chiaramente i getti quando sono a una certa distanza dal buco nero, nei raggi X e gamma si può vedere il momento in cui i blob di materia vengono espulsi, in prossimità dell’orizzonte degli eventi. Un risultato assai importante per lo studio di questi fenomeni, ottenuto grazie all’eccezionale qualità dei dati prodotti da INTEGRAL, che non ha rivali come sensibilità delle osservazioni nei raggi gamma.

Questi processi di accrescimento ed espulsione di materia funzionano anche su scala molto più grande, quella dei buchi neri cosiddetti “supermassicci”, aventi una massa da milioni a miliardi di volte maggiore e che si trovano al centro delle galassie.

La fisica di questi buchi neri è molto difficile da studiare perché il moto della materia e i parametri fisici della regione vicina al buco nero variano con cicli di centinaia o migliaia di anni, quindi inaccessibili all’osservazione diretta. D’altra parte è dimostrato che i buchi neri supermassicci influenzano l’evoluzione delle galassie e dell’Universo su larga scala, e quindi è fondamentale capire come funzionano.

«Nei microquasar come V404 Cygni questi cicli avvengono su tempi scala di minuti o anche meno, ed è quindi possibile studiare in dettaglio gli effetti legati al rilascio di energia gravitazionale in condizioni estreme.  I microquasar sono quindi dei “laboratori” ideali per studiare questi fenomeni, che non potrebbero essere mai riprodotti in un sito terrestre» aggiunge Pietro Ubertini, direttore dell’Istituto INAF/IAPS di Roma e co-autore dello studio.