STESSA LUMINOSITA’ PER TUTTI I LAMPI GAMMA?

Una questione di punti di vista

Tutti i lampi di raggi gamma sarebbero accomunati da una luminosità standard, pari a circa 10.000 volte quella della nostra Galassia. Le differenze osservate sarebbero dovute alle differenti velocità con cui si muove il gas ionizzato espulso in queste immani esplosioni cosmiche. Sono i risultati di uno studio guidato da ricercatori INAF pubblicato su MNRAS.

     15/12/2011

Visione artistica dei getti di plasma emessi durante un lampo di raggi gamma. Nel riquadro in alto a sinistra, le distribuzioni di luminosità di 30 GRB. In viola come ci appaiono, in celeste quello che verrebbe registrato nel sistema di riferimento del getto associato allo stesso lampo. (Crediti: G. Ghirlanda)

Essere o apparire?  Era questa la domanda che da tempo ronzava nella testa di un gruppo di ricercatori italiani. Un quesito tipico di studiosi di filosofia o sociologia, ma in questo caso avanzato da alcuni astrofisici. Quello a cui cercavano di dare una risposta era legato ai lampi di raggi gamma (GRB). Questi eventi, le più potenti e violente esplosioni che avvengono nell’universo, risultano avere caratteristiche molto diverse tra loro. I più energetici GRB sono infatti anche diecimila volte più luminosi rispetto a quelli più deboli. Queste diversità che registriamo sono reali o dovute a fenomeni che ce li fanno sembrare diversi? E quindi la domanda di partenza: i GRB sono così diversi tra loro o ci appaiono tali? Quei ricercatori, dopo un accurato studio, sono arrivati alla conclusione che, in realtà i lampi di raggi gamma potrebbero avere una loro luminosità tipica, praticamente uguale per tutti. Le differenze che noi osserviamo sarebbero dovute alle velocità del gas ionizzato allo stato di plasma emesso durante l’esplosione. I risultati di questo lavoro guidato da un gruppo di ricercatori dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera sono stati appena pubblicati in un articolo sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

“Sappiamo che i GRB sono sorgenti che emettono dei getti di plasma in moto a velocità prossime a quelle della luce. In questo caso, invece di essere delle ‘lampadine’ che irraggiano in tutte le direzioni in maniera uguale, diventano dei fari che emettono praticamente solo davanti a se stesse” dice Giancarlo Ghirlanda, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera e primo autore dell’articolo. “Quindi la luminosità che misuriamo qui sulla Terra e quella che misureremmo se fossimo ‘a cavalcioni’ del plasma emesso da un Gamma Ray Burst sono molto differenti”. Per sapere di quanto, i ricercatori hanno studiato i dati di 30 GRB osservati nell’arco degli ultimi 14 anni, praticamente tutti quelli che avevano le informazioni sufficienti per stimare la velocità di queste esplosioni cosmiche e quindi la luminosità ‘a cavalcioni’ del lampo, cioè quella che un osservatore potrebbe registrare se si muovesse alla stessa velocità dell’esplosione. I ricercatori hanno così scoperto che in questo sistema di riferimento tutti i GRB diventano quasi uguali: per i pochi secondi della loro durata, splendono con una luminosità pari a circa 10.000 volte quella della nostra Galassia.

Non solo, ma tutti sembrano avere lo stesso “colore”, cioè tutti emettono la maggior parte della loro luminosità ad una frequenza particolare, dell’ordine dei 5 keV (5.000 elettronvolt) che ha un’energia circa mille volte più elevata di quella della luce visibile. “Questa scoperta ha permesso di capire perché i GRB con più alta luminosità sono anche quelli più ‘blu’, ossia quelli che presentano un’emissione di radiazione principalmente concentrata alle frequenze più elevate. Questa proprietà dei GRB, nota da un decennio ma inspiegata fino ad ora, è dovuta alla maggiore velocità del plasma emesso: i GRB più luminosi sono quelli più veloci” spiega Gabriele Ghisellini, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, co-autore del lavoro.

Dunque anche i GRB possono essere considerati delle ‘candele standard’, al pari delle esplosioni delle supernovae di tipo Ia? “A quel che risulta dal nostro lavoro ci si avvicinano” continua Ghirlanda. “Non è escluso che questo risultato possa essere utilizzato per misurare l’Universo e le sue componenti ‘oscure’. Dal 2004 stiamo studiando questa possibilità che aprirebbe una nuova via alla cosmologia osservativa”.

 

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