Nel 2018 la sonda Hayabusa 2 dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa ha raggiunto l’asteroide near-Earth (162173) Ryugu e ne ha prelevato 5,4 grammi dalla superficie che sono stati rispediti sulla Terra e recuperati nel dicembre 2020. Dal punto di vista fisico Ryugu è un asteroide di tipo spettrale C con dimensioni di 1004 × 876 metri, un periodo di rotazione di 7,63 ore e una struttura a rubble pile simile a quella di Bennu. In effetti la densità media di Ryugu è di soli 1,19 g/cm³, segno che all’interno dell’asteroide devono essere presenti delle cavità. Gli asteroidi carbonacei di tipo C rappresentano circa il 75 per cento dei corpi presenti nella fascia principale, sono oggetti primitivi collegati alle meteoriti del tipo condrite carbonacea, in cui l’alterazione del materiale originario da cui si è formato il Sistema solare è stata minima. Gli elementi volatili presenti negli asteroidi carbonacei si sono probabilmente accumulati sotto forma di ghiaccio, insieme alla polvere, oltre la linea di neve del disco protoplanetario solare. La successiva migrazione di questi asteroidi verso l’interno potrebbe aver portato una frazione significativa di sostanze volatili, come l’acqua, sui pianeti terrestri: per questo motivo lo studio della loro evoluzione è importante, perché ci permette di capire meglio da dove sia arrivata l’acqua che riempie gli oceani della Terra.

Schema dell’attività acquosa su Ryugu e sul suo corpo genitore. Crediti: Lizuka et al., Nature, 2025
Recenti analisi delle rocce di Ryugu da parte di un team di ricercatori giapponesi hanno dimostrato che dei fluidi si sono mossi attraverso le rocce dell’asteroide molto più tardi di quanto ci si potesse aspettare: questo cambia il paradigma dell’acqua negli asteroidi, che sarebbe rimasta in circolo molto più a lungo di quanto ritenuto in precedenza. Il cuore della scoperta deriva dall’analisi di due metalli di transizione, il lutezio (simbolo Lu) e l’afnio (simbolo Hf). Il Lu-176 è un isotopo radioattivo e decade beta nell’Hf-176 che invece è stabile. La vita media del lutezio-176 è di 37,2 miliardi di anni, più di sette volte superiore all’età del Sistema solare, quindi il suo decadimento può essere usato come “orologio” per misurare l’età delle rocce. Infatti, se un elemento radioattivo all’interno di una roccia decade trasformandosi in un nucleo stabile, il numero di nuclei radioattivi diminuisce nel tempo, mentre sale il numero di quelli stabili: il loro rapporto fornisce l’età della roccia, a patto che non ci siano state interferenze con l’esterno che abbiano alterato il numero di atomi radioattivi e stabili.
I rapporti Lu-176/Hf-177 e Hf-176/Hf-177 delle rocce di Ryugu sono stati confrontati con quelli di sei condriti carbonacee: Orgueil, Alais, Murchison, Allende, Tagish Lake e Tarda. Ci si aspettava che i rapporti nei campioni studiati indicassero che l’orologio radioattivo era partito nello stesso momento per tutti, ma non è così: mentre per le meteoriti l’orologio è partito 4,56 miliardi di anni fa, nel caso di Ryugu la sua partenza risale a 4,80 miliardi di anni fa. Quindi nei campioni di Ryugu il rapporto Lu/Hf è più basso di quanto ci si potesse aspettare. Considerato che 4,5 miliardi di anni è l’età della Terra, non c’è nessun motivo per cui Ryugu debba essere più vecchio, ed è più ragionevole pensare che l’orologio radioattivo di Ryugu sia in errore. Questa anomalia ha suggerito ai ricercatori che la causa dell’impoverimento del lutezio sia dovuta a un fluido che lo ha dilavato dalle rocce che lo contenevano. L’evento scatenante più probabile è l’impatto con un asteroide più grande, che ha fratturato la roccia e sciolto il ghiaccio sepolto, permettendo all’acqua liquida di filtrare attraverso tutto il corpo celeste. Questo impatto potrebbe essere anche responsabile della distruzione dell’asteroide originario che, riaggregandosi dopo la collisione, ha dato origine alla struttura al rubbe pile di Ryugu.
Da questi dati, l’evoluzione che emerge per Ryugu è la seguente. Il corpo genitore di Ryugu si è accresciuto dalle particelle di ghiaccio e polvere presenti nel disco protoplanetario esterno circa due milioni di anni dopo la formazione del Sistema solare, oltre la linea della neve. Lo scioglimento del ghiaccio dovuto al riscaldamento radioattivo di elementi instabili di breve durata come l’alluminio-26 ha indotto un’alterazione acquosa precoce. Terminata questa fase di riscaldamento, l’acqua si è raffreddata e ricongelata, formando ghiaccio interstiziale fra le rocce dell’asteroide. Più di un miliardo di anni dopo, un impatto con un asteroide ha generato parecchio calore che ha sciolto il ghiaccio interstiziale e generato delle fratture nelle rocce con conseguente fuoriuscita di fluido che le ha impoverite di lutezio. Questo scenario è coerente, ad esempio, con la presenza di ghiaccio sulla superficie dell’asteroide carbonaceo di fascia principale (24) Themis, scoperto il 7 ottobre 2009 dall’Infrared Telescope Facility della Nasa. Ryugu è poi migrato dalla fascia principale ad un’orbita near-Earth circa cinque milioni di anni fa e da allora ha perso l’acqua superficiale attraverso la sublimazione del ghiaccio e la diffusione del vapore acqueo nello spazio. Alla luce di questi risultati riprende quindi vita l’ipotesi che Ryugu fosse un tempo una cometa attiva, diventata un asteroide in seguito alla perdita di elementi volatili avvenuta a causa dell’ingresso nel Sistema solare interno.
Una delle conseguenze più importanti di questa ricerca è che gli asteroidi carbonacei potrebbero aver contenuto e trasportato molta più acqua sulla Terra di quanto si pensasse in precedenza. Se il corpo genitore di Ryugu ha trattenuto ghiaccio per oltre un miliardo di anni prima della sua distruzione, significa che gli asteroidi simili che hanno colpito la giovane Terra potrebbero aver trasportato una quantità d’acqua da due a tre volte superiore a quella stimata dai modelli standard, influenzando significativamente gli oceani e l’atmosfera primordiali del nostro pianeta.
Per approfondire:
- Leggi su Nature l’articolo “Late fluid flow in a primitive asteroid revealed by Lu–Hf isotopes in Ryugu”, di Tsuyoshi Iizuka et al.
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Ryugu, cinque grammi d’asteroide al microscopio” del 10/02/2022
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Ryugu? Forse è una cometa messa a nudo” del 23/03/2022
- Leggi su Media Inaf l’articolo “La turbolenta storia di un tenero asteroide” del 22/09/2022
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Definita la composizione dell’asteroide Ryugu” del 13/12/2022
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Uracile e vitamina B3 nei campioni di Ryugu” del 21/03/2023
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Al via le analisi dei frammenti dell’asteroide Ryugu” del 10/01/2024
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Grani di Ryugu analizzati con l’olografia elettronica” del 29/04/2024
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Dov’è nato Ryugu? Più vicino di quel che si pensava” dell’1/10/2024






