Nel panorama dei tagli draconiani proposti dall’amministrazione Trump per tutte le istituzioni scientifiche che ricevono fondi federali, una delle più colpite è la National Science Foundation, che ha il torto di occuparsi di ricerca fondamentale, finanziando esperimenti che non sembrano avere alcuna utilità pratica. Se tagli di questa entità fossero avvenuti dieci anni fa, dubito che le onde gravitazionali sarebbero state rivelate. L’esperimento Ligo (per Laser Interferometer Gravitational Observatory) avrebbe potuto essere etichettato come sperpero del denaro pubblico, la campagna di osservazione cancellata e il personale licenziato. La decisione avrebbe potuto essere facilmente spiegata sulla base della mancanza di risultati.
Ligo è un esperimento complesso e costoso proposto nel 1983 per rivelare le onde gravitazionali ed entrato in funzione nel 2005 senza, però, produrre alcun risultato nei corso dei dieci anni successivi. Dopo tutto, Einstein stesso era convinto che le onde gravitazionali fossero impossibili da rivelare perché al di là delle capacità degli strumenti di misura. Si tratta di minuscole increspature che viaggiano alla velocità della luce allungando lo spazio in una direzione e comprimendolo in direzione perpendicolare. Sono prodotte a seguito di catastrofi cosmiche che coinvolgono corpi celesti di grande massa, ma la distorsione è ben più piccola delle dimensioni di un protone e questo pone sfide tecnologiche al limite del possibile. Chissà se, sapendo tutto questo, lo studente Matteo Barsuglia avrebbe fatto domanda per uno stage estivo al progetto Virgo, uno stage che gli ha cambiato la vita, spingendo la sua ricerca proprio verso la mission impossible che ora ci fa vivere nel suo libro La rivoluzione delle onde gravitazionali.
I primi rivelatori basati sul principio della barra risonante risalgono agli anni ‘60. Il passaggio di un’onda gravitazionale avrebbe fatto oscillare una barra di alluminio che avrebbe continuato a vibrare dopo il passaggio dell’onda, rendendo la misurazione più facile. Rimane vero, però, che rivelare un’onda che ritmicamente stira e comprime di pochissimo lo spazio è un compito difficilissimo perché qualsiasi effetto terrestre, il traffico su una lontana autostrada, un treno, persino le onde dell’oceano distante chilometri, hanno un effetto più grande di quello causato dal passaggio di un’onda gravitazionale. Isolare da ogni effetto esterno i rivelatori era, ed è, una sfida estremamente difficile. Per questo si pensò di utilizzare la tecnica degli interferometri laser molto distanti tra loro per selezionare solo i segnali che venivano registrati da entrambi.
Nel frattempo, i radioastronomi avevano fornito prove inconfutabili dell’esistenza delle onde gravitazionali prodotte da stelle di neutroni che danzano in un sistema binario, ma si trattava di una evidenza indiretta. Gli interferometri laser, invece, volevano rilevare direttamente la distorsione, nonostante il rumore sismico e antropico del nostro pianeta fosse preponderante. Questo non aveva dissuaso un folto gruppo di scienziati che avevano deciso di dedicarsi alla caccia dell’increspatura infinitesimale. Così negli Stati Uniti era nato Ligo, composto da due rivelatori posti il più distante possibile, uno nello stato di Washington e uno in Louisiana, in modo che i disturbi di uno fossero diversi dai disturbi dell’altro. In Europa era nata la collaborazione Ego (European Gravitational Observatory), che vedeva Italia e Francia giocare un ruolo prominente per costruire un interferometro nella campagna vicino a Pisa. Lo strumento era stato chiamato Virgo, con riferimento all’ammasso della Vergine.
Ligo e Virgo unirono le forze nel 2007 al fine di migliorare il potenziale di scoperta grazie ad una migliore localizzazione degli eventi resa possibile da una sorta di triangolazione tra gli strumenti. Tuttavia il tempo passava e i risultati non c’erano. Per alcuni era una sfida a fare sempre meglio, per altri era demoralizzante. Barsuglia racconta che uno dei suoi colleghi teneva sulla scrivania una copia del Deserto dei tartari perché si sentiva come il protagonista che passava la vita ad aspettare il nemico che non arrivava mai.
Invece, per fortuna, nel 2015 lo strumento Ligo, reso più sensibile da diverse migliorie tecnologiche, ha iniziato la sua prima campagna osservativa con un botto neanche tanto metaforico. Un segnale talmente forte che gli stessi sperimentatori facevano fatica a credere fosse reale. La fusione di due buchi neri di 30 masse solari ciascuno, avvenuta 1,3 miliardi di anni fa, ha travolto gli scienziati. Ma la notizia doveva essere tenuta segreta: mille fisici dovevano coordinarsi per scrivere un articolo epocale senza lasciare che nulla trapelasse. Poi è arrivato il momento della conferenza stampa trionfale alla National Science Foundation a Washington, dove Barsuglia partecipa in rappresentanza del contributo francese a Virgo che, purtroppo, ancora non funziona. Finalmente inizia a operare nell’agosto 2017 e contribuisce a un altro risultato epocale: la rivelazione dell’onda gravitazionale causata dalla fusione di sue stelle di neutroni che emettono anche un segnale gamma seguito da uno ottico localizzato nella galassia Ngc 4993. Questa volta l’articolo della scoperta viene scritto da un gruppo più numeroso: tra fisici gravitazionali, astronomi gamma, astronomi X e astronomi ottici il conteggio degli autori arriva a 3600. Per la cronaca, ci sono anch’io, ed è uno dei miei articoli più citati.