Più di un terzo della materia ordinaria dell’universo – quella visibile che costituisce stelle, pianeti, galassie e la vita stessa – risulta mancare all’appello. Pur non essendo ancora stata osservata direttamente, questa materia è considerata indispensabile per far funzionare correttamente i nostri modelli. Tali modelli suggeriscono che potrebbe risiedere in lunghe strutture di gas, o filamenti, che collegano le regioni più dense dello spazio. Anche se in passato sono già stati individuati alcuni filamenti, risulta difficile analizzarne le proprietà: sono infatti tipicamente deboli, il che rende complicato isolare la loro luce da quella emessa da galassie, buchi neri e altri oggetti circostanti.
Mentre la materia oscura e l’energia oscura costituiscono rispettivamente circa il 25 e il 70 per cento dell’universo osservabile, la materia ordinaria – quella che forma tutto ciò che possiamo vedere, dalle stelle alle galassie, dai pianeti alle persone – rappresenta solo circa il 5 per cento. Di questa (piccola) percentuale, le stelle costituiscono appena il 7 per cento; il gas freddo interstellare che permea le galassie, ossia la materia prima per la formazione stellare, ammonta a circa l’1,8 per cento, mentre il gas caldo e diffuso negli aloni che circondano le galassie rappresenta circa il 5 per cento. Il gas ancora più caldo che riempie gli ammassi di galassie – le più grandi strutture cosmiche tenute insieme dalla gravità – ne costituisce un ulteriore 4 per cento. Nel corso degli anni, gli scienziati sono riusciti a individuare una buona parte di materia barionica intergalattica, soprattutto la sua componente fredda (circa il 28 per cento) e la sua componente calda (circa il 15 per cento). Tuttavia, manca all’appello circa un terzo di materia barionica. Crediti: Esa, Space Science, Xmm/Newton
Ora, una nuova ricerca è riuscita a individuare e caratterizzare con precisione un singolo filamento di gas caldo che si estende tra quattro ammassi di galassie nel vicino universo. «Per la prima volta, i nostri risultati corrispondono fedelmente a quanto previsto dal nostro principale modello cosmologico, cosa che non era mai accaduta prima», afferma Konstantinos Migkas dell’Osservatorio di Leiden, nei Paesi Bassi, primo autore dello studio. «Sembra che le simulazioni abbiano sempre avuto ragione».
Con una temperatura superiore ai 10 milioni di gradi, il filamento contiene circa dieci volte la massa della Via Lattea e collega quattro ammassi di galassie: due da un lato e due dall’altro. Tutti e quattro gli ammassi appartengono al Superammasso di Shapley, un insieme di oltre 8mila galassie che costituisce una delle strutture più massicce dell’universo locale. Il filamento si estende in diagonale attraverso il superammasso per circa 23 milioni di anni luce, una distanza equivalente ad attraversare la Via Lattea da un capo all’altro per circa 230 volte.
Questa immagine mostra il nuovo filamento scoperto, che collega quattro ammassi di galassie: due situati a un’estremità e due all’altra. Gli ammassi sono visibili come punti luminosi nella parte inferiore e superiore del filamento (quattro punti bianchi circondati da un alone colorato). Tra questi punti si estende una banda di colore viola, che risalta nettamente contro lo sfondo nero del cielo: si tratta del filamento di gas caldo, mai osservato prima, che emette deboli raggi X e che potrebbe contenere parte della materia “mancante” dell’universo. La banda viola rappresenta i dati raccolti dal telescopio Suzaku. Grazie alle osservazioni di Xmm-Newton, gli astronomi sono riusciti a identificare e rimuovere tutte le possibili sorgenti “contaminanti” X presenti nel filamento, come i buchi neri supermassicci, isolando così un segnale puro di materia “mancante”. Queste sorgenti contaminanti appaiono qui come punti luminosi distribuiti lungo il filamento e sono state accuratamente eliminate dall’analisi. Crediti: Esa/Xmm-Newton and Isas/Jaxa
Konstantinos e i suoi colleghi hanno caratterizzato il filamento combinando osservazioni ai raggi X effettuate dai telescopi Xmm-Newton e Suzaku con l’analisi di dati ottici raccolti da altri telescopi. I due telescopi a raggi X si sono rivelati partner ideali. Suzaku ha mappato la debole emissione a raggi X del filamento su un’ampia regione dello spazio, mentre Xmm-Newton ha individuato con grande precisione le sorgenti “contaminanti” a raggi X, ossia i buchi neri supermassicci situati all’interno del filamento. «Grazie a Xmm-Newton abbiamo potuto identificare e rimuovere questi contaminanti cosmici, così da essere certi di osservare esclusivamente il gas nel filamento», aggiunge il coautore Florian Pacaud dell’Università di Bonn, in Germania. «Il nostro approccio si è dimostrato davvero efficace e conferma che il filamento è esattamente come previsto dalle migliori simulazioni su larga scala dell’universo».
Questa immagine rappresenta una simulazione della “ragnatela cosmica”, la vasta rete di filamenti che si estende in tutto l’universo. Stelle, galassie e ammassi di galassie nascono nei nodi più densi di questa ragnatela e rimangono collegati da vasti fili che si estendono per molti milioni di anni luce. L’inquadratura è centrata su un ammasso di galassie. I colori cambiano da sinistra a destra, rappresentando la densità di materia oscura (a sinistra, in blu-viola) e la densità di gas (a destra, in rosso-arancio). Crediti: Esa, Illustris
Oltre a rivelare un enorme e inedito filamento di materia che attraversa l’universo locale, la scoperta mostra come alcune delle strutture più dense ed estreme dell’universo – gli ammassi di galassie – siano collegate tra loro a distanze colossali. Inoltre, getta nuova luce sulla natura stessa della “rete cosmica”, la vasta e invisibile ragnatela di filamenti che costituisce l’impalcatura dell’universo e su cui si fonda la distribuzione di tutta la materia visibile.
«Questa ricerca è un ottimo esempio di collaborazione tra telescopi e stabilisce un nuovo punto di riferimento per individuare la luce proveniente dai deboli filamenti della rete cosmica», conclude Norbert Schartel, scienziato del progetto Xmm-Newton. «Ancora più fondamentale, rafforza il nostro modello cosmologico standard e convalida decenni di simulazioni: sembra proprio che la materia “mancante” possa davvero nascondersi in sottili filamenti difficili da osservare, intrecciati attraverso l’universo».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Detection of pure warm-hot intergalactic medium emission from a 7.2 Mpc long filament in the Shapley supercluster using X-ray spectroscopy” di K. Migkas, F. Pacaud, T. Tuominen e N. Aghanim