In una notte limpida, la Luna che vediamo in cielo è la stessa che osservavano i primi esseri umani comparsi sulla Terra. Da miliardi di anni, ci mostra sempre la stessa faccia: un volto segnato da grandi distese scure, i cosiddetti “mari”, e da altipiani chiari. Si ritiene che la Luna si sia formata circa 4,5 miliardi di anni fa, in seguito a un colossale impatto tra la Terra e un corpo celeste delle dimensioni di Marte, noto come Theia. L’energia liberata da questa collisione avrebbe generato un oceano di magma che avvolse sia la Terra sia la giovane Luna. Il successivo raffreddamento di questo magma avrebbe dovuto dare origine a una Luna solida e relativamente omogenea, con una crosta simile su tutta la superficie. Tuttavia, non è andata così. L’emisfero rivolto verso di noi, chiamato lato visibile della Luna, è molto diverso dalla sua metà opposta, il lato nascosto. Quest’ultimo è caratterizzato da un paesaggio più chiaro e montuoso, con pochissime tracce dei mari scuri presenti invece sul lato visibile.
Circa 4,5 miliardi di anni fa, la Luna era coperta da un oceano di magma. La solidificazione dovrebbe aver prodotto una crosta ricca di plagioclasio. Questa appare solo nel nascosto della Luna, mentre il lato vicino è in gran parte coperto da scuro basalto. Crediti: Jiejun Jing
I “mari” lunari scuri, o maria in latino, sono composti da magmi basaltici diffusi, eruttati per lo più circa 3,5 miliardi di anni fa sul lato vicino, con pochissime eruzioni sul lato lontano. Ciò evidenzia una storia evolutiva distinta per questi due emisferi. Perché e come è successo? Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications, il segreto che ha trasformato la Luna in due mondi così diversi potrebbe essere sepolto nelle minuscole quantità di alogeni (ad esempio, fluoro e cloro) presenti nei campioni lunari.
Le concentrazioni di alogeni nei minerali lunari offrono quindi una finestra preziosa sull’evoluzione della Luna. Tuttavia, la nostra comprensione di come questi elementi vengano incorporati nei minerali e nelle rocce fuse è ancora limitata, e ciò ne ha ostacolato l’applicazione nei modelli evolutivi.
Per superare questo ostacolo, un team di ricercatori del Geodynamics Research Center dell’Università di Ehime (Giappone), in collaborazione con colleghi dell’Università di Münster (Germania) e della Vrije Universiteit di Amsterdam (Paesi Bassi), ha condotto esperimenti in condizioni di alta pressione e alta temperatura che hanno permesso di ottenere nuovi dati fondamentali su come il cloro si distribuisce tra i minerali lunari e il magma con cui coesistono.
Integrando le abbondanze di alogeni misurate in campioni di crosta lunare con modelli dell’evoluzione dell’interno lunare, i ricercatori hanno scoperto che i campioni provenienti dal lato visibile della Luna sono sorprendentemente ricchi di cloro. Al contrario, le rocce del lato nascosto non mostrano lo stesso arricchimento. I ricercatori forniscono prove che collegano questo arricchimento all’incorporazione di composti gassosi del cloro da parte delle rocce lunari vicine. Una scoperta, questa, che contribuisce a spiegare perché i due emisferi lunari abbiano seguito percorsi evolutivi così diversi.
Questa scoperta indica l’esistenza di un vapore diffuso ricco di cloruri – con il cloro probabilmente presente sotto forma di composti metallici – soprattutto sul lato visibile della Luna, suggerendo che la presenza di tale vapore potrebbe essere direttamente collegata alla dicotomia tra i due emisferi lunari. Considerando che il cloro è un elemento altamente volatile, è possibile che questo metasomatismo in fase di vapore sia stato innescato da eventi di degassamento – provocati da impatti o eruzioni – associati alle vaste distese di basalti che compongono i maria lunari nella regione del Procellarum Kreep. Al contrario, le rocce crostali provenienti dal lato nascosto della Luna, che non mostrano arricchimenti in cloro, sembrano essersi formate da magmi originati nell’interno lunare circa 4,3 miliardi di anni fa. Attraverso la modellazione del rapporto tra fluoro e cloro, i ricercatori hanno identificato un tipo particolare di roccia crostale lunare – la cosiddetta Mg-suite – proveniente probabilmente da un mantello profondo che conterrebbe tracce residue dell’antico oceano magmatico lunare formatosi circa 4,5 miliardi di anni fa, poco dopo la nascita della Luna.
I vapori ricchi di cloro, rilasciati durante eruzioni vulcaniche o generati dall’evaporazione causata da impatti, hanno avuto un ruolo cruciale nel modellare il lato visibile della Luna. Queste attività hanno alterato in modo significativo la chimica della superficie, contribuendo alla sua evoluzione unica. Al contrario, il lato nascosto della Luna è rimasto al riparo da tali processi. La sua crosta, non influenzata dai vapori vulcanici, ha conservato una composizione più primitiva, preservando preziose informazioni sull’antico oceano magmatico lunare, formatosi poco dopo la nascita del nostro satellite. Questa scoperta sottolinea l’importanza scientifica delle missioni lunari più recenti, che hanno rivolto la loro attenzione proprio al lato lontano della Luna, svelando nuovi indizi sull’origine e l’evoluzione del nostro satellite naturale.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Halogen abundance evidence for the formation and metasomatism of the primary lunar crust” di Jie-Jun Jing, Jasper Berndt, Hideharu Kuwahara, Stephan Klemme & Wim van Westrenen