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Che fine faranno i massi di Dimorphos?

Non finiranno sulla Terra, ma probabilmente colpiranno Marte. Sono i massi che si sono staccati dalla superficie di Dimorphos dopo l’impatto con la sonda Dart. Un nuovo studio, primo nel suo genere, ne calcola l’evoluzione orbitale e avverte che, per future missioni come Dart, vere o simulate, i calcoli sul destino dei prodotti di collisione sono fondamentali. Con le spiegazioni del primo autore, Marco Fenucci, dell’Esa

     28/02/2024

Marco Fenucci, ricercatore del Neo Coordination Centre dell’Agenzia spaziale europea, a Frascati, e primo autore dello studio sul destino orbitale dei detriti di Dimorphos. Crediti: Jelena Jokić

Meno di due mesi dopo l’impatto della sonda Dart sull’asteroide di 160 metri di diametro Dimorphos, in configurazione binaria con Didymos, a undici milioni di chilometri dalla Terra, il telescopio spaziale Hubble ha immortalato 37 massi vaganti da cinque a dieci metri di diametro che si sono staccati dalla superficie. Frammenti di asteroide che non sarebbero stati prodotti dall’impatto, ma che erano già presenti sul corpo celeste e si sarebbero staccati a causa dell’urto. Dove andranno a finire? Per rispondere a questa domanda, due ricercatori – Marco Fenucci dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e Albino Carbognani dell’Inaf – hanno fatto delle simulazioni al computer. I risultati sono stati pubblicati questo mese in un articolo su Mnras.

Prima di cominciare, mettiamo le cose in chiaro. La risposta è no: non c’è il rischio che arrivino qui sulla Terra. Non quelli di Dimorphos, almeno. Per saperlo con precisione gli autori hanno calcolato l’evoluzione orbitale dei massi nei prossimi 20mila anni utilizzando simulazioni numeriche, e hanno visto che la distanza tra i due punti più vicini delle orbite dei due corpi – un parametro chiamato Moid (letteralmente minimum orbit intersection distance) – avrà un minimo di 0.02 unità astronomiche fra 2500 anni e poi aumenterà. I calcoli considerano la velocità dei detriti misurata dallo Hubble Space Telescope e, per tenere conto dell’incognita sulla direzione presa, simulano l’evoluzione di un numero molto elevato di massi, in modo da non escludere alcuna configurazione simile al reale.

La Terra è dunque salva, dicevamo, ma il punto è un altro: con la missione Dart, e più in generale la possibilità di deviare asteroidi per mezzo di un impattore cinetico, si apre un nuovo capitolo nella mitigazione del rischio da impatto e, prima di agire, bisogna fare attenzione e tenere conto anche dell’evoluzione orbitale dei prodotti della collisione perché questi possono costituire un ulteriore rischio.

«Una delle ragione per cui il sistema binario Didymos-Dimorphos era stato scelto come target della missione Dart è che la coppia di asteroidi si manterrà sempre molto lontana dalla Terra, per cui era un obiettivo perfetto per lo scopo della missione», spiega a Media Inaf  Marco Fenucci, dottorato in matematica e dal 2022 membro del team del Near Earth Objects Coordination Centre (Neocc) dell’Esa, dove si occupa del calcolo delle orbite degli asteroidi vicini alla Terra e delle loro probabilità di impatto sul nostro pianeta. È il primo autore di questo articolo, che costituisce il primo lavoro pubblicato sull’argomento.

Quando Dart è stato concepito, ricorda Fenucci, non si conosceva ancora il tipo di materiale presente sulla superficie di Dimorphos. Prima delle missioni Hayabusa-2 ed Osiris-Rex, dirette rispettivamente agli asteroidi Ryugu e Bennu, si pensava addirittura che piccoli asteroidi come Dimorphos fossero dei blocchi monolitici, e che quindi non presentassero piccoli massi sulla loro superficie. Per questo, l’eventualità dell’espulsione di questi massi non era stata tenuta in considerazione.

«Con il nostro lavoro suggeriamo che, durante la pianificazione di una missione di deflessione, si debba fare uno step in più, e studiare anche l’evoluzione orbitale del materiale espulso durante, in modo da non creare ulteriori oggetti a rischio di impatto», dice Albino Carbognani, ricercatore all’Inaf di Bologna e secondo autore dello studio. «Non si sapeva esattamente che cosa aspettarsi nell’impatto di Dart e le stime della variazione del periodo orbitale erano fatte considerando semplicemente la conservazione della quantità di moto, senza entrare nei dettagli delle dimensioni dei frammenti emessi. Nessuno aveva previsto o studiato preventivamente l’evoluzione orbitale di possibili boulder, infatti fecero scalpore le osservazioni di Hubble, nessuno se li aspettava così grandi e rilevabili da Terra».

L’oggetto bianco e luminoso in basso a sinistra è l’asteroide Dimorphos. Ha una coda di polvere blu che si estende in diagonale in alto a destra. Un gruppo di punti blu circonda l’asteroide. Si tratta di massi che sono stati staccati dall’asteroide quando, il 26 settembre 2022 (in Italia era già il 27), la Nasa ha deliberatamente colpito l’asteroide con la sonda impattatrice Dart, per capire cosa occorrerebbe per deviare un futuro asteroide in rotta di collisione con la Terra. La fotografia scattata da Hubble è del dicembre 2022. Crediti: Nasa, Esa, D. Jewitt (Ucla)

Il sistema Dydimos-Dimorphos è quindi fortunato, perché la sua orbita non incontra mai quella della Terra. Conosciamo bene però altri asteroidi, come ad esempio Bennu e Apophis, la cui orbita incontra già quella della Terra e che possono arrivare davvero molto vicini al nostro pianeta.

«La superficie di Bennu presenta delle similitudini con quella di Dimorphos, nel senso che grazie alle immagini riprese dalla sonda Osiris-Rex sappiamo che ci sono dei massi della taglia di diversi metri sulla sua superficie», spiega Fenucci. «Se si tentasse quindi di deflettere un asteroide come Bennu con una missione come Dart, alcuni di questi massi verrebbero espulsi dalla superficie, e anche loro molto probabilmente finirebbero su un’orbita che incrocia quella della Terra. Nel caso si verificasse un rischio concreto di collisione con la Terra si dovrà procedere con una missione di mitigazione, specialmente con un asteroide della taglia di Bennu o di Apophis. Stiamo parlando di asteroidi di qualche centinaio di metri di diametro. Missioni di questo genere, tipicamente, mirano a spostare di poco l’asteroide, in modo che la Terra venga mancata durante l’approccio ravvicinato. Tuttavia, come dimostrato dall’impatto di Dart, massi della taglia di alcuni metri possono essere espulsi durante l’impatto, creando ulteriori oggetti in grado di colpire la Terra. Anche se l’impatto di oggetti di questo tipo ha delle conseguenze molto minori rispetto a quello di un asteroide di centinaia di metri, possono comunque causare dei danni a livello locale, come abbiamo visto nell’impatto avvenuto sopra Chelyabinsk nel 2013. È quindi necessario capire se massi del genere vengano espulsi durante l’impatto, ed eventualmente studiarne il loro destino orbitale».

Che i massi separati dalla superficie di Dimorphos non possano giungere fin qui, è consolatorio per il genere umano. Tuttavia, il problema riguarda ancora alcuni di noi. Ingegneri, tecnici e scienziati dell’Agenzia spaziale europea, e non solo, che sono impegnati nella missione Hera che andrà a vedere da vicino il luogo dell’impatto di Dart. Sarà importante, per loro, conoscere bene la posizione, il numero e l’evoluzione delle traiettorie di questi massi per evitarli – in primis – o anche per essere in grado di osservarli e riprenderli nel caso si siano allontanati dall’asteroide.

Infine, messa da parte la paura, è naturale chiedersi che fine faranno davvero questi massi.

«Dal nostro lavoro abbiamo calcolato che i massi espulsi durante l’impatto di Dart potrebbero impattare con Marte in due possibili occasioni, una fra seimila anni e l’altra fra 15mila anni, e che l’atmosfera marziana non sarebbe in grado di fermarli», conclude Fenucci. «Arriverebbero direttamente al suolo, scavando dei crateri di impatto di circa cento metri di diametro. Questo implica che le meteoriti che arrivano sulla Terra, che si originano tipicamente da meteoroidi della taglia di circa un metro di diametro, possono avere origine dalle collisioni che avvengono su asteroidi vicini alla Terra».

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