LO STUDIO SU NATURE COMMUNICATIONS

El Gordo: ecco le linee del suo campo magnetico

Grazie a una tecnica innovativa, un gruppo internazionale di ricerca è riuscito a tracciare gli enigmatici campi magnetici che permeano cinque colossali ammassi di galassie, incluso il monumentale El Gordo, risalente a quando l’universo aveva circa 6,2 miliardi di anni. Chiara Stuardi (Inaf): «Questo approccio ci offre un modo nuovo per osservare e comprendere la distribuzione del campo magnetico in regioni che erano inaccessibili ai metodi tradizionali»

     06/02/2024

Immagine dell’ammasso “El Gordo” osservato dal Chandra X-ray Observatory e da telescopi ottici a terra. Il campo magnetico visualizzato dalle linee di flusso è sovrapposto all’immagine. Crediti: Nasa/Esa/Csa; Hu et al., 2023

Un gruppo internazionale di ricerca è riuscito a tracciare per la prima volta il più esteso campo magnetico all’interno di un ammasso di galassie. L’ammasso in questione è quello di “El Gordo”, il più massiccio mai osservato a grandi distanze, risalente a quando l’universo aveva circa 6,2 miliardi di anni, poco meno di metà della sua età attuale. I risultati – pubblicati su Nature Communications – offrono nuove fondamentali indicazioni per la comprensione della composizione e del processo di evoluzione degli ammassi di galassie.

«I risultati che abbiamo ottenuto pongono le basi per nuove importanti esplorazioni, su scale che fino ad ora erano inaccessibili», dice Annalisa Bonafede, professoressa al Dipartimento di fisica e astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. «Riuscire ad approfondire i misteri del magnetismo ci può aiutare a comprendere meglio i suoi effetti sull’evoluzione della struttura a grande scala dell’universo».

Formati da enormi quantità di galassie, di gas e di misteriosa materia oscura, gli ammassi di galassie sono gli elementi centrali che compongono la più grande struttura del nostro universo: la ragnatela cosmica. Questi ammassi non sono però solo ancore gravitazionali attorno a cui si raccolgono grandi quantità di materia, ma anche spazi dinamici profondamente influenzati dal magnetismo. I campi magnetici che si trovano all’interno degli ammassi di galassie sono infatti cruciali per modellare l’evoluzione del gas contenuto in questi giganti cosmici: dirigono i flussi termici e di accrescimento e sono fondamentali sia per accelerare che per confinare le particelle cariche ad alta energia e i raggi cosmici.

Chiara Stuardi, ricercatrice all’Inaf Ira di Bologna e seconda autrice dello studio pubblicato oggi su Nature Communications, accanto a un’immagine dell’ammasso “El Gordo”. Crediti: Media Inaf

Le grandi distanze a cui si trovano gli ammassi di galassie e le complesse interazioni tra flussi di gas che avvengono al loro interno rendono però estremamente difficile riuscire a mappare i campi magnetici su scale così vaste.

Per riuscirci, gli studiosi hanno applicato una tecnica innovativa – nota come Synchrotron Intensity Gradients (Sig) – sviluppata dal gruppo di ricerca dell’Università del Wisconsin-Madsion, guidato da Alexandre Lazarian. In questo modo, grazie a osservazioni realizzate con i radiotelescopi Very Large Array (Vla) e MeerKat, gli studiosi sono riusciti a tracciare i campi magnetici rivelati dall’emissione radio proveniente da cinque ammassi di galassie, compreso El Gordo.

«L’utilizzo di questo approccio innovativo ci offre un modo nuovo per osservare e comprendere la distribuzione del campo magnetico in regioni che erano inaccessibili ai metodi tradizionali», commenta Chiara Stuardi, ricercatrice dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) a Bologna, secondo nome dello studio. «Dopo questi risultati straordinari possiamo pensare di applicare il metodo Sig per analizzare strutture cosmiche ancora più grandi, come i filamenti che mettono in connessione gli ammassi di galassie. Queste enormi strutture potranno essere osservate solo con radiotelescopi di ultimissima generazione come Ska, lo Square Kilometre Array».

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