LO STUDIO È PUBBLICATO SU PLANETARY SCIENCE JOURNAL

Origine comune per i lobi di Arrokoth

Un nuovo studio guidato da Alan Stern, principal investigator della missione New Horizons della Nasa, avanza l’idea che i grandi tumuli che dominano l'aspetto del lobo più grande di Arrokoth, l’oggetto transnettuniano più lontano dal Sole che sia mai stato visitato e ripreso da una sonda spaziale, siano abbastanza simili tra loro da suggerire un'origine comune

     12/10/2023

Secondo un nuovo studio guidato da Alan Stern, le grandi strutture a tumulo che dominano uno dei lobi di Arrokoth sono abbastanza simili da suggerire un’origine comune. Crediti: SwRI

Un nuovo studio pubblicato su Planetary Science Journal guidato da Alan Stern, del Southwest Research Institute e principal investigator della missione New Horizons della Nasa, avanza l’idea che i grandi tumuli – di circa 5 chilometri di larghezza – che dominano l’aspetto del lobo più grande di Arrokoth, siano abbastanza simili tra loro da suggerire un’origine comune.

Lo studio è basato sui dati della sonda spaziale New Horizons, che nel 2019 ha effettuato un sorvolo ravvicinato di Arrokoth. Ricordiamo che si tratta dell’oggetto transnettuniano più lontano dal Sole che sia mai stato visitato e ripreso da una sonda spaziale. Conosciuto anche come Ultima Thule, è un corpo primordiale del Sistema solare scoperto il 26 giugno 2014 dal telescopio spaziale Hubble, lungo 36 chilometri e composto da due planetesimi di 21 e 15 chilometri di diametro, chiamati rispettivamente Wenu e Weeyo, uniti lungo i loro assi principali a livello del “collo”, un restringimento evidente nella figura accanto.

Dai dati ottenuti dal sorvolo ravvicinato della New Horizons, Stern e coautori hanno identificato 12 tumuli sul lobo più grande di Arrokoth che hanno quasi la stessa forma, dimensione, colore e riflettività. Hanno anche identificato provvisoriamente altri tre tumuli sul lobo più piccolo dell’oggetto. «È sorprendente vedere questo oggetto così ben conservato, e la cui forma rivela direttamente i dettagli del modo in cui si è formato da una serie di elementi costitutivi tutti molto simili tra loro», afferma Will Grundy dell’Osservatorio Lowell, coautore dello studio.

Le osservazioni di Arrokoth suggeriscono che si sia formato da un assemblaggio di oggetti di dimensioni simili, radunatisi a bassa velocità in un’area locale sottoposta a collasso gravitazionale. Questi risultati supportano il modello di instabilità nel flusso della formazione dei planetesimi. Crediti: New Horizons/ Nasa/ Jhuapl/ SwRI/ James Tuttle Keane

La geologia di Arrokoth supporta il modello di instabilità del flusso di formazione planetesimale in cui le velocità di collisione di pochi chilometri all’ora hanno consentito agli oggetti di accumularsi “delicatamente” per costruire Arrokoth, in una zona della nebulosa solare soggetta a collasso gravitazionale.

«Le somiglianze, comprese le dimensioni e altre proprietà, delle strutture dei tumuli di Arrokoth suggeriscono nuove idee sulla sua formazione», afferma Stern. «Se i tumuli sono di fatto rappresentativi degli elementi costitutivi degli antichi planetesimi come Arrokoth, allora i modelli di formazione planetesimale dovranno spiegare la dimensione preferita per questi elementi costitutivi».

È molto probabile che alcuni degli obiettivi dei flyby della missione Lucy della Nasa verso gli asteroidi troiani di Giove e di Comet Interceptor dell’Esa, siano altri planetesimi incontaminati, che potrebbero contribuire alla comprensione dei meccanismi di accrescimento dei planetesimi in altre parti del Sistema solare primordiale, e confrontarli con i processi riscontrati da New Horizons nella fascia di Kuiper. «Sarà importante cercare strutture simili a tumuli sui planetesimi osservati da queste missioni» conclude Stern, «per vedere quanto comune sia questo fenomeno, come ulteriore guida alle teorie sulla formazione dei planetesimi».

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