LE PRIME OSSERVAZIONI DELLO STRUMENTO SERENA

BepiColombo osserva la magnetosfera di Mercurio

Con l'esperimento Serena, ideato per lo studio dell’ambiente particellare del primo pianeta del Sistema solare e installato sul satellite Mercury Planetary Orbiter della missione BepiColombo, i ricercatori hanno catturato gli spettrogrammi in energia delle particelle misurate sia fuori che dentro la magnetosfera di Mercurio. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications

     13/12/2022

BepiColombo ha fatto centro. Un team di ricercatori guidati dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) riporta, in un articolo pubblicato il 30 novembre su Nature Communications, le prime osservazioni della magnetosfera di Mercurio effettuate con l’esperimento Serena (Search for Exosphere Refilling and Emitted Neutral Abundances), montato a bordo della missione Esa-Jaxa per lo studio di Mercurio. La suite di strumenti Serena, a guida Inaf, ha effettuato misure senza precedenti di particelle sia solari che planetarie con due dei suoi quattro strumenti, Picam e Mipa, già operativi. Gli altri due strumenti, Strofio ed Elena, inizieranno a lavorare dopo la messa in orbita. Il tutto con il supporto dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).

La figura mostra gli spettrogrammi in energia delle particelle misurate, sia fuori che dentro la magnetosfera di Mercurio, con lo strumento Serena a bordo della missione BepiColombo di Esa-Jaxa. Crediti: S. Orsini, T. Alberti, A. Varsani, S. Barabash / Nature Communications

I ricercatori hanno catturato gli spettrogrammi in energia delle particelle misurate sia fuori che dentro la magnetosfera di Mercurio. I dati descritti nello studio fanno riferimento al primo volo ravvicinato della sonda attorno a Mercurio, nell’ottobre 2021.

«Ogni osservazione», spiega Stefano Orsini, ricercatore dell’Inaf di Roma e responsabile scientifico di Serena, «ha evidenziato fenomeni sorprendenti e inattesi. Fuori della magnetosfera sono stati osservati degli eventi energetici sovrapposti al tipico vento solare emanato dalla nostra stella madre. Inoltre, un segnale a bassa energia sembra indicare la presenza di gas proveniente dal satellite, che nello spazio continua a rilasciare particelle per effetto dell’esposizione a forti sbalzi termici. Di tale “inquinamento” si dovrà tenere conto per separarlo dal segnale esterno che si vuole studiare».

Serena è stato ideato per lo studio dell’ambiente particellare del primo pianeta del Sistema solare. Installato sul satellite Mercury Planetary Orbiter (Mpo), tecnicamente Serena è un rilevatore di particelle energetiche cariche e neutre emesse dalla superficie del pianeta come effetto dell’impatto di ioni energetici, provenienti sia dal vento solare che dalla magnetosfera.

«Ci sono i segni di diversi regimi di plasma rispetto a quelli terrestri», prosegue Orsini, descrivendo la magnetosfera di Mercurio. «Ciò è dovuto sia al campo magnetico del pianeta, molto più debole rispetto a quello terrestre, sia alla estrema vicinanza al Sole, che fa di Mercurio il pianeta più “stressato” dalla radiazione solare di tutto il sistema planetario».

«Le misure della suite Serena durante il primo flyby di Mercurio dimostrano la varietà di obiettivi scientifici che possono essere indagati in questo straordinario laboratorio naturale», sottolinea Christina Plainaki, ricercatrice nelle scienze del Sistema solare e Asi project scientist per BepiColombo/Serena. «Particolare rilievo assumono le indagini delle interazioni fra il vento solare e la peculiare magnetosfera del pianeta, in configurazioni non trovate altrove nel Sistema solare e capaci pertanto di offrirci indicazioni fondamentali sulla fisica alla base di questi processi».

In tutto, gli strumenti italiani a bordo della sonda spaziale lanciata nel 2018 sono quattro: oltre a Serena, Simbio-Sys (Spectrometers and Imagers for Mpo BepiColombo Integrated Observatory), Isa (Italian Spring Accelerometer) e More (Mercury Orbiter Radio science Experiment). L’arrivo della missione su Mercurio è previsto nel 2025. Dopo i cinque voli ravvicinati già effettuati (attorno alla Terra e a Venere nel 2020, un secondo in prossimità di Venere e i primi due di Mercurio nel 2021 e nel 2022), saranno necessari altri quattro flyby del pianeta più vicino al Sole prima di poter inserire nella sua orbita le due sonde che compongono la missione: l’Mpo dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e il Mercury Magnetospheric Orbiter (Mmo) dell’Agenzia spaziale giapponese (Jaxa).

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