OSSERVATO CON L’INTERFEROMETRIA RADIO DA TERRA E DALLO SPAZIO

Cuore di blazar

Utilizzando i dati ottenuti da una rete di tredici antenne distribuite tra la Terra e lo spazio, operanti in modalità interferometrica Vlbi, un team di astronomi è riuscito a ottenere le immagini radio con la più alta risoluzione mai raggiunta del cuore del blazar Oj 287. Le immagini supportano l'ipotesi secondo cui ad alimentare la galassia attiva vi sia non uno ma due buchi neri. Fra gli autori dello studio, Gabriele Bruni dell'Inaf Iaps di Roma

     08/02/2022

L’universo è uno zoo di oggetti esotici. Tra questi ci sono i blazar: galassie contenenti un buco nero supermassiccio al centro i cui getti – particelle di plasma accelerate a velocità prossime a quella della luce – sono orientati lungo la nostra linea di vista. Oj 287 è uno degli esempi più rappresentativi di questi oggetti celesti. Si tratta di un tipo particolare di nucleo galattico attivo, appartenente, per essere precisi, alla classe dei BL Lacertae, dal nome del prototipo di queste sorgenti scoperto nel 1929 dall’astronomo tedesco Cuno Hoffmeister.

Illustrazione artistica del candidato sistema binario di buchi neri al centro del blazar Oj 287. Crediti: Aas 2018

Oj 287 si trova a cinque miliardi di anni luce dalla Terra in direzione della costellazione del Cancro ed è l’unico blazar che conosciamo nel nostro vicinato cosmico con un candidato sistema binario di buchi neri supermassicci al centro. Una delle sue caratteristiche principali è l’emissione ogni dodici anni di bagliori osservabili alla lunghezza d’onda del visibile, accompagnata da emissione multi-lunghezza d’onda di plasma che fuoriesce dal nucleo della galassia ospite sotto forma di un getto bipare ben collimato. Mentre infatti nella maggioranza dei nuclei galattici attivi la materia vicina al buco nero viene inghiottita completamente, nei blazar parte di questa materia viene incanalata dall’azione dell’intenso campo magnetico lì presente, sfugge all’enorme attrazione gravitazionale e viene espulsa a velocità prossime a quella della luce.

La comprensione dell’origine e della fenomenologia di questi getti relativistici è una delle frontiere della moderna ricerca astronomica. L’interferometria di base molto lunga (Vlbi) è una tecnica di osservazione astronomica che consente di studiare la struttura fine di queste emissioni di materia.

Un team internazionale di astronomi, che comprende diversi ricercatori dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía (Csic) e del Max Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn, utilizzando i dati ottenuti tramite interferometria, insieme a misurazioni polarimetriche – utili per avere informazioni sui campo magnetici – è riuscito a mappare in dettaglio il getto di questa galassia attiva.

Illustrazione che mostra gli array di radiotelescopi coinvolti nello studio, RadioAstron, Gmva e Vlba (a sinistra) e le immagini radio prese a tre diverse lunghezze d’onda e risoluzioni del getto curvo nella galassia attiva Oj 287 (a destra). Crediti: Eduardo Ros (Mpifr)/ Gómez et al. (The Astrophysical Journal, 2022)/worldmapgenerator.com/ Lavochkin Association

Più in dettaglio, per raggiungere lo scopo, gli astronomi hanno fatto uso dei dati interferometrici provenienti da una squadra di dodici radiotelescopi distribuiti in tutto il mondo (tra i quali l’antenna Inaf della stazione Radioastronomica di Noto, in Sicilia) e dell’antenna orbitante di 10 metri del radiotelescopio spaziale russo RadioAstron, formando in questo modo l’equivalente di un telescopio virtuale con un diametro di 350mila chilometri. L’elaborazione di questi dati ha permesso di ottenere immagini radio del getto del blazar con una risoluzione senza precedenti.

Le osservazioni con il radiotelescopio spaziale Radioastron, sono state effettuate alla lunghezza d’onda di 1,3 cm. A queste si sono aggiunte ulteriori osservazioni Vlbi effettuate con telescopi terrestri a lunghezze d’onda di 2, 0,7 e 0,3 cm.

«RadioAstron, attivo dal 2013 al 2019, ha permesso di studiare con un dettaglio senza precedenti i nuclei galattici attivi», spiega a Media Inaf  Gabriele Bruni, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma e co-autore dell’articolo pubblicato il mese scorso su The Astrophysical Journal che riporta i risultati dello studio. «La missione, gestita dall’agenzia spaziale russa Roscomos, ha visto la partecipazione di stazioni radioastronomiche di tutto il mondo (tra cui le antenne Inaf di Noto, Medicina e il Sardinia Radio Telescope), aumentando così la sensibilità delle osservazioni. I dati dei progetti con oggetto di studio i nuclei galattici attivi sono stati processati principalmente al Max-Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn (Germania), dove un cluster tra i migliori al mondo ha permesso di combinare i dati dei vari telescopi, ottenendo il segnale equivalente di un telescopio virtuale di dimensioni paragonabili alla distanza Terra-Luna».

Le immagini radio a tutte e quattro le lunghezze d’onda rivelano la presenza costante di diversi “blob” o “nodi” di emissione – regioni più luminose – all’interno di un getto di plasma fortemente piegato. Una curvatura – jet bending in inglese – che diventa progressivamente più accentuata con l’aumentare della risoluzione angolare e nella direzione di origine del getto, cosa che, spiegano gli autori della ricerca, è in accordo con le previsioni teoriche secondo cui Oj 287 ospita non uno ma due buchi neri supermassicci.

Gabriele Bruni, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma

«Il nucleo galattico attivo OJ287 è oggetto di studio da diversi decenni, in quanto candidato ad ospitare un sistema binario di buchi neri supermassicci al suo centro», aggiunge Bruni. «Le recenti osservazioni di Oj 287 realizzate dal radiotelescopio RadioAstron a bordo del satellite russo Spektr-R, in combinazione con stazioni radio a terra (tecnica interferometrica), hanno raggiunto la risoluzione angolare record di 12 micro-arcosecondi. Per fare un paragone, con uno “zoom” simile saremmo in grado di vedere una moneta da 20 centesimi sulla superficie della Luna.  Questo livello di dettaglio ha permesso di verificare come il getto di plasma prodotto dal nucleo di Oj 287 abbia una curvatura maggiore quanto più ci si avvicina alle regioni interne, in prossimità del buco nero. Questa caratteristica è in accordo con le predizioni del modello di sistema binario di buchi neri, per quanto non siamo ancora in grado di escludere completamente altri scenari. Le osservazioni hanno permesso anche lo studio del campo magnetico, verificando la presenza di un configurazione elicoidale come previsto dai più recenti modelli di formazione dei getti».

Lo studio delle proprietà spettrali dimostra che il plasma del getto è composto da elettroni e positroni la cui energia cinetica è bilanciata dal campo magnetico; ripetute “iniezioni” di particelle più energetiche nel plasma disturbano questo equilibrio, provocando i bagliori nelle parti interne del getto stesso.

Secondo i ricercatori, inoltre, il buco nero “secondario” del sistema binario – di circa 150 milioni di masse solari – si trova in un’orbita ellittica molto stretta e passa attraverso il disco di accrescimento del buco nero “primario” – di oltre 18 miliardi di volte la massa del Sole – due volte ogni dodici anni, producendo anche in questo caso potenti bagliori e guidando la precessione del suo asse di rotazione.

Ma quale sarà la fine di questa buchi neri? «Una delle principali domande relative all’evoluzione dei buchi neri supermassicci è come una coppia di buchi neri così grandi possa finire per fondersi: il cosiddetto problema del parsec finale», dice a questo proposito Andrei Lobanov, ricercatore del Max Planck Institute for Radio Astronomy (Mpifr) e co-autore della pubblicazione. «La teoria suggerisce che la distanza tra i due buchi neri dovrebbe smettere di ridursi dopo che hanno espulso tutte le stelle e il gas circostanti. A questo punto entra in gioco la radiazione gravitazionale, che fa sì che i due buchi neri continuino ad avvicinarsi l’uno all’altro finché alla fine eventualmente non si fonderanno. Nel caso di Oj 287, i due buchi neri nel candidato sistema binario sono così vicini che dovrebbero emettere onde gravitazionali che dovrebbero essere rilevabili nel prossimo futuro».

«Questi risultati ci hanno aiutato a fare un passo avanti nell’ampliamento delle nostre conoscenze sulla morfologia dei getti relativistici vicini al motore centrale, confermando il ruolo dei campi magnetici nell’espulsione del getto e registrando ancora una volta segni indiretti dell’esistenza di un sistema binario di buchi neri nel cuore di Oj 287», conclude la ricercatrice post-doc dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía (Iaa-Csic), Efthalia Traianou, anche lei tra i firmatari dello studio.

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astronomical Journal l’articolo “Probing the Innermost Regions of AGN Jets and Their Magnetic Fields with RadioAstron. V. Space and Ground Millimeter-VLBI Imaging of OJ 287” di José L. GómezEfthalia TraianouThomas P. KrichbaumAndrei P. LobanovAntonio FuentesRocco LicoGuang-Yao ZhaoGabriele BruniYuri Y. KovalevAnne LähteenmäkiPetr A. VoitsikMikhail M. LisakovEmmanouil AngelakisUwe BachCarolina CasadioIlje ChoLankeswar DeyAchamveedu GopakumarLeonid I. GurvitsSvetlana JorstadYuri A. KovalevMatthew L. ListerAlan P. MarscherIoannis MyserlisAlexander B. PushkarevEduardo RosTuomas SavolainenMerja TornikoskiMauri J. Valtonen e Anton Zensus

Guarda l’animazione sul canale YouTube dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía