SCIENZIATE BLOCCATE E VIOLAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE

È una fisica da Nobel? Allora può attendere

Un’analisi condotta nel campo dell’astronomia ha evidenziato che durante la pandemia la produttività degli uomini è rimasta costante, mentre quella delle donne è diminuita. Il motivo lo spiega Patrizia Caraveo in quest’articolo, pubblicato ieri sul Sole 24 Ore, che vi riproponiamo oggi su Media Inaf con il consenso dell’autrice

     08/03/2021

Francobollo dedicato a Chien-Shiung Wu. Crediti: U.S. Postal Service

Il concetto di parità è sempre fondamentale, ma è interessante notare che può essere declinato in modo diverso. Mentre in sociologia si parla di pari opportunità per individui con caratteristiche diverse, per i fisici la parità discende dalle leggi che governano l’universo e implica che tutto avvenga in modo simmetrico, senza alcuna differenza tra sopra e sotto, davanti e dietro, destra e sinistra. Se questo non fosse vero, si parlerebbe di violazione della parità. All’inizio degli anni ’50 due scienziati americani (di origine cinese), Lee e il collega Yang, avevano ipotizzato che nel decadimento beta del cobalto ci fosse violazione di parità. Ma le teorie devono avere una verifica sperimentale e Lee si rivolse all’esperta mondiale in materia, Chien-Shiung Wu, meglio nota come Madame Wu, sua collega all’università di Columbia. Nel dicembre 1956, lei realizzò un esperimento epocale dove trovò che gli elettroni emessi dal cobalto radioattivo avevano una direzione preferenziale, a riprova dell’esistenza della violazione di parità.

L’argomento fu oggetto del premio Nobel per la Fisica del 1957, ma i premiati furono Lee e Yang. Madame Wu venne dimenticata, fornendo un chiaro esempio di violazione della parità di genere, questa volta. Ci vollero anni perché il suo contributo sperimentale fosse riconosciuto. Nel 1975 fu la prima donna a diventare presidente della American Physical Society e nel 1978 fu il primo vincitore del prestigioso premio Wolf. Purtroppo, a tutt’oggi, Madame Wu è rimasta l’unica donna nella lista dei premiati, con una percentuale di presenza femminile tristemente simile a quella del Nobel per la Fisica, conferito 114 volte a un totale di 216 vincitori tra i quali si annoverano solo quattro donne. L’ultima è stata premiata nel 2020, insieme ad altre due scienziate insignite del Nobel per la chimica.

Una bella notizia in un anno che si è rivelato molto difficile per le donne impegnate nella ricerca, dal momento che la pandemia ha esacerbato situazioni di disparità già esistenti nel mondo accademico. Andando ad esaminare le pubblicazioni scientifiche nel 2020, si nota che la percentuale di articoli con primo autore donna è minore rispetto alle medie degli anni precedenti. Anche la percentuale di domande di finanziamento con donne responsabili del gruppo di ricerca proponente è inferiore ai valori raggiunti in passato. Un’analisi focalizzata sull’astronomia ha evidenziato che, mentre la produttività degli astronomi è rimasta pressoché costante, quella delle astronome è diminuita. Non è un crollo, per fortuna. Parliamo di una flessione che dimostra quanto anche gli ambienti più avanzati risentano dello stress da smart working, dove le più penalizzate sono le giovani mamme che vivono un momento delicato della loro carriera, quando devono dimostrare al mondo quello che valgono, ma, nel gioco di incastri tra incombenze lavorative e domestiche, faticano a trovare il tempo per farlo.

Le 13 nuove leve della Nasa, la classe delle “tartarughe” (‘The turtles‘), formata da sette uomini e sei donne. Crediti: Nasa

E non abbiamo neanche toccato il tema delle pari opportunità di carriera, né tampoco del pari salario a parità di compiti svolti. Sappiamo che sono temi caldi, presenti anche nel discorso del nuovo Primo ministro alle Camere, ma sappiamo anche che la soluzione non è dietro l’angolo. Occorre fare interventi mirati, o, magari, sfruttare le occasioni che si presentano per caso. È quello che è successo in Giappone per la presidenza del Comitato organizzativo delle Olimpiadi. L’ottuagenario Yoshiro Mori, stanco per le lunghe riunioni, aveva dichiarato che il problema era la presenza di donne che parlano troppo. L’eco della infelice dichiarazione, seguita da inutili scuse, si era ingigantita a tal punto da spingere l’attempato signore alle dimissioni, convinto che sarebbe stato sostituito da un collega di pari grado, ed età. Invece il commento sessista ha spianato la strada alla nomina di Seiko Hashimoto, una signora cinquantenne che è stata campionessa olimpionica di pattinaggio di velocità e che, forse, di olimpiadi se ne intende di più del presidente dimissionario. Un bell’esempio di come un problema possa trasformarsi in un’opportunità anche in un paese come il Giappone che è al 121esimo posto, su 153 nazioni, nella classifica stilata dal World Economic Forum in base all’indice della parità di genere. Per la cronaca, l’Italia è 76esima, e non possiamo certo essere soddisfatti nel constatare che in Europa solo la Grecia fa peggio di noi. Migliorare l’indice di parità del nostro paese dovrebbe essere una priorità del nuovo governo, ben sapendo che si tratta di una strada in salita dove non bisogna mollare mai, pena la retrocessione.

Mi piace pensare che, forse, la parità di genere verrà raggiunta nello spazio prima che sulla Terra, grazie agli sforzi in questo senso da parte delle agenzie spaziali. Le azioni più decise per incrementare e valorizzare la componente femminile nel gruppo degli astronauti sono targate Nasa. Nelle ultime selezioni delle nuove classi si è arrivati alla quasi parità tra uomini e donne e, quando si è trattato di scegliere gli astronauti che parteciperanno alla missione Artemis per il ritorno alla Luna, sono comparsi nove uomini e nove donne. Dopo tutto, l’impegno della Nasa è di portare sulla Luna la prima donna e il prossimo uomo. Anche l’Agenzia spaziale europea, che ha appena aperto una selezione per nuovi astronauti, ha sottolineato che farà attenzione a offrire uguali opportunità a uomini e donne, e cercherà anche di considerare candidati disabili purché questo non precluda la possibilità di essere operativi in orbita. Ma non sarà l’Esa a poter dire di avere inventato la categoria dei parastronauti. La prima astronauta disabile dovrebbe fare parte dell’equipaggio di una delle prossime missioni Crew Dragon che non avrà a bordo astronauti ma semplicemente passeggeri. Saranno ospiti paganti, oppure fortunati, perché un posto verrà assegnato tramite una lotteria organizzata per raccogliere fondi destinati a un ospedale oncologico pediatrico. Nel volo ci sarà anche Hayley Arceneaux, che proprio in quell’ospedale è stata curata da un cancro alle ossa che le ha tolto una gamba. A 29 anni, Hayley sarà la più giovane astronauta americana a dimostrazione che lo spazio è proprio per tutti.