CHIAMATO “HOINGA” DAL NOME MEDIEVALE DI BAD HÖNNIGEN SUL RENO

Il più grande resto di supernova mai scoperto in X

Nella prima mappa a tutto cielo del telescopio spaziale per raggi X eRosita, un team guidato da astronomi del Max Planck – e a cui ha partecipato Luciano Nicastro dell’Inaf – ha identificato un nuovo resto di supernova, il più grande mai osservato finora a queste energie. La scoperta è stata confermata nei dati radio d’archivio ed è frutto di una collaborazione scientifica nata per esplorare la nostra galassia a differenti lunghezze d’onda, da quelle radio ai raggi X

     03/03/2021

Ritaglio dalla prima mappa a tutto cielo di Srg/eRosita. Il resto di supernova Hoinga è indicato dalla freccia. La grande sorgente luminosa in basso a destra è il resto di supernova Puppis A. Crediti: Srg / eRosita

Le stelle massicce terminano il loro ciclo evolutivo con gigantesche esplosioni di supernova quando i processi di fusione nucleare al loro interno non producono più abbastanza energia per contrastarne il collasso gravitazionale. Si tratta di eventi piuttosto rari, pur considerando le centinaia di miliardi di stelle presenti in una tipica galassia. Nella nostra Via Lattea, gli astronomi stimano che si dovrebbe verificare un’esplosione di supernova in media ogni 30-50 anni. Mentre la supernova stessa è osservabile solo nell’arco di qualche mese, i suoi resti, composti dal materiale espulso ad alta velocità dalla stella che esplode e produce violente onde d’urto quando si scontra con il gas e la polvere interstellare che trova sulla sua traiettoria, possono essere rilevati per circa 100mila anni.

Ad oggi conosciamo circa 300 resti di supernova, un numero molto inferiore ai 1200 che si stima siano osservabili in tutta la nostra galassia. Quindi, o la frequenza di eventi di supernova è stata sovrastimata, oppure finora non siamo stati in grado di individuare la maggioranza di questi resti. Un fondamentale contributo per risolvere questo dilemma può arrivare ora dalle osservazioni su tutto il cielo che sta realizzando il telescopio spaziale eRosita, utilizzato per la ricerca, fra gli altri fenomeni, proprio di resti di supernova mai identificati prima. A causa della loro temperatura di milioni di gradi, questi oggetti celesti emettono radiazioni di alta energia e possono essere sufficientemente brillanti per essere individuati dai sensibili strumenti di eRosita.

«Questa scoperta ci dice, una volta di più, che per ampliare le nostre conoscenze non basta solo costruire strumenti di ricerca più potenti, ma che questi devono essere progettati con in mente obiettivi precisi», dice Luciano Nicastro, ricercatore Inaf a Bologna. «Il telescopio a raggi X eRosita è in grado di scandagliare con grande sensibilità l’intera volta celeste ogni 6 mesi, cosa che lo rende unico nel suo genere e permette di osservare oggetti e fenomeni che altri telescopi, anche più potenti, difficilmente riescono a fare. Hoinga ne è la dimostrazione».

«Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che il primo resto di supernova sia spuntato subito», commenta Werner Becker dell’Istituto Max Planck per la fisica extraterrestre, primo autore dell’articolo che descrive la scoperta, in pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics. Hoinga è il più grande resto di supernova mai scoperto nei raggi X. Con un diametro di circa 4,4 gradi, copre un’area di cielo circa 90 volte più grande delle dimensioni apparenti della Luna piena. Il nome è stato scelto in onore della città natale del primo autore, Bad Hönningen sul Reno: Hoinga era il suo nome medievale.

L’immagine mostra il resto di supernova Hoinga ottenuta combinando le immagini a raggi X e radio. I raggi X nei dati eRosita vengono emessi dai detriti caldi, con temperature dell’ordine di un milione di gradi, del progenitore di Hoinga (la stella esplosa), mentre l’emissione radio è l’emissione di sincrotrone da elettroni relativistici che sono decelerati nello strato residuo esterno. Crediti: Mpe / Curtin University

Oltre ad essere molto esteso, Hoinga si trova lontano dal piano galattico – una scoperta sorprendente – che fa presagire la possibilità di individuare altri oggetti simili nei prossimi anni. La maggior parte delle ricerche precedenti di resti di supernova si sono concentrate nella zona del disco della nostra galassia, dove l’attività di formazione stellare è più elevata e simili resti stellari dovrebbero essere in proporzione più numerosi. Questo ha però lasciato così ampie zone di cielo ancora inesplorate.

Dopo l’identificazione di Hoinga nei dati di eRosita, gli astronomi hanno cercato conferma della natura di questo oggetto, che è arrivata grazie a osservazioni nel radio, l’intervallo di radiazioni elettromagnetiche nel quale è stato individuato il 90 per cento di tutti i resti di supernova conosciuti.

«Abbiamo esaminato i dati d’archivio radio e quel segnale era già lì, solo in attesa di essere scoperto», commenta Natasha Walker-Hurley dell’International Centre for Radio Astronomy Research in Australia (Icrar). «L’emissione radio registrata in 10 anni di osservazioni ha chiaramente confermato che Hoinga è un resto di supernova, e quindi potrebbero esserci ancora molti altri oggetti simili ancora in attesa di essere visti da occhi attenti».

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