SCELTA DA SCIENCE COME “BREAKTHROUGH OF THE YEAR” 2019

Foto del secolo, scoperta dell’anno

L’immagine dell’ombra del buco nero di M87 ottenuta dall’Event Horizon Telescope, in precedenza ritenuta quasi impossibile da catturare, è stata nominata da Science scoperta scientifica dell’anno. Fra gli oltre 200 scienziati del team ci sono anche due ricercatrici dell’Inaf – Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl

     20/12/2019

Una volta si pensava impossibile. Poi è successo… Stiamo parlando dello “scatto” che per la prima volta nella storia ha rivelato il “volto” di uno degli oggetti più oscuri e sfuggenti dell’universo: la prima immagine di un buco nero. Quello del buco nero supermassiccio al centro della galassia Messier 87. Uno scatto che ora Science, nella consueta top ten di dicembre, ha eletto come 2019 Breakthrough of the year, la svolta scientifica dell’anno.

Una notizia che non vi nascondo mi emoziona, riportando i miei ricordi, e credo anche quelli della collega Maura Sandri, a quel 10 aprile, a Bruxelles, alla conferenza stampa mondiale di presentazione dei risultati dell’Event Horizon Telescope. Dove, dopo un’estenuante attesa per conoscere quale fosse il buco nero in questione (anche se qualche voce girava già, a dire il vero), Heino Falcke, presidente del consiglio scientifico dell’Event Horizon Telescope, mentre l’immagine appariva sullo schermo gigante alle sue spalle, pronunciava queste parole: “This is the nucleus of the galaxy M87, and this is the first ever image of a black hole” – annunciando, finalmente, che si trattava di M 87*. Ho ancora la pelle d’oca.

Sebbene i ricercatori abbiano prima passato decenni a teorizzare l’esistenza di questi mostri cosmici – con gravità così forte da catturare e consumare tutto ciò che li circonda, compresa la luce – e a rilevarne i segni, gli effetti della loro gravità sull’ambiente circostante e le increspature nel tessuto dello spaziotempo conosciute come onde gravitazionali, pochi immaginavano che avrebbero mai avuto la possibilità di “vederne” effettivamente uno. Divorando anche la luce, sono perfettamente mimetizzati nell’oscurità dello spazio. E, inoltre, sono relativamente piccoli per gli standard cosmici. Ad esempio, il buco nero supermassiccio Sagittarius A*, situato al centro della nostra galassia, ha sì una massa pari circa 4 milioni di volte quella del Sole, ma confinata in una sfera di “appena” 23.6 milioni di chilometri di diametro – circa la metà della distanza tra Mercurio e il Sole.

Il buco nero supermassiccio al centro di Messier 87. Crediti: The Event Horizon Telescope

Tuttavia, circa due decenni fa, gli astronomi hanno iniziato a chiedersi se non fosse possibile catturarne quantomeno l’ombra prodotta dalla luce emessa dal gas incandescente vicino all’orizzonte degli eventi. E alla fine ce l’hanno fatta: sono riusciti a immortalare la cosiddetta ombra del buco nero. Quella di M87*, appunto, il buco nero supermassiccio distante da noi 55 milioni di anni luce, al centro della galassia Messier 87 – duemila volte più distante dalla Terra di Sagittarius A*, ma 1500 volte più massiccio.

La chiave di questa svolta è stata il modo in cui i ricercatori hanno utilizzato radiotelescopi da tutto il mondo creando un unico telescopio virtuale dalle dimensione pari a circa quelle della Terra – agli Stati Uniti al Messico, dal Cile al Polo Sud.

Un risultato che è valso agli oltre 200 scienziati della collaborazione Event Horizon Telescope – fra i quali due astrofisiche dell’Inaf, Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl, un’astrofisica dell’Università Federico II di Napoli e associata Infn, Mariafelicia De Laurentis, e due scienziati italiani all’estero, Luciano Rezzolla della Goethe University di Francoforte (principal investigator di BlackHoleCam) e Ciriaco Goddi della Radboud University (Paesi Bassi) – il Breakthrough Prize 2020 per la Fisica fondamentale.

«Questo è stato un grande anno per la scienza», scrive Tim Appenzeller, redattore di Science, «cosa potrebbe esserci di più meraviglioso che vedere un buco nero? Sembra una magia, ma è stata davvero un’impresa sorprendente, frutto del lavoro di squadra e della tecnologia».

E ora, come dicevamo in apertura, per l’immagine storica che ritrae la silhouette di M87* è arrivata la notizia della nomina a scoperta dell’anno da parte di Science.

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