MODELLO SPIEGA ASIMMETRIE NEI MESONI CHARM

Il fascino discreto dei sopravvissuti

Dai dati raccolti dal rivelatore Lhcb al Large Hadron Collider, sembra che le particelle conosciute come mesoni charm e le loro controparti di antimateria non siano prodotte in proporzioni perfettamente uguali. Alcuni fisici di Cracovia hanno proposto una spiegazione di questo fenomeno e presentato le loro previsioni, che comportano conseguenze particolarmente interessanti per l'astronomia dei neutrini ad alta energia. Lo studio è stato pubblicato su Physical Review D

     28/05/2018

Confronto tra i due meccanismi di frammentazione dei quark, quello favorito e quello sfavorito. Crediti: Ifj Pan

Dai dati raccolti dal rivelatore Lhcb del Large Hadron Collider, sembra che le particelle conosciute come mesoni charm e le loro controparti di antimateria non siano prodotte in proporzioni perfettamente uguali. I fisici di Cracovia hanno avanzato una spiegazione per questo fenomeno e presentato delle previsioni, in accordo con il loro modello, che potrebbero avere conseguenze particolarmente interessanti per l’astronomia dei neutrini ad alta energia.

Nei primi momenti successivi al Big Bang, l’Universo era pieno di particelle e antiparticelle nelle stesse proporzioni numeriche. Raffreddandosi, materia e antimateria iniziarono ad incontrarsi e annichilarsi, trasformandosi in energia (radiazione). Ma come ha fatto una parte di questa materia, dalla quale si è evoluto l’Universo attuale, a sopravvivere all’annichilazione? Per fare luce su questo grande mistero della scienza moderna, i fisici stanno cercando di comprendere nel dettaglio tutti i meccanismi responsabili delle più piccole sproporzioni nella produzione di particelle e antiparticelle. In questo contesto, un gruppo di scienziati dell’Istituto di fisica nucleare dell’Accademia polacca delle scienze (Ifj Pan) di Cracovia, associato all’esperimento Lhcb al Large Hadron Collider di Ginevra, ha recentemente esaminato uno di questi processi: l’asimmetria che appare alla nascita dei mesoni e antimesoni charm. È interessante notare che le conclusioni della loro analisi potrebbero avere ripercussioni pratiche molto tangibili.

In accordo con il modello standard, i quark sono i più importanti componenti indivisibili che costituiscono la materia. Si conoscono sei sapori di quark: up (u), down (d), strange (s), charm (c), bottom (b) e top (t); ogni sapore ha anche la sua controparte di antimateria (spesso contrassegnata con un trattino sopra la lettera, letto come “barra”). I quark vengono generalmente formati a coppie quark-antiquark. Sono particelle estremamente socievoli: quasi immediatamente dopo essersi create si legano in adroni, a gruppi di due, tre e talvolta anche più quark o antiquark, legate insieme dai gluoni (particelle che trasferiscono le interazioni nucleari forti). Il processo di combinazione di quark/antiquark in particelle composte più complesse è chiamato adronizzazione.

Gli adroni instabili costruiti da coppie di quark-antiquark sono chiamati mesoni. Se uno dei quark di un mesone è un quark charm, la particella è chiamata mesone charm ed è indicata dalla lettera D (o, per l’antiquark charm, D con una barra sopra). Una coppia costituita da un quark charm e un antiquark down è un mesone D+; uno composto da un antiquark charm e un quark down è un mesone D-.

Nelle misurazioni condotte nell’ultimo quarto di secolo, inclusi i recenti esperimenti a Lhcb, è stata osservata un’interessante asimmetria. Si è scoperto che i mesoni D+ e D- non sempre sono prodotti esattamente nelle stesse proporzioni. Nel caso dei processi osservati a Lhcb, generati da collisioni di fasci di protoni ad alta energia, questa asimmetria si è dimostrata essere piccola, inferiore all’1 per cento.

«I quark charm si formano principalmente durante le collisioni di gluoni nelle cosiddette interazioni forti, e dopo la nascita si adronizzano in mesoni D. Abbiamo studiato un altro meccanismo di formazione del mesone, conosciuto come frammentazione sfavorita del quark. In questo processo, un mesone charm viene creato dalla adronizzazione di un quark o antiquark leggero (up, down, o strange). In passato, si è riusciti a spiegare l’asimmetria tra kaoni e antikaoni, cioè mesoni K+ e K-, attraverso le sfumature di questo meccanismo. Tuttavia, fino ad oggi non era mai stata presa in considerazione la possibilità che un simile meccanismo potesse spiegare l’asimmetria tra i mesoni, relativamente massicci, D+ e D-», afferma Rafal Maciula (Ifj Pan), primo autore della pubblicazione sulla rivista Physical Review D.

Il rilevatore Lhcb misura principalmente le particelle che divergono, rispetto al punto di collisione dei protoni, a grandi angoli rispetto alla direzione originale di movimento dei protoni stessi. Secondo i fisici di Cracovia, l’asimmetria nella produzione di mesoni D dovrebbe essere molto maggiore se si prendono in considerazione le particelle prodotte lungo la direzione dei fasci dei protoni incidenti. Ciò significa che la sproporzione attualmente osservata potrebbe essere solo la punta di un iceberg. I calcoli suggeriscono che nel caso di collisioni “in avanti”, la frammentazione sfavorita (d, u, s > D) può essere paragonabile alla frammentazione convenzionale (c > D). Di conseguenza, l’asimmetria tra i mesoni D+ e D- può raggiungere anche un’alta percentuale e con energie di collisione inferiori rispetto a quelle che si verificano attualmente nell’Lhc.

IceCube Lab al tramonto, nel 2017. Crediti: Martin Wolf, IceCube/NSF.

La ricerca dei fisici dell’Ifj Pan potrebbe avere conseguenze di vasta portata per gli osservatori di neutrini, come l’Osservatorio IceCube in Antartide. Questo rivelatore, in cui collaborano 49 istituti scientifici di 12 paesi, controlla un chilometro cubo di ghiaccio, situato a circa un chilometro al di sotto della superficie, utilizzando migliaia di fotomoltiplicatori. I fotomoltiplicatori tracciano sottili bagliori di luce, generati dall’interazione delle particelle che formano il ghiaccio con i neutrini, particelle elementari che interagiscono molto debolmente con la materia ordinaria. IceCube registra diverse centinaia di neutrini al giorno. È noto che gran parte di essi sono creati nell’atmosfera terrestre in processi prodotti dai raggi cosmici e che coinvolgono protoni. Altri neutrini possono provenire, per esempio, dal nucleo della Terra o dal Sole. Si presume, tuttavia, che i neutrini con energie significative abbiano raggiunto il rivelatore direttamente da sorgenti cosmiche distanti, quali supernove o fusione di buchi neri o stelle di neutroni.

«Quando si interpretano i dati del rilevatore IceCube, viene presa in considerazione la produzione di neutrini nell’atmosfera terrestre causata dalle normali radiazioni cosmiche, comprese le collisioni che coinvolgono i protoni. Il fatto è che alcuni di questi processi, con conseguente formazione di neutrini ad alta energia, si svolgono con la partecipazione di mesoni D. Nel frattempo, noi mostriamo che il meccanismo di produzione di questi mesoni nell’atmosfera può essere molto più efficiente di quanto si pensasse in precedenza. Così, se le nostre ipotesi saranno confermate, alcuni dei neutrini altamente energetici registrati, ora considerati di origine cosmica, potrebbero avere questa origine ed essere realmente apparsi proprio sopra le nostre teste, alterando il quadro reale degli eventi originati nelle profondità dello spazio», spiega Antoni Szczurek (Ifj Pan).

Quando solo la punta dell’iceberg è visibile, ogni deduzione su ciò che potrebbe essere il resto dell’iceberg è più che rischiosa. Attualmente, il modello proposto dai fisici di Cracovia è solo un’ipotesi. Forse descrive pienamente il meccanismo che si verifica nella realtà ma può anche darsi che siano altri i processi responsabili dell’asimmetria nella produzione di mesoni D, parzialmente o completamente.

«Fortunatamente, nessun’altra proposta prevede un così evidente aumento dell’asimmetria nella produzione di mesoni D a basse energie di collisione, quindi per verificare la nostra ipotesi sarebbe sufficiente, nell’acceleratore Lhc, dirigere un singolo raggio su un bersaglio fermo, riducendo in tal modo significativamente l’energia di collisione. Il nostro modello soddisfa criteri scientifici certi: non solo spiega le osservazioni precedenti, ma soprattutto può essere rapidamente verificato. Inoltre, la verifica può essere fatta a basso costo!», conclude Szczurek.

Per saperne di più: