VOCI E DOMANDE DELL’ASTROFISICA

Raggi cosmici, particelle dallo spazio profondo

Sparati a velocità prossime a quella della luce da ”acceleratori naturali”, fino a 100 milioni di volte più potenti di quelli costruiti dall’uomo, i raggi cosmici sono particelle che possono arrivare fino a noi anche da altre galassie. Ma sulla loro origine si sta ancora indagando

     25/07/2017

La distribuzione in energia (spettro) del flusso di raggi cosmici. Pubblicazione originale di Swordy (2001), e modificata da Dr. William Hanlon University of Utah- Cliccare per ingrandire

I raggi cosmici sono particelle (elettroni, protoni, nuclei di atomi pesanti e particelle esotiche), che si muovono a velocità prossime a quella della luce, e con energie che possono essere fino a 100 milioni di volte maggiori di quelle attualmente raggiungibili nei più grandi acceleratori costruiti dall’uomo.

Sebbene la presenza di una radiazione ionizzante fossa già nota agli scienziati del 18esimo secolo (e ai fotografi che si ritrovavano le loro lastre esposte anche se mantenute chiuse al buio), fu solo nel 1912 che lo scienziato austriaco Victor Hess dimostrò con un’ascesa in mongolfiera la loro origine cosmica. Nel 1934 lo scienziato italiano Bruno Rossi determinò la loro composizione, e nel 1949 un altro scienziato italiano, Enrico Fermi, propose un meccanismo cosmico per la loro origine.

Oggi sappiamo che provengono dallo spazio, e che la maggior parte di loro ha origine nel così detto “universo violento”: buchi neri, stelle di neutroni, resti di supernova. È possibile che alcuni di essi siano prodotti dal decadimento della materia oscura. Contrariamente ai fotoni che si propagano in linea retta, e quindi puntano direttamente alla loro sorgente, i raggi cosmici, essendo particelle cariche, vengono deviati nella loro traiettoria dai campi magnetici della galassia, e finiscono per descrivere un moto caotico, come una pallina che rimbalza in un flipper. Pertanto ci forniscono informazioni solo sulle proprietà globali dello spazio che ci circonda, piuttosto che su singoli oggetti.

Molti raggi cosmici non raggiungono direttamente la superficie terreste, ma interagiscono con gli atomi dell’alta atmosfera, e producono le cosiddette “cascate elettromagnetiche”: veri e propri sciami di particelle che possono essere rivelate a terra. Studi recenti hanno mostrato che i raggi cosmici possono avere un ruolo importante anche sul clima terrestre, regolando per esempio la formazione delle nuvole.

Studi in corso e domande aperte

Lo studio dei raggi cosmici è rilevante per settori diversi della fisica: dall’astrofisica delle sorgenti alla fisica delle particelle e delle interazioni fondamentali.

300 miliardi di miliardi di electronVolt: è l’energia più alta mai misurata in un raggio cosmico. Corrisponde più o meno all’energia di un pallone da calcio a 50 km/h

Uno dei problemi ancora aperti nello studio dei raggi cosmici è l’origine di quelli di energia massima (ultra-high energy cosmic rays). Sappiamo infatti che le sorgenti che li producono si trovano al di fuori della nostra galassia, ma a oggi non è chiaro se si tratti di sorgenti astrofisiche standard, come possono essere i buchi neri al centro delle galassie, i radio-lobi, le stelle di neutroni o i gamma-ray bursts, oppure sorgenti esotiche legate per esempio a stringhe cosmiche, difetti nel continuum spazio-temporale, o particelle di materia oscura molto pesanti.

A energie più basse (circa 100-1000 volte la massa del protone), recenti misure hanno mostrato nei raggi cosmici la presenza di un “eccesso di positroni”. I positroni sono le antiparticelle dell’elettrone, e normalmente non sono presenti in natura. Vengono prodotte dall’interazione di raggi cosmici con il gas idrogeno della galassia. Tuttavia, la quantità rilevata appare più alta di quanto si possa derivare da una semplice stima, basata sulla nostra conoscenza di come i raggi cosmici sono prodotti e da come si propagano. Studi recenti si sono concentrati sul tentativo di spiegare questo eccesso, sia attribuendolo a sorgenti astrofisiche come le pulsar, sia invocando il possibile decadimento di particelle di materia oscura presenti nella galassia.

Il coinvolgimento dell’Istituto nazionale di astrofisica

L’Inaf è coinvolto nello studio dei raggi cosmici sia dal punto di vista teorico, con lo sviluppo di modelli di accelerazione e propagazione applicati, ad esempio, ai resti di supernova, sia dal punto di vista osservativo, dove partecipa allo sviluppo del Cherenkov Telescope Array (Cta), con il quale sarà possibile osservare l’emissione nei raggi gamma da molte sorgenti astrofisiche. Emissione che si pensa sia fortemente connessa alla presenza di particelle di alta energia, accelerate dalle sorgenti stesse.


L’autore: Niccolò Bucciantini è ricercatore Inaf all’Osservatorio astrofisico di Arcetri

Su Media Inaf potrai trovare, mano a mano che verranno pubblicate, tutte le schede della rubrica dedicata a Voci e domande dell’astrofisica, scritte dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica.