VOCI E DOMANDE DELL’ASTROFISICA

A ritmo di pulsar, gli orologi del cosmo

Stelle di neutroni in rapida rotazione, le pulsar sono oggetti affascinanti e incredibilmente utili: il ”clock” da esse fornito le rende insostituibili per verificare sperimentalmente molte teorie della fisica. Ed è grazie a una coppia di pulsar se sappiamo che la Relatività generale di Einstein funziona almeno al 99.98 per cento

     04/07/2017

Rappresentazione artistica di una pulsar (in alto) e il segnale da essa generato (in basso). Crediti: Michael Kramer (MPIfR/Jbca, University of Manchester)

Le pulsar sono stelle di neutroni – densissimi nuclei stellari collassati, punto di arrivo dell’evoluzione di stelle di grande massa – rapidamente rotanti e altamente magnetizzate. Come fari cosmici, le pulsar emettono dai poli magnetici due fasci di onde radio, registrati a Terra come una serie di impulsi regolari, uno per ogni rotazione.

Questi corpi celesti racchiudono una volta e mezzo la massa del Sole in una sfera di appena 20 km di diametro e ruotano centinaia di volte al secondo: cambiare lo stato di rotazione di queste rapidissime trottole giganti – e quindi modificare il ritmo del ‘ticchettio’ dei loro impulsi – sarebbe impensabile. Le pulsar, dunque, si comportano come orologi cosmici di precisione e, grazie a ciò, sono dei preziosi laboratori di fisica fondamentale.

Misurando con estrema accuratezza i tempi di arrivo dei loro impulsi, infatti, si possono studiare le variazioni che essi subiscono nel loro cammino verso Terra. Ad esempio, se una pulsar appartiene a un sistema binario, il suo orbitare attorno alla stella compagna la allontana e avvicina ciclicamente alla Terra e gli astronomi registrano dei ritardi e degli anticipi nei tempi di arrivo degli impulsi. È così possibile studiare i sistemi binari e scoprire la presenza di corpi anche di massa planetaria attorno alle pulsar. Se poi la stella compagna è pesante e compatta (una seconda stella di neutroni, ad esempio), il segnale della pulsar attraversa uno spazio-tempo incurvato dalla sua presenza. Gli astronomi riescono a misurare anche gli effetti di queste minime distorsioni spazio-temporali sugli impulsi e a testare se questi siano compatibili con le previsioni della Relatività generale. È proprio grazie allo studio di un sistema di due pulsar – l’unico nel suo genere – che sappiamo che la teoria di Einstein funziona almeno al 99.98 per cento.

Crediti: David Champion/MPIfR

Grazie allo studio delle pulsar si possono quindi scoprire pianeti, testare teorie della gravità con precisioni da capogiro, ma anche studiare i potenziali gravitazionali di ammassi stellari, che possono rivelare la presenza di buchi neri, studiare il mezzo interstellare che il segnale radio attraversa e addirittura captare il passaggio di un’onda gravitazionale (vedi immagine qui a fianco).

Studi in corso e domande aperte

Un progetto su scala planetaria è volto proprio alla misura del passaggio di onde gravitazionali emesse da buchi neri supermassicci. Si tratta dell’International Pulsar Timing Array, un esperimento che coinvolge i maggiori radiotelescopi al mondo, i quali monitorano un insieme di pulsar alla ricerca di minuscole variazioni nei tempi di arrivo dei loro impulsi che siano comuni a tutte. Il passaggio di un’onda gravitazionale, infatti, distorce lo spazio-tempo (anche) sulla Terra e quindi influenza, in maniera correlata, i segnali ricevuti da tutte le pulsar osservate.

Altri esperimenti si concentrano sullo studio di singole pulsar peculiari: sistemi binari in cui gli effetti della Relatività generale siano particolarmente pronunciati, o in cui la pulsar sia molto massiccia (il che ha importanti implicazioni sulla natura della materia che la compone), o ancora, pulsar con campi magnetici elevati, che potrebbero rappresentare un anello di congiunzione con le cosiddette magnetar, o pulsar che alternano fasi in cui emettono onde radio a fasi in cui emettono raggi X, a causa di materia che viene loro riversata addosso da una stella compagna.

La pulsar più veloce a oggi nota, Psr J1748-2446ad, compie 716 rotazioni al secondo

Infatti, benché la maggior parte delle pulsar sia scoperta e studiata nella banda radio, ci sono stelle di neutroni che pulsano anche ad altre lunghezze d’onda, dai raggi gamma ai raggi X, all’ottico. I meccanismi di emissione e il legame evolutivo tra diverse tipologie di pulsar, sono tra le domande aperte più importanti a cui rispondere.

Gli esperimenti di ricerca di nuove pulsar sono uno strumento essenziale per l’avanzamento della ricerca in questo campo: più pulsar si scoprono più alta è la probabilità di trovarne di peculiari e un campione ampio serve a comprendere come la popolazione di pulsar si formi ed evolva.

Il coinvolgimento dell’Istituto nazionale di astrofisica

La sede Inaf di Cagliari (Oac) ospita uno dei principali gruppi del panorama internazionale per lo studio delle radio pulsar, coinvolto nei maggiori esperimenti. In uno di questi, proprio a Cagliari, fu scoperta nel 2003 l’unica pulsar doppia a oggi nota. Con il Sardinia Radio Telescope, Oac è pure uno dei protagonisti della ricerca di onde gravitazionali. Studi delle pulsar nei raggi X, gamma, in ottico e infrarosso sono altresì portati avanti con successo sia a Cagliari, sia da diversi altri gruppi di ricerca in Inaf, localizzati a Roma, Milano, Bologna, Padova, Firenze e Palermo.


L’autrice: Marta Burgay è ricercatrice Inaf all’Osservatorio astronomico di Cagliari.

Su Media Inaf potrai trovare, mano a mano che verranno pubblicate, tutte le schede della rubrica dedicata a Voci e domande dell’astrofisica, scritte dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica.