NUOVO STUDIO DA DATI MAVEN

Soffia il vento su Marte

Grazie ai dati raccolti dal satellite Maven della Nasa è stato possibile ricostruire il passato dell’atmosfera marziana. I risultati, presentati sull’ultimo numero della rivista Science, mostrano che il principale responsabile dell’impoverimento atmosferico del pianeta rosso è il Sole

     30/03/2017

La sonda Maven in orbita attorno a Marte. Crediti: Nasa

Il vento e le radiazioni solari sono i primi responsabili della debole atmosfera marziana. Ad assicurarlo sono i dati raccolti dalla missione Maven (Mars Atmosphere and Volatile Evolution Mission) della Nasa. Il pianeta rosso, che avrebbe potuto ospitare la vita miliardi di anni fa, è oggi un mondo desertico e freddo a causa del Sole.

«Grazie alle nostre misurazioni è stato possibile verificare che circa il 65% dell’argon presente nell’atmosfera marziana è stato ormai perso nello spazio», dice Bruce Jakosky, principal investigator di Maven. I risultati dello studio sono raccolti in un articolo che appare sull’ultimo numero della rivista Science.

I ricercatori del team Maven avevano già presentato in passato misurazioni che mostravano come i gas atmosferici si stavano disperdendo nello spazio. L’analisi più recente utilizza misure atmosferiche dei nostri giorni per estrapolare la quantità di gas rimossa col passare del tempo.

Attualmente non è possibile trovare acqua liquida sulla superficie di Marte, e questo è dovuto al fatto che la sua atmosfera è troppo fredda e rarefatta. Tuttavia, la presenza di letti di fiumi e di minerali che si formano solo in presenza di acqua liquida sono forti indicatori di un passato in cui il pianeta rosso si presentava molto diverso da com’è oggi.

Ci sono molti modi in cui un pianeta può perdere la sua atmosfera, completamente o in parte. Ad esempio, ci sono reazioni chimiche che possono bloccare bolle di gas all’interno di rocce, oppure l’atmosfera può essere erosa dalle radiazioni e dal vento provenienti dalla stella madre. Il risultato presentato dal team Maven rivela che questo secondo meccanismo si è verificato nel nostro sistema solare, trasformando radicalmente il clima marziano.

Le stelle giovani emettono radiazioni e venti molto intensi, e quindi è probabile che questi processi di sradicamento dell’atmosfera sia avvenuto in epoche molto antiche della storia di Marte. È possibile che, nelle sue prime fasi di vita, il pianeta rosso abbia ospitato vita microbica. Con il passare del tempo, con un clima sempre più freddo e secco, le eventuali forme di vita potrebbero essere state spinte a spostarsi sotto terra.

Nell’animazione sono mostrati gli ultimi risultati della missione Maven, che rivelano come la parte più sostanziosa del gas perso dall’atmosfera marziana sia avvenuto a causa dei venti e delle radiazioni solari (cliccare sull’immagine per vederla ad alta risoluzione). Crediti: The Lunar and Planetary Institute NASA’s MAVEN mission

Jakosky e i suoi colleghi hanno ottenuto il loro risultato misurando la presenza in atmosfera di due diversi isotopi dell’argon. Poiché il più leggero dei due isotopi scapperà nello spazio più facilmente, il team ha studiato la presenza dei due a diverse quote per stimare quale frazione del gas si sia dispersa nello spazio.

Siccome l’argon è un gas nobile, non reagisce chimicamente con altri elementi. L’unico processo che può rimuoverlo è quello che richiede l’azione del vento solare. Una volta determinata la quantità di argon persa attraverso questo canale, l’efficienza del processo può essere utilizzata per ricavare l’entità della perdita di altri atomi e molecole, tra cui il biossido di carbonio (CO2).

La CO2 è di grande interesse, perché è un efficiente gas serra che permette al pianeta di mantenere il calore. «Con le nostre misure abbiamo stabilito che la maggior parte delle emissioni di CO2 del pianeta è stata persa a causa delle emissioni solari», spiega Jakosky. La stima è stata ottenuta a partire dai dati raccolti dallo strumento NGIMS (Neutral Gas and Ion Mass Spectrometer, letteralmente spettrometro di massa per gas neutro e ioni) a bordo di Maven, in accordo con le le analisi dalla superficie, raccolte dallo strumento SAM (Sample Analysis at Mars) del rover Curiosity.

«Le misure combinate ci hanno permesso di determinare con maggior precisione la quantità di argon marziano che si è perso nel corso di miliardi di anni», spiega Paul Mahaffy, principal investigator dello strumento SAM e membro del team NGIMS, del Goddard Space Flight Center della NASA. «L’utilizzo dei dati provenienti dai due strumenti sottolinea il valore aggiunto di avere molteplici missioni che raccolgono misure tra loro complementari».

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