NOVA SAGITTARII N° 2

La super fabbrica di Berillio e Litio

Un team di ricercatori a guida INAF ha scoperto nel materiale espulso dalla stella Nova Sagittarii n° 2 una eccezionale abbondanza di Berillio-7, un elemento instabile che decade e si trasforma in Litio-7. Poiché il berillio osservato deve produrre una equivalente abbondanza di Litio-7, milioni di volte più elevata di quello presente nel materiale che compone il nostro Sole, le Novae diventano così le più accreditate sorgenti del Litio presente nella Via Lattea

     26/09/2016
L’esplosione di una nova nel rendering di un artista. Crediti: K. Ulaczyk / Warsaw University Observatory.

L’esplosione di una nova nel rendering di un artista. Crediti: K. Ulaczyk / Warsaw University Observatory.

Un team di ricercatori guidato da Paolo Molaro, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, ha scoperto nel materiale espulso dalla stella Nova Sagittarii n° 2 una eccezionale abbondanza di Berillio-7. Poiché il Berillio-7 è un elemento instabile che decade e si trasforma in Litio-7, il berillio osservato deve produrre una equivalente abbondanza di Litio-7, milioni di volte più elevata di quello presente nel materiale che compone il nostro Sole.  I ricercatori ritengono quindi che le Novae siano le più accreditate “fabbriche” del Litio presente nella Via Lattea risolvendo un problema che gli astronomi si ponevano da decenni.

Le stelle Novae devono il loro improvviso e notevole aumento di luminosità a vere e proprie esplosioni provocate dall’accumulo di idrogeno sulla superficie di piccole e massicce stelle chiamate nane bianche. L’idrogeno proveniente da una stella compagna in orbita attorno alla nana bianca, viene compresso e riscaldato dalla gravità fino a innescare le reazioni termonucleari che fanno esplodere gli strati esterni della nana bianca, producendo il fenomeno della “Nova”  con un aumento fino a 100.000 volte della   luminosità.

Ripresa della Nova Sagittarii, in cui si può apprezzare la tonalità calda espressa dall’emissione alfa dell’idrogeno. Crediti: Ernesto Guido e Nick Howes / remanzacco.blogspot.com

Ripresa della Nova Sagittarii, in cui si può apprezzare la tonalità calda espressa dall’emissione alfa dell’idrogeno. Crediti: Ernesto Guido e Nick Howes / remanzacco.blogspot.com

La Nova Sagittarii n° 2 è stata scoperta dall’astrofilo John Seach il 15 marzo 2015 nella costellazione del Sagittario ed è stato uno degli oggetti celesti della sua classe più brillanti degli ultimi anni. Uno dei pochi visibili ad occhio nudo. Per studiare questo oggetto e cercare tracce della presenza di Berillio-7 nel suo guscio di materia in espansione il team ha richiesto e ottenuto la disponibilità dello spettrografo UVES installato al Very Large Telescope dell’ESO. «Con una serie di osservazioni comprese tra 57 e 82 giorni dopo il massimo della Nova – spiega Massimo Della Valle, direttore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, che ha partecipato allo studio – è stato possibile per la prima volta seguire l’evoluzione dell’assorbimento in corrispondenza alla transizione del Berillio-7 e trovare la “firma” dell’isotopo. Inoltre è stato possibile calcolarne con precisione l’abbondanza. Una abbondanza che è risultata davvero enorme».

ll Berillio-7 è un elemento radioattivo e decade con un tempo di dimezzamento di 53.2 giorni in Litio-7. La sua scoperta nel gas in espansione di una Nova significa che questo isotopo deve essersi formato sulla superficie della nana bianca immediatamente prima dell’esplosione. Questa possibilità era stata ipotizzata a metà degli anni ’70 del secolo scorso dai ricercatori Marcel Arnould e Henry Norgaard ma mai dimostrata. Anzi la sistematica assenza di Litio-7 negli spettri delle Novae aveva fatto dubitare di questa ipotesi e pochi ormai, compresi gli stessi autori, ci credevano. E invece nella Nova del Sagittario il Berillio-7 non solo è stato trovato, ma in grandi quantità.

«L’abbondanza calcolata è impressionante» dice Molaro, primo autore dell’articolo che viene pubblicato oggi sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «Siamo circa 10 milioni di volte al di sopra del valore del Litio riscontrato nel nostro Sole. Questa abbondanza ripropone le Novae come una possibile sorgente del Litio nella Galassia. Anzi la quantità è tale che le Novae sono probabilmente la sorgente di tutto il Litio oltre a quello formato nel Big Bang – circa il 25 % – e quello trascurabile prodotto da processi di frammentazione dovuti ai raggi cosmici nel mezzo interstellare. E naturalmente questo vale anche per il Litio che abbiamo nelle batterie dei nostri cellulari».

Il Berillio-7 nasce dalla fusione tra elio 3 e elio 4 in una reazione nucleare alla temperatura di milioni di gradi sulla superficie della nana bianca. Questa reazione avviene anche oggi nell’interno del nostro Sole e in passato durante primi 3 minuti di vita dell’universo, nella nucleosintesi primordiale. Lo studio del team di Molaro fornisce la prova che il fenomeno avviene anche sulla superficie delle nane bianche nelle fasi che precedono l’esplosione della Nova.

Il Berillio ha inoltre una importanza cosmologica enorme. E’ infatti a causa dell’assenza di un nucleo stabile formato da 4 protoni e 4 neutroni (il Berillio-8) che il Big Bang  non ha prodotto elementi più pesanti del Litio. Ma il Litio prodotto dal Big Bang è appena il 25% circa di quello che oggi osserviamo. Per anni gli astronomi hanno cercato chi facesse il rimanente 75% ma senza peraltro riuscire ad identificarne la sorgente. Con i valori calcolati dal gruppo di ricerca, bastano circa 2 eventi all’anno analoghi a Nova Sagittarii N° 2 per produrre tutto il Litio osservato nella nostra Galassia.

 

Il team che ha condotto lo studio pubblicato oggi nell’articolo Highly Enriched 7Be in the ejecta of Nova Sagittarii 2015 No. 2 (V5668 Sgr) and the Galactic Lithium origin su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, oltre Paolo Molaro, è composto Paolo da Luca Izzo (ricercatore post-doc presso Instituto de Astrofisica de Andalucia IAA-CSIC a Granada, in Spagna), Elena Mason (INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste), Piercarlo Bonifacio (GEPI, Osservatorio di Parigi, Meudon) e Massimo Della Valle (INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Napoli).

Per saperne di più:

leggi su Media INAF l’articolo Risolto il mistero del Litio mancante

leggi su Media INAF l’articolo La presenza di Litio un fattore ambientale