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Tutti i quasar del BOSS

Grazie allo studio di decine di migliaia di quasar, tra le sorgenti più luminose dell'universo, i ricercatori del progetto BOSS stanno ricostruendo la distribuzione a grande scala della materia nell'universo, spingendosi fino a 3 miliardi di anni dopo il Big Bang. Viel (INAF): "Le misure confermano il modello standard che descrive la formazione delle strutture nell'universo".

     13/11/2012
Prosegue a pieno regime l’attività del progetto di ricerca BOSS (Baryon Oscillation Spectroscopic Survey) dedicato allo studio delle strutture a grande scala dell’universo e la loro evoluzione, dal Big Bang ai giorni nostri. Per ottenere questo ambizioso risultato BOSS prevede l’analisi della luce da centinaia di migliaia di oggetti celesti come galassie, quasar e stelle, a caccia delle oscillazioni acustiche barioniche (BAO).

Semplificando molto l’argomento, (che è stato trattato in modo più approfondito da un editoriale su Media INAF di Matteo Viel, ricercatore INAF che insieme al collega Stefano Cristiani partecipa alla collaborazione BOSS), le BAO sono i ‘messaggeri’ delle increspature presenti nella materia che costituiva l’universo  immediatamente dopo il Big Bang. Con il passare del tempo, questi addensamenti hanno dato origine alle strutture a grande scala dell’universo, come gli ammassi di galassie e le zone ad alta densità di gas o materia oscura. E proprio la conoscenza di questa distribuzione di materia nello spazio e nel tempo può consentirci di comprendere cos’è accaduto nei primissimi istanti di vita del cosmo. Misurando infatti la distanza fra le varie macrostrutture che oggi osserviamo nel cielo, sembra infatti che alcuni valori, quelli attorno al mezzo miliardo di anni luce, si riscontrino con maggiore frequenza di altri. E’ questa un’informazione molto iportante per astrofisici e cosmologi, che possono migliorare i modelli teorici che descrivono l’evoluzione del cosmo. Così, BOSS può essere pensato come un eccezionale strumento di misura di distanze per una grandissima quantità di oggetti celesti.

E dopo aver studiato più di 300.000 galassie distanti fino a sette miliardi di anni luce, i ricercatori della collaborazione BOSS hanno concentrato la loro attenzione su un’altra classe di oggetti celesti: i quasar. “I quasar sono gli oggetti più brillanti del cielo e perciò quelli più facilmente utilizzabili per ricavare spettri di sorgenti molto più distanti di quelle che abbiamo mappato finora” dice David Schlegel, astrofisico del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) e principal investigator di BOSS. “A queste distanze ci sono 100 galassie per ogni quasar, ma sono troppo deboli per utilizzarle nella nostra ricerca delle BAO”.
Nonostante la loro relativa rarità, questi oggetti celesti sono stati utilizzati come “torce” per illuminare le nubi di gas che si trovano lungo la nostra linea di vista. La radiazione di queste lontanissime e intense sorgenti, attraversando questi adensamenti di materia, viene in parte assorbita e riemerge portando con sé informazioni sulla distanza della nube. Queste informazioni vengono ‘decifrate’ grazie allo spettrografo del progetto BOSS, installato allo Sloan Foundation Telescope di Apache Point nel New Mexico.

” E’ una misura molto importante e nuova in almeno tre aspetti” commenta Matteo Viel. “Il primo è che finora la scala caratteristica delle oscillazioni barioniche acustiche, un ‘righello’ standard che permette di stimare la geometria dell’Universo, era stata misurata o ad epoche molto vicine alla nostra o nel fondo cosmico di microonde. Qui invece viene misurata per la prima volta in un’epoca intermedia (quando l’età dell’Universo è di circa 3 miliardi di anni). Il secondo aspetto di novità sostanziale è che per stimare questa scala utilizziamo la ‘foresta Lyman-alpha’ e non le galassie o il fondo cosmico di microonde: pertanto siamo in un regime completamente nuovo in cui l’idrogeno neutro diffuso traccia il campo gravitazionale sottostante. Come ultimo aspetto, il fatto che per riuscire ad apprezzare le oscillazioni barioniche acustiche su scale così grandi si è reso necessario analizzare in modo nuovo (in tre dimensioni) la cosiddetta cosmic web cioè la struttura cosmica intergalattica, mentre le analisi fatte fino ad ora si concentravano solamente su analisi a una dimensione. Questo tipo di misura conferma ciò che ci aspettiamo dal modello standard di formazione delle strutture e per la prima volta permette di apprezzare la decelerazione dell’universo primordiale, quando questo era rallentato dalla gravità, prima che l’energia oscura diventasse importante e ne determinasse l’accelerazione che invece misuriamo ad epoche più vicine alla nostra”.