LA PARTECIPAZIONE DELL’ITALIA ALL’ESO

Trent’anni di successi

Oggi lo European Southern Observatory celebra i 50 anni della sua istituzione. Il nostro Paese vi aderisce dal 1982 giocando un ruolo di primo piano nell'organizzazione. Per il Presidente dell'INAF Giovanni Bignami, "L'astronomia italiana è una delle eccellenze mondiali".

     05/10/2012

La regione di formazione stellare Messier 17, nota anche come Nebulosa Omega o Nebulosa del Cigno, situata nel cuore della Via Lattea, in direzione della costellazione del sagittario. La splendida ripresa è stata ottenuta dal telescopio VST in combinazione con la camera ad immagini OmegaCAM (Crediti: ESO/INAF-VST/OmegaCAM)

Nel 1982 la mitica Italia di Bearzot ci regalava il terzo titolo mondiale di calcio.  E questo è ben noto. Quello che probabilmente non molti sanno è che nello stesso anno l’Italia, quella dell’astronomia,  ratificò la sua adesione all’ESO, lo European Southern Observatory, entrando a pieno titolo in quello che negli anni sarebbe divenuta un’organizzazione leader a livello mondiale nel settore della ricerca astronomica e astrofisica.   Trent’anni  sono trascorsi, ricchi di successi  nella ricerca astrofisica di frontiera. Ma molto ancora deve arrivare:  nuove sfide sono pronte, sempre più ambiziose, da affrontare nei prossimi decenni.

“L’astronomia italiana è una delle eccellenze mondiali” dice Giovanni Bignami, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Da trent’anni, da quando cioè l’Italia ha aderito all’organizzazione europea, il nostro Paese è stato tra i principali sostenitori dell’astronomia europea.  L’INAF ha ora anche il compito di aumentare  il proprio ruolo all’interno dell’ESO non solo dal punto di vista scientifico, cosa che fa già da tempo, ma anche dal punto di vista del ritorno industriale delle nostre aziende, spesso piccole e medie, ma la cui capacità di realizzare le idee degli astrofisici e degli ingegneri che fanno ricerca in questo avanzato settore non è seconda a nessuno”.

L’Italia sin dal suo ingresso nell’ESO ha fornito un contributo decisivo per la costruzione del New Technology Telescope, NTT,  un telescopio di nuova concezione installato a La Silla. L’NTT, a sua volta ha spianato la strada alla realizzazione di un altro gioiello tecnologico: il Very Large Telescope, un sistema di quattro telescopi ottici, ciascuno con uno specchio primario di 8,2 metri di diametro, che opera all’Osservatorio di Paranal. Ed oggi, ad affiancare il VLT nella sua caccia ai segreti del cosmo, c’è un telescopio italiano: e’ il VST, ovvero VLT Survey Telescope. Ideato e progettato all’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte,  VST è dotato di uno specchio principale di 2.6 metri di diametro, abbinato un sofisticato sistema di ottica “attiva” per ottimizzare la qualità delle immagini raccolte e a OmegaCAM,  la potente camera per immagini il cui rivelatore, un mosaico di 32 CCD per complessivi 268 milioni di pixel, è capace di coprire un campo di vista nel cielo pari a un grado quadrato (equivalente alla superficie apparente di quattro lune piene). OmegaCAM è stata realizzata da un consorzio internazionale di cui, oltre all’ESO, fanno parte Istituti di ricerca tedeschi, olandesi e italiani. Per il nostro Paese sono coinvolti gli Osservatori INAF di Padova e Napoli. Con questa dotazione di prim’ordine VST, fin dalle sue prime riprese astronomiche, ha mostrato tutte le sue potenzialità con scatti spettacolari e ricchi di dettagli. Caratteristiche lo rendono un eccellente strumento per l’esplorazione sistematica del cielo e una valida “spalla scientifica” del VLT, cui potrà fornire una messe di “bersagli” snidati nella vastità del cosmo.

Sulla piana di Chajnantor invece, nel nord del Cile, l’osservatorio internazionale ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) gestito dall’ESO  sta per essere completato, ma ha già regalato agli scienziati osservazioni nella banda radio di alcuni oggetti celesti con un eccezionale livello di dettaglio. Attualmente la schiera di antenne è composta da una parte di quelle previste nella configurazione completa della struttura, che prevede 66 antenne paraboliche del diametro di 7 e 12 metri. Questi ricevitori saranno collegati tra loro come un unico, grande radiotelescopio per poter osservare contemporaneamente la stessa porzione di cielo nella banda di radiazione millimetrica e sub millimetrica, che ha una lunghezza d’onda circa 1000 volte maggiore di quella della luce visibile. Anche per ALMA l’Italia gioca un ruolo di primo piano, sia a livello scientifico che tecnologico. Ha infatti sede presso l’Istituto di Radioastronomia dell’INAF uno dei 7 ALMA Regional Center (ARCs) della rete europea. Il centro italiano ARC ha come obiettivo quello di supportare gli astronomi nella presentazione delle domande di tempo osservativo al radiotelescopio e per l’elaborazione dell’enorme mole di dati prodotti dalle campagne osservative di ALMA.

E accanto a questi gioielli già operativi, l’ESO e i suoi stati membri stanno gettando le basi per una vera a propria rivoluzione nello studio del cosmo che, secondo i piani, dovrebbe completarsi tra una decina di anni: la realizzazione dell’European Extremely Large Telescope (E-ELT), il mastodontico telescopio con lo specchio principale da 39 metri di diametro. E-ELT affronterà i più affascinanti ed enigmatici campi dell’astrofisica contemporanea e tra i sui obiettivi c’è anche quello di riuscire a identificare pianeti simili alla Terra nelle “zone abitabili”, cioè regioni che permettono la formazione della vita, intorno ad altre stelle. Effettuerà anche studi di “archeologia stellare” nelle galassie vicine e darà contributi fondamentali alla cosmologia, misurando le proprietà delle prime stelle e galassie, investigando la natura della materia oscura e dell’energia oscura.

L’Italia e l’INAF giocano un ruolo chiave nella realizzazione di questo ambizioso progetto, sia come contributo economico che con gli scienziati coinvolti, come Giuseppe Bono, dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’ e associato INAF, chair dell’E-ELT Project Science Team, a cui partecipa anche Roberto Ragazzoni, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e Isobel Hook, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma e Università di Oxford, ma anche come tecnologie che verranno implementate. Una su tutte, il sistema di ottiche adattive “made in INAF”, in grado di correggere e annullare gli effetti negativi della turbolenza atmosferica sulle immagini astronomiche.

 

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