RAGGI X DI ORIGINE NON TERMICA DA ETA CARINAE

Eta Carinae spara raggi cosmici

Un nuovo studio che utilizza i dati del telescopio spaziale NuStar suggerisce che Eta Carinae, il sistema stellare più luminoso e massiccio entro 10mila anni luce da noi, sta accelerando particelle ad altissima energia, alcune delle quali potrebbero raggiungere la Terra ed essere rivelate come raggi cosmici. I risultati su Nature Astronomy.

     04/07/2018

La grande eruzione di Eta Carinae negli anni ’40 ha creato la nebulosa di Homunculus, mostrata qui da Hubble. Ora, a circa un anno luce, la nube in espansione contiene abbastanza materiale per realizzare almeno 10 copie del nostro Sole. Gli astronomi non sono ancora in grado di spiegare cosa abbia causato questa esplosione. Crediti: NASA, ESA, and the Hubble SM4 ERO Team.

Un nuovo studio che utilizza i dati del telescopio spaziale NuStar della Nasa suggerisce che Eta Carinae, il sistema stellare più luminoso e massiccio entro 10mila anni luce da noi, sta accelerando particelle ad altissima energia, alcune delle quali potrebbero raggiungere la Terra ed essere rivelate come raggi cosmici.

«Sappiamo che le onde d’urto che si generano con l’esplosione delle stelle possono accelerare le particelle dei raggi cosmici a velocità paragonabili a quella della luce, grazie al loro incredibile impulso energetico», afferma Kenji Hamaguchi, astrofisico del Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland, nonché autore principale dello studio. «Simili processi devono verificarsi anche in altri ambienti estremi. La nostra analisi indica che Eta Carinae è uno di questi».

Gli astronomi sanno che i raggi cosmici con energie superiori a un miliardo di elettronvolt (1 GeV) provengono dall’esterno del nostro Sistema solare. Visto che queste particelle – elettroni, protoni e nuclei atomici – sono tutte dotate di carica elettrica, la loro direzione cambia quando incontrano campi magnetici: i loro percorsi vengono modificati e la loro origine rimane pertanto sconosciuta.

Eta Carinae, situata a circa 7.500 anni luce di distanza nella costellazione meridionale della Carena, è famosa per un’esplosione (outburst) avvenuta nel XIX secolo che per breve tempo l’ha resa la seconda stella più luminosa del cielo. Questo evento, la cui causa rimane poco conosciuta, ha inoltre generato una massiccia nebulosa a forma di clessidra. Il sistema contiene una coppia di stelle massicce le cui orbite eccentriche le portano insolitamente vicine ogni 5.5 anni. Le stelle sono caratterizzate da una massa pari a 90 e 30 volte la massa del nostro Sole e nel momento in cui sono più vicine la loro distanza è di circa 225 milioni di chilometri, che è simile alla distanza che separa Marte dal Sole.

«Entrambe le stelle di Eta Carinae generano potenti deflussi (outflows) denominati venti stellari» spiega Michael Corcoran, membro del gruppo di ricerca al Goddard. «La zona in cui questi venti si scontrano cambia durante il ciclo orbitale, e questo produce un segnale periodico nei raggi X di bassa energia che abbiamo tracciato per più di due decenni».

Il telescopio spaziale a raggi gamma Fermi della Nasa ha osservato un cambiamento nei raggi gamma – molto più energetici dei raggi X – provenienti da una sorgente nella direzione di Eta Carinae. Ma la visione di Fermi non è così accurata come quella dei telescopi a raggi X e quindi gli astronomi non hanno potuto confermare un’eventuale legame tra le due emissioni.

Eta Carinae brilla nei raggi X in questa immagine presa dall’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA. I colori indicano diverse energie. Il rosso si estende da 300 a 1.000 elettronvolt (eV), il verde varia da 1.000 a 3.000 eV e il blu da 3.000 a 10.000 eV. Per confronto, l’energia della luce visibile è di circa 2 o 3 eV. Le osservazioni NuSTAR (contorni verdi) rivelano una fonte di raggi X con energie circa tre volte superiori a quelle rilevate da Chandra. I raggi X visti dalla sorgente puntiforme centrale derivano dalla collisione dei venti stellari nel sistema binario. Il rilevamento effettuato con NuSTAR mostra che le onde d’urto nella zona di collisione accelerano particelle cariche come elettroni e protoni a velocità prossime a quella della luce. Alcune di queste particele possono raggiungere la Terra, dove verranno rilevate come particelle dei raggi cosmici. I raggi X sparpagliati dai detriti espulsi nella famosa eruzione del 1840, possono produrre l’emissione rossa più vasta. Crediti: Nasa/Cxc and Nasa/Jpl-Caltech

Per colmare il divario tra il monitoraggio a raggi X a bassa energia e le osservazioni di Fermi, Hamaguchi e i suoi colleghi si sono rivolti a NuStar. Lanciato nel 2012, NuStar può focalizzare i raggi X di energia molto maggiore rispetto a qualsiasi telescopio esistente. Utilizzando sia i nuovi dati acquisiti che quelli archiviati, il gruppo di ricerca ha esaminato le osservazioni NuStar acquisite tra marzo 2014 e giugno 2016, insieme alle osservazioni a raggi X a energia più bassa del satellite Xmm-Newton dell’Agenzia spaziale europea, nello stesso periodo.

I raggi X di Eta Carinae a bassa energia, chiamati anche “morbidi”, provengono dal gas che si trova all’interfaccia dei venti stellari in collisione, dove le temperature superano i 40 milioni di gradi Celsius. Ma NuStar ha rilevato una sorgente che emette raggi X sopra i 30.000 eV: un’energia circa tre volte più alta di quella che può essere spiegata dalle onde d’urto. Per capire l’entità delle energie in gioco, come termine di paragone basti sapere che l’energia della luce visibile varia da circa 2 a 3 eV. L’analisi del gruppo di ricerca, presentata in un articolo pubblicato su Nature Astronomy, mostra che l’energia di questi raggi X “duri” varia con una periodicità molto simile a quella dell’orbita del sistema binario e l’andamento è molto simile a quello dei raggi gamma osservati da Fermi.

I ricercatori sostengono che la migliore spiegazione per entrambe le emissioni, X e gamma, è legata all’accelerazione degli elettroni indotta dalle violente onde d’urto al confine dei venti stellari che stanno collidendo. I raggi X rilevati da NuStar e i raggi gamma rilevati da Fermi potrebbero derivare dalla luce stellare che subisce un enorme aumento di energia in seguito all’interazione con questi elettroni. Alcuni degli elettroni superveloci, così come altre particelle accelerate, riescono a sfuggire al sistema binario e forse alcuni alla fine arrivano sulla Terra, dove vengono rivelati come raggi cosmici.

«Sappiamo da tempo che la regione attorno a Eta Carinae è una fonte di emissione energetica a raggi X e raggi gamma ad alta energia», ha detto Fiona Harrison, principal investigator di NuStar e prof di astronomia al Caltech di Pasadena, in California. «Ma finché NuStar non è stato in grado di individuare la radiazione, mostrare che proviene dal sistema binario e studiarne le proprietà nel dettaglio, l’origine è rimasta misteriosa».

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