SUGLI ELETTRONI NELLE FASCE DI VAN ALLEN

CubeSat studentesco risolve mistero decennale

A volte, le dimensioni non contano. Come nel caso del mini-satellite realizzato da studenti dell’Università del Colorado che ha permesso di rivelare, per la prima volta, come siano creati gli elettroni presenti nelle fasce di radiazioni vicino alla Terra

     13/12/2017

Il CubeSat Csswe in camera pulita. Crediti: Università del Colorado a Boulder

Il mistero che durava da 60 anni sull’origine di alcune particelle altamente energetiche presenti nelle fasce di radiazione attorno alla Terra è stato ora risolto utilizzando i dati raccolti da un mini satellite, un CubeSat da tre unità costruito e gestito da studenti dell’Università del Colorado a Boulder. I risultati del nuovo studio, pubblicati sull’ultimo numero di Nature, indicano che gli elettroni di alta energia rintracciabili nella cintura interna delle fasce di Van Allen – strati di particelle energetiche intrappolate dal campo magnetico terrestre – vengono creati dai raggi cosmici generati da esplosioni di supernove.

Gli autori del nuovo studio, guidati da Xinlin Li del Laboratorio per la fisica dell’atmosfera e dello spazio dell’Università del Colorado a Boulder, hanno dimostrato che durante un particolare processo di decadimento dei neutroni – definito dagli esperti Crand, dall’inglese cosmic ray albedo neutron decay – i raggi cosmici che entrano nell’atmosfera terrestre si scontrano con atomi neutri, dando origine a uno splash che produce particelle cariche. Tra le particelle prodotte vi sono elettroni, che rimangono intrappolati nel campo magnetico terrestre.

Subito dopo la scoperta delle fasce di radiazione di Van Allen nel 1958, scienziati sia americani che russi conclusero che il processo di decadimento Crand era probabilmente all’origine dei protoni ad alta energia intrappolati nel campo magnetico terrestre. Ma, nel corso dei decenni successivi, nessuno è riuscito a rilevare con successo i corrispondenti elettroni prodotti durante il decadimento del neutrone.

Il CubeSat in questione, denominato Colorado Student Space Weather Experiment (Csswe), ospita un rivelatore di particelle per misurare il flusso dei protoni energetici solari e degli elettroni nella fascia di radiazioni attorno alla Terra. Si tratta di una versione ridotta dei rivelatori montati a bordo delle sonde gemelle Van Allen Probes, messe in orbita dalla Nasa nel 2012.

Ground station Csswe. Crediti: Università del Colorado a Boulder

Lanciata sempre nel 2012, la piccola missione Csswe ha coinvolto diverse decine di studenti dell’Università del Colorado a Boulder. È stata controllata per più di due anni da una stazione a terra posizionata sul tetto di un edificio del campus universitario.

I risultati hanno implicazioni per comprendere e prevedere meglio l’arrivo di elettroni energetici nello spazio vicino alla Terra, dal momento che queste particelle possono danneggiare i satelliti e rappresentano una costante minaccia per la salute degli astronauti, in particolare durante le missioni extra-veicolari.

«Questi risultati rivelano, per la prima volta, come siano create particelle cariche energetiche nell’ambiente spaziale vicino alla Terra», ha commentato Irfan Azeem, direttore di programma della Nsf, l’agenzia scientifica statunitense che ha finanziato il mini satellite. «È emozionante vedere come un CubeSats costruito da studenti universitari e neo-laureati sia al centro di un’importante scoperta scientifica».

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