EFFETTO FARADAY A 5 MILIARDI DI ANNI LUCE

Viviamo in un universo magnetico

Come un fossile testimone di un’era lontana, l’osservazione record a 5 miliardi di anni luce del campo magnetico di una galassia simile alla Via Lattea lascia pensare che il magnetismo galattico si sviluppi precocemente e rimanga stabile nel tempo, piuttosto che crescere e rafforzarsi progressivamente. L'articolo su Nature Astronomy

     28/08/2017

La schiera di radiotelescopi Very Large Array con cui è stata effettuata l’osservazione. Crediti: Nrao/Aui; Bob Tetro

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, si accese un campo magnetico che probabilmente ancora oggi aleggia immutato… Così potremmo sintetizzare la storia scientifica contenuta in un articolo appena pubblicato su Nature Astronomy, in cui un gruppo internazionale di ricercatori racconta di come abbia osservato il campo magnetico di una galassia a 5 miliardi di anni luce dalla Terra, la più distante in cui si sia mai rilevato un campo magnetico coerente.

Un’osservazione che, secondo i ricercatori, permette di fare tutta una serie di congetture importanti su come si sia formato il magnetismo nell’universo e su come si evolva nel tempo. È stato infatti misurato un campo magnetico di forza e configurazione del tutto simili a quelle della nostra galassia, la Via Lattea, nonostante la galassia in oggetto sia ben 5 miliardi di anni più giovane. Questo dimostrerebbe che i campi magnetici si generano in un’epoca precoce della formazione galattica e che rimangono relativamente stabili nel tempo.

I campi magnetici galattici sono assai tenui, un milione di volte più deboli del campo magnetico terrestre, ma non per questo meno interessanti. «Il magnetismo è generato molto presto nella vita di una galassia da processi naturali, quindi quasi ogni corpo celeste è magnetico», commenta uno degli autori del nuovo studio, Bryan Gaensler dell’Università di Toronto. «L’implicazione è che per comprendere l’universo abbiamo bisogno di comprendere il magnetismo».

In questa immagine del telescopio spaziale Hubble appare la galassia di cui è stato rilevato il campo magnetico: è l’oggetto centrale, più debole, mentre i due punti luminosi ai lati sono proiezioni del quasar retrostante dovute all’effetto di lente gravitazionale. Crediti: Nasa

Studiare l’evoluzione dei campi magnetici galattici richiede osservazioni di galassie a diverse età, quindi a diverse distanze da noi. Ma queste osservazioni non sono agevoli, anche perché il campo magnetico non può essere rilevato direttamente, ma solo mediante “l’impronta magnetica” lasciata sulla luce che vi passa attraverso, un effetto denominato come rotazione di Faraday.

L’effetto Faraday è stato in questo caso utilizzato per l’osservazione di una lontana galassia, dietro alla quale si trova allineata un assai più distante e luminosa quasar. Grazie a questo fortuito allineamento, la luce della quasar diretta verso di noi passa attraverso il campo magnetico della galassia, raccogliendo l’impronta dell’effetto Faraday. Impronta svelata in questo caso da un grande radiotelescopio, la schiera di parabole G. Karl Jansky Very Large Array nel deserto del Nuovo Messico.

«Nessuno veramente sa da dove viene il magnetismo cosmico o come è stato generato», conclude Gaensler. «Ma ora abbiamo un indizio importante, necessario per risolvere questo mistero, estratto dai reperti fossili del magnetismo presente in una lontana galassia miliardi di anni fa».

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