VOCI E DOMANDE DELL’ASTROFISICA

Reionizzazione, la luce alla fine dell’età oscura

È una storia d’alternanza fra oscurità e luce, quella del primo miliardo di anni dell’universo. In principio era il buio, dopo circa 380mila anni fu la luce, poi fu di nuovo buio per qualche centinaia di milioni di anni. Infine, con l’epoca della reionizzazione, l’età oscura ebbe definitivamente termine. Ma quando avvenne, esattamente? E come?

     20/06/2017

Con il termine “epoca della reionizzazione” (nello schema qui sotto, reionisation) si intende il periodo in cui il gas primordiale, di cui è pervaso l’universo nelle prime fasi della sua evoluzione, passa dallo stato neutro a quello ionizzato.

Visualizzazione schematica delle tappe principali del Big Bang. L’universo è composto da gas neutro a 400mila anni dopo il Big Bang, e la radiazione delle prime stelle inizia a re-ionizzare l’idrogeno. Dopo diverse centinaia di milioni di anni l’universo è completamente ionizzato. Crediti: Osservatorio astronomico nazionale del Giappone (Naoj)

Secondo il modello del Big Bang, nelle fasi iniziali l’universo è caldo e denso, al punto che le particelle fondamentali formano quella che viene definita una “zuppa cosmica”, ovvero un tutt’uno in cui particelle subatomiche e fotoni sono del tutto indistinguibili. I fotoni viaggiano venendo continuamente assorbiti e riemessi da altre particelle, togliendoci ogni possibilità di accedere a queste prime fasi dell’evoluzione dell’universo. Ci vogliono circa 380mila anni perché l’universo, espandendosi e raffreddandosi, permetta a elettroni e protoni di accoppiarsi e formare atomi neutri. A questo punto anche i fotoni sono liberi di muoversi e arrivare fino a noi, fornendoci la prima fotografia dell’universo che si possa sperare di ottenere: la radiazione cosmica di fondo, o Cmb.

Mentre i fotoni intraprendono il loro primo viaggio “libero” per l’universo, elettroni e protoni si combinano. L’elettrone bilancia la carica positiva del protone, formando un gas neutro costituito essenzialmente da atomi di idrogeno. Il gas si addensa sempre di più per effetto della gravità, e l’universo piomba ancora nel buio, in quella che viene definita l’età oscura. In questa fase, infatti, ogni fotone emesso viene assorbito dal gas neutro.

Lentamente, le regioni che si sono addensate maggiormente per effetto della gravità iniziano a formare stelle, galassie e quasar. Il meccanismo attraverso il quale stelle e galassie iniziano a formarsi è ancora poco conosciuto, ed è oggetto di intense ricerche.

Secondo le teorie attuali, la radiazione emessa dalle prime stelle ha un’energia sufficiente per slegare l’elettrone dall’atomo di idrogeno – quel processo noto in chimica come ionizzazione. Il fotone viene assorbito dall’atomo, e l’elettrone viene slegato. Ha inizio quella che viene chiamata l’epoca della re-ionizzazione.

Non tutto il gas viene ionizzato nello stesso momento. Le prime regioni ad essere ionizzate sono quelle che si trovano vicino alle sorgenti di energia necessarie per la ionizzazione – le prime stelle e le prime galassie, appunto. Col passare del tempo, una quantità sempre maggiore del gas viene ionizzata, e a questo punto la radiazione emessa dalle stelle non viene più assorbita dal gas, e può propagarsi nell’Universo ed essere rilevata oggi da osservazioni ottiche e infrarosse. Circa un miliardo di anni dopo il Big Bang la ionizzazione è completa e l’età scura dell’Universo può dirsi conclusa.

Studi in corso e domande aperte

Sappiamo come era l’universo all’epoca della radiazione cosmica di fondo, e sappiamo come è l’universo oggi, ma come siamo arrivati alla formazione di stelle, galassie, e delle altre strutture che permeano l’universo che conosciamo oggi?

21 è la lunghezza d’onda, in centimetri, della transizione iperfina dell’idrogeno neutro

L’epoca della reionizzazione è una delle fasi più importanti per capire l’evoluzione dell’universo. Identificare questa fase, significa comprendere quando, e come, e per quanto tempo le prime stelle e galassie si sono formate. Ma come possiamo studiare l’universo in queste fasi se nessuna radiazione emessa può arrivare a noi? L’idea è quella di tracciare i tempi e le modalità attraverso le quali l’idrogeno neutro “scompare” proprio per effetto della reionizzazione. C’è un’emissione specifica associata alla presenza di idrogeno neutro, ovvero una riga spettrale a 21 cm. Per effetto dell’espansione dell’universo, la frequenza di questa riga viene spostata a frequenze sempre più basse man mano che l’espansione procede. Mappando in tempo e in spazio la presenza della riga a 21 cm nelle prime fasi dell’universo, la sfida degli astrofisici è quella di riuscire a capire tempistiche e modalità della accensione delle prime stelle e formazione delle prime strutture cosmiche.

Il satellite Wmap aveva datato l’inizio dell’epoca della reionizzazione circa 450 milioni di anni dopo il Big Bang. Ci si aspetta che la reionizzazione sia avvenuta in un lasso di tempo di diverse centinaia di migliaia di anni, per terminare circa 900 milioni di anni dopo il Big Bang. I dati dello Hubble Space Telescope indicano che le prime stelle si sono formate solamente 300-400 milioni di anni dopo il Big Bang. Che cosa – allora – avrebbe innescato la reionizzazione se questa è iniziata prima? Recentemente il satellite Planck ha ridatato l’inizio di questa epoca – e quindi la fine dell’età oscura – a 550 milioni di anni dopo il Big Bang, rimettendo in campo l’ipotesi che siano state appunto le prime stelle a dare il via alla fine dell’età oscura. Segnare l’inizio e la fine di questa epoca non è che il primo passo verso la conoscenza dei fenomeni che si sono succeduti in quell’arco di tempo.

Il coinvolgimento dell’Istituto nazionale di astrofisica

Diversi sono gli istituti Inaf che hanno un ruolo di primo piano per gli studi della reionizzazione: dagli scienziati coinvolti negli aspetti tecnologici e scientifici del progetto legato al satellite Planck, a quelli più strettamente coinvolti a livello teorico. L’epoca della reionizzazione è anche il nome di uno dei progetti chiave dello Square Kilometer Array, un radiotelescopio rivoluzionario che vedrà la prima luce all’inizio del prossimo decennio, e che vede una cospicua partecipazione Inaf a tutti i livelli.


L’autrice: Annalisa Bonafede è ricercatrice Inaf all’Istituto di radioastronomia di Bologna

Su Media Inaf potrai trovare, mano a mano che verranno pubblicate, tutte le schede della rubrica dedicata a Voci e domande dell’astrofisica, scritte dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica.