GLI ARTICOLI SCIENTIFICI PIÙ “SOCIAL”

L’astronomia nella top ten Altmetric

Altmetric Top 100 è una classifica annuale che misura gli articoli scientifici più popolari, a seconda di quanta diffusione hanno avuto e quanta attenzione e dibattito hanno generato sui social media e media online. Quest'anno, l'astrofisica è l'argomento di ben tre articoli tra i primi dieci della classifica. Le relative news sono state assai apprezzate anche da lettori e lettrici di Media INAF: scopriamo quali sono

     14/12/2016

Il logo della classifica Altmetric

Tra l’Obama Care e il virus Zika, il 2016 che sta per finire è stato caratterizzato anche da molta astronomia. Lo dimostra la classifica annuale Altmetric Top 100, che ogni anno mette in fila gli articoli di ricerca che hanno generato attenzione e dibattito sui media generalisti, sui blog, su Wikipedia e sui social network, piuttosto che su riviste scientifiche o altre piattaforme accademiche. Tra i primi 10 articoli scientifici citati dalla classifica ce ne sono tre molto familiari, di cui abbiamo scritto su Media INAF e che sono in effetti risultati particolarmente popolari, registrando più di mille condivisioni ciascuno.  Al terzo posto della classifica Altmetric troviamo l’ormai celebre rilevazione delle onde gravitazionali (leggi QUI), al quarto posto c’è l’ipotesi dell’esistenza di un fantomatico pianeta numero nove nel nostro Sistema solare (leggi QUI) e al decimo posto è rientrato l’atlante mondiale dell’inquinamento luminoso elaborato da un team internazionale di ricercatori con a capo un italiano (leggi QUI).

Le collaborazioni internazionali sono la forza di questa classifica, dove vediamo autori provenienti soprattutto dagli Stati Uniti e dall’Europa. Tra i temi più discussi ci sono la medicina e tutto ciò che riguarda la nostra salute, gli studi sociali, la fisica e le scienze ambientali. Ovviamente alcune scoperte nel campo dell’astrofisica non potevano non essere inserite in questa lunga lista di articoli.

Rappresentazione artistica dei due buchi neri all’origine delle onde gravitazionali rivelate da LIGO. Crediti: SXS Lensing

Non avranno vinto il Nobel per la Fisica quest’anno, ma se lo meritano sicuramente i ricercatori della collaborazione LIGO-Virgo che hanno firmato lo studio sulla prima rilevazione delle onde gravitazionali. Albert Einstein aveva previsto tutto già 100 anni fa nella sua teoria della relatività generale, in cui affermava che il tessuto spazio-temporale viene deformato da qualunque oggetto che abbia massa. Le onde gravitazionali sono delle impercettibili vibrazioni nel tessuto spazio-temporale provocate da eventi drammatici, come il merging (o fusione) di due buchi neri supermassicci (nel caso dello studio si parla di masse equivalenti a 29 e 36 masse solari). I tecnici della collaborazione LIGO-Virgo hanno captato il debolissimo segnale alle 10:50:45 – ora italiana – di lunedì 14 settembre del 2015 e hanno riscritto la storia perché la capacità di osservare le onde gravitazionali apre un capitolo tutto nuovo nella fisica fondamentale e nell’astrofisica. I lunghi bracci dei sensibilissimi interferometri statunitensi di LIGO hanno cercato di individuare dei segnali che si distinguessero dal grande rumore di fondo. I ruolo dell’Italia è stato importante per questa scoperta, perché i ricercatori di VIRGO hanno lavorato congiuntamente ai colleghi americani anche in tutto il processo di analisi dati, che è una parte fondamentale dell’esperimento. VIRGO è l’unico rivelatore in grado al momento di affiancare i due di LIGO per una triangolazione, con i suoi bracci da 3 km costruiti nella campagna pisana. Lo strumento entrerà in funzione a marzo (leggi QUI). Secondo la classifica Altmetric, la notizia è stata twittata ben 4244 volte nel corso di questi mesi.

Rappresentazione artistica del Planet Nine. Crediti: Wikipedia

Tante condivisioni, articoli, post sui social anche per la notizia del famoso Planet Nine. Nessuno lo ha mai visto, ci sono solo freddi calcoli matematici e sfilze di numeri che proverebbero la presenza, lì da qualche parte ai confini del nostro Sistema solare, a circa 96 miliardi di chilometri dal Sole, di un pianeta misterioso probabilmente 10 volte la massa della Terra, quindi molto simile a Urano e Nettuno. Se davvero esistesse, almeno uno dei pianeti giganti sarebbe condannato, dopo la “morte” del Sole, all’eliminazione. Questo pianeta numero nove dovrebbe essere un mondo ghiacciato, perché ovviamente molto lontano dal Sole e a spingerlo così “fuori portata” sarebbero stati gli altri pianeti durante la fase di formazione, circa 4.5 miliardi di anni fa. Le ipotesi sono ancora molte ma è tutto ancora molto vago, almeno fino a quando qualche telescopio o sonda sarà in grado di portare a casa delle foto.

L’Atlante Mondiale dell’Inquinamento Luminoso di Fabio Falchi

Una notizia che è andata molto forte in Giappone (oltre che in Italia) è quella dell’edizione aggiornata dell’atlante mondiale dell’inquinamento luminoso. Uno studio che documenta quanto il cielo notturno del nostro pianeta sia “sporcato” dalla luce artificiale. Un fenomeno, quello della perdita del cielo buio, che oltre a interessare gli appassionati di astronomia ha conseguenze anche sugli organismi notturni e sugli ecosistemi in cui vivono. Il team di ricerca è stato guidato da Fabio Falchi, professore di fisica al Fermi di Mantova nonché ricercatore all’ISTIL, l’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso. Dai dati raccolti è emerso un elemento preoccupante: tra i paesi G20, l’Italia è (con la Corea del Sud), la nazione più inquinata in assoluto e questo perché (come accade in Spagna) usiamo un numero maggiore di dispositivi per l’illuminazione stradale. Un altro dato non trascurabile è che ormai la Via Lattea è invisibile per l’80% degli americani.

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