DA CURIOSITY ALTRO INDIZIO FAVOREVOLE ALLA VITA

Boro per il bagnetto di Marte

«Più complicata è la chimica, maggiore è la probabilità di abitabilità», dice John Grotzinger, uno dei ricercatori che, grazie al rover Curiosity della NASA, hanno identificato per la prima volta il boro su Marte. Se lassù questo elemento chimico si comporta come sulla Terra, allora il bacino sedimentario in cui si è depositato godeva un tempo di un ambiente molto favorevole alla vita microbica

     14/12/2016

Al meeting autunnale dell’American Geophysical Union, in corso a San Francisco (USA), la NASA ha annunciato che il rover Curiosity ha trovato, per la prima volta, boro su Marte. Elemento chimico relativamente scarso sulla Terra, dove si presenta come un solido quasi nero e viene generalmente rintracciato in strutture cristalline, è stato identificato sulla superficie del Pianeta rosso grazie al laser della ChemCam, strumento realizzato da ricercatori del Los Alamos National Laboratory e dell’Agenzia spaziale francese (CNES).

Le micro immagini remote mostrano la posizione di ogni singolo punto laser della ChemCam. La barra della scala è di 9,2 mm. Crediti: JPL-Caltech / MSSS / LANL / CNES-IRAP / William Rapin

«Il boro non è mai stato trovato in precedenza da alcuna missione su Marte», ha detto Patrick Gasda, ricercatore presso il Los Alamos National Laboratory. Due le ipotesi che gli scienziati avanzano per spiegare la sua presenza sulla superficie del Pianeta rosso. Un eventuale prosciugamento del lago di Gale potrebbe aver lasciato un deposito di boro in uno strato superficiale non raggiunto da Curiosity, ma la presenza di acque sotterranee potrebbe aver lasciato tracce di boro nelle vene rocciose. Oppure i cambiamenti chimici nei depositi di argilla delle acque sotterranee potrebbe avere consentito una concentrazione di boro nei sedimenti locali.

Quando Curiosity atterrò sul cratere Gale, nel 2012, il principale scopo della missione era quello di determinare se l’area avesse mai offerto un ambiente favorevole al forme di vita microbica.  «Se il boro che abbiamo trovato nelle vene di minerali di solfato di calcio su Marte è simile a quello che vediamo sulla Terra, vorrebbe dire che queste vene sotterranee risentivano di una temperatura tra 0 e 60 gradi centigradi e di un pH da neutro ad alcalino. Sia la temperatura che il pH potrebbero aver reso Marte abitabile, almeno nell’antichità», aggiunge Gasda.

La scoperta del boro è solo una delle numerose e recenti scoperte relative alla composizione delle rocce marziane. Per gli scienziati ripercorrere i diversi strati nella composizione della roccia marziana potrebbe confermare le ipotesi di laghi e ambienti sotterranei, umidi e forse fertili per la vita microbica, ma fermi a miliardi di anni fa. Nelle vene dei minerali marziani c’è la chiave d’interpretazione, che prevede il riempimento lento di crepe della roccia antica e stratificata. Anche la composizione di tale matrice racconta di una mescolanza e di una reciproca influenza tra roccia e fluido.

«Un bacino sedimentario come questo è in pratica un reattore chimico», ha commentato John Grotzinger del Caltech di Pasadena, in California. «Gli elementi si trovano riorganizzati; si formano nuovi minerali e quelli vecchi si dissolvono; gli elettroni vengono distribuiti. Sulla Terra, questo tipo di reazioni sostengono la vita».

I quattro siti di perforazione più recenti, da “Oudam” dello scorso giugno e “Sebina” di ottobre, sono a 25 metri di distanza l’uno dall’altro in quota, cioè dal basso verso l’alto. La diversa elevazione permette al team scientifico di verificare la presenza o meno di boro anche in strati relativamente più giovani, ma significativi, della storia ambientale del Monte Sharp.

«Le variazioni di questi minerali indicano un sistema dinamico», ha aggiunto Grotzinger. «Essi interagiscono con le acque sotterranee e con quelle di superficie. L’acqua influenza la chimica delle argille, che a loro volta modificano la composizione dell’acqua. La complessità chimica indica una storia lunga di interazione con l’elemento acqua. Più complicata è la chimica, maggiore è la probabilità di abitabilità. Il boro e l’argilla sottolineano la mobilità di elementi ed elettroni, e questa è certamente una buona condizione per la vita».

Guarda anche il video (in inglese) realizzati dai Laboratori Nazionali di Los Alamos: