UN NUOVO METODO METTE ALLA PROVA LA TEORIA DI EINSTEIN

Esistono diversi tipi di buchi neri?

Le immagini dei buchi neri offrono un banco di prova per testare la teoria della relatività di Einstein. Un team guidato da Luciano Rezzolla ha sviluppato un metodo per confrontare le previsioni di diverse teorie della gravità, analizzando le ombre dei buchi neri supermassicci. Con telescopi più potenti, sarà possibile verificare se i buchi neri di Einstein sono davvero gli unici possibili. I dettagli su Nature Astronomy

     06/11/2025

Le immagini dei buchi neri ottenute con l’Event Horizon Telescope (Eht) sono molto più che semplici immagini affascinanti: in futuro potrebbero servire come “banco di prova” per le teorie alternative sulla gravità. Lo sostiene un team internazionale guidato da Luciano Rezzolla, astrofisico della Goethe University di Francoforte, in uno studio pubblicato ieri su Nature Astronomy, che ha sviluppato un nuovo metodo per verificare se i buchi neri si comportano secondo la teoria della relatività di Einstein o secondo teorie più esotiche della gravità. Per raggiungere questo obiettivo, i ricercatori hanno realizzato simulazioni numeriche altamente complesse, da cui hanno ricavato criteri osservabili che potranno essere messi alla prova con i telescopi di prossima generazione. Tale approccio potrebbe, nei prossimi anni, consentire di testare la validità delle teorie di Einstein anche nei contesti gravitazionali più estremi dell’universo.

Alla risoluzione attuale dei telescopi, i buchi neri previsti dalle diverse teorie della gravità appaiono ancora molto simili tra loro. I telescopi del futuro renderanno queste differenze più evidenti, permettendo di distinguere i buchi neri descritti da Einstein da quelli previsti da altre teorie. Crediti: L. Rezzolla / Goethe-Universität

I buchi neri sono considerati dei veri e propri divoratori cosmici, dai quali nemmeno la luce riesce a sfuggire. Anche per questo motivo, le immagini dei buchi neri al centro della galassia M87 e della Via Lattea, pubblicate alcuni anni fa dalla collaborazione Eht, hanno aperto nuovi orizzonti nella comprensione di questi misteriosi oggetti. «Ciò che si vede in queste immagini non è il buco nero stesso, ma piuttosto la materia calda nelle sue immediate vicinanze», spiega Rezzolla, che, insieme al suo team della Goethe University di Francoforte, ha avuto un ruolo chiave nelle scoperte. «Finché la materia continua a ruotare al di fuori dell’orizzonte degli eventi – prima di essere inevitabilmente risucchiata – può emettere segnali luminosi che, in linea di principio, siamo in grado di rilevare».

Ciò che le immagini mostrano, all’interno dei confini segnati dall’anello dai tipici colori caldi e brillanti, è in realtà l’ombra del buco nero. Questa scoperta apre la possibilità di esaminare più da vicino le teorie che descrivono la natura di questi oggetti cosmici estremi. Finora, la teoria della relatività generale di Einstein è considerata il gold standard della fisica per quanto riguarda la descrizione dello spazio e del tempo. Essa prevede l’esistenza dei buchi neri come soluzioni particolari delle sue equazioni, con tutte le loro straordinarie peculiarità. Tra queste, l’orizzonte degli eventi: il confine oltre il quale nulla, nemmeno la luce, può sfuggire. «Esistono tuttavia anche altre teorie, ancora ipotetiche», ricorda Rezzolla, «che prevedono anch’esse l’esistenza dei buchi neri. Alcuni di questi approcci richiedono la presenza di materia con proprietà molto specifiche o addirittura la violazione delle leggi fisiche che conosciamo attualmente».

Finora non esistevano dati concreti in grado di confermare o smentire queste teorie, ma i ricercatori intendono cambiare questa situazione grazie all’analisi delle immagini delle ombre dei buchi neri supermassicci – e questo studio ne è una dimostrazione.

«Ciò richiede due cose», spiega Rezzolla. «Da un lato, immagini dell’ombra ad alta risoluzione dei buchi neri per determinarne il raggio nel modo più accurato possibile e, dall’altro, una descrizione teorica di quanto i vari approcci si discostino dalla teoria della relatività di Einstein».

Nello studio, gli scienziati hanno presentato una descrizione completa di come diversi tipi di buchi neri ipotetici si discostano dalla teoria della relatività e di come ciò si rifletta nelle immagini delle ombre. Per indagare questo aspetto, il team ha condotto simulazioni tridimensionali molto complesse che replicano il comportamento della materia e dei campi magnetici nello spaziotempo curvo che circonda i buchi neri. Da queste simulazioni, hanno poi generato immagini sintetiche del plasma incandescente.

«La domanda centrale era: quanto differiscono le immagini dei buchi neri nelle varie teorie?», spiega Akhil Uniyal del Tsung-Dao Lee Institute, primo autore dello studio. Da questa analisi, i ricercatori sono riusciti a ricavare criteri chiari che, grazie a future osservazioni ad alta risoluzione, potrebbero permettere di determinare quale teoria descriva meglio la realtà. Sebbene con l’attuale risoluzione di Eht le differenze tra le immagini siano ancora troppo piccole per essere rilevate, esse aumentano progressivamente con il miglioramento della qualità delle osservazioni.

Per affrontare questa sfida, i fisici hanno sviluppato una caratterizzazione universale dei buchi neri, che integra approcci teorici anche molto diversi tra loro.

«Uno dei contributi più importanti della collaborazione Eht all’astrofisica è quello di trasformare i buchi neri in oggetti verificabili», sottolinea Rezzolla. «La nostra aspettativa è che la teoria della relatività continui a dimostrare la sua validità, proprio come ha fatto più volte fino ad ora». Finora, i risultati sono in linea con la teoria di Einstein. Tuttavia, l’incertezza di misura è ancora così elevata che solo alcune possibilità molto esotiche sono state escluse. Ad esempio, è improbabile che i due buchi neri al centro di M87 e della Via Lattea siano le cosiddette singolarità nude (senza orizzonte degli eventi) o wormhole – solo due delle molte altre possibilità teoriche che devono essere verificate. «Anche la teoria consolidata deve essere continuamente verificata, soprattutto con oggetti estremi come i buchi neri», aggiunge il fisico. Sarebbe rivoluzionario se la teoria di Einstein si rivelasse, un giorno, non del tutto valida.

Eht offre opportunità eccezionali per questo tipo di misurazioni. La collaborazione, che unisce diversi grandi radiotelescopi distribuiti in tutto il mondo, raggiunge una risoluzione equivalente a quella di un telescopio grande quanto la Terra, permettendo di osservare con chiarezza le regioni immediatamente circostanti i buchi neri. In futuro, è previsto che Eht venga potenziato attraverso l’integrazione con altri telescopi terrestri. Gli scienziati auspicano inoltre la realizzazione di un radiotelescopio spaziale, che migliorerebbe in modo significativo la risoluzione complessiva delle osservazioni. Con una capacità di visione di questo livello, sarà possibile mettere alla prova in modo rigoroso diverse teorie sui buchi neri. Come evidenzia il nuovo studio, per farlo occorrono risoluzioni angolari inferiori a un milionesimo di secondo d’arco – paragonabili alla possibilità di distinguere una moneta sulla superficie della Luna osservandola dalla Terra. Sebbene ciò superi le possibilità attuali, gli esperti ritengono che potrebbe diventare realtà entro pochi anni.

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