I DATI SONO STATI ANALIZZATI UTILIZZANDO UNA RETE NEURALE BAYESIANA

Sagittarius A* corre al massimo, parola di IA

Un team internazionale di astronomi, utilizzando i dati dell’Event Horizon Telescope e l’intelligenza artificiale, ha svelato nuovi segreti sul buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, Sagittarius A*. La ricerca, guidata dalla Radboud University, nei Paesi Bassi, è stata pubblicata in tre articoli su Astronomy & Astrophysics

     09/06/2025

Rappresentazione artistica di una rete neurale che collega le osservazioni (a sinistra) ai modelli (a destra). Crediti: Eht Collaboration/Janssen et al.

Nel 2019 la collaborazione Event Horizon Telescope (Eht) ha mostrato al mondo la prima immagine di un buco nero, quello al centro della galassia M87 – una vera pietra miliare nella storia dell’astrofisica. Nel 2022 è arrivata anche l’immagine del buco nero nel cuore della nostra Via Lattea, Sagittarius A*, che ha segnato un secondo traguardo storico. Ma quelle immagini erano solo la punta dell’iceberg, poiché i dati raccolti contenevano molte altre informazioni, complesse e difficili da interpretare. Oggi, un team internazionale di ricercatori ha utilizzato una rete neurale per analizzare i dati in profondità ed estrarne tutto ciò che non era ancora stato rivelato.

Una rete neurale artificiale è un sistema di intelligenza artificiale (Ia) che elabora informazioni e impara a riconoscere schemi, fare previsioni e a prendere decisioni. Ad esempio, se a una rete neurale mostriamo migliaia di immagini di gatti e cani dicendole cosa rappresentano, col tempo imparerà a riconoscere da sola se un’immagine “nuova” sta mostrando un gatto o un cane.

Nel caso specifico di questo studio, il team guidato da Michael Janssen della Radboud University, nei Paesi Bassi, ha utilizzato milioni di simulazioni di buchi neri e le ha inserite in una rete neurale bayesiana (Bnn): una rete che, oltre a “imparare dai dati” come una rete neurale classica, integra nelle proprie previsioni la probabilità e l’incertezza. Questa caratteristica è particolarmente rilevante in ambito scientifico, quando i dati sperimentali possono risultare rumorosi, parziali o affetti da variabili non osservabili.

Nei precedenti studi condotti dall’Eht, gli scienziati potevano contare solo su un numero limitato di simulazioni per confrontare i dati reali con i modelli teorici. Questo nuovo approccio ha, invece, reso possibile un confronto molto più preciso tra le osservazioni dell’Eht e le ipotesi teoriche. I risultati, riportati in tre articoli pubblicati venerdì scorso su Astronomy & Astrophysics, sembrano parlar chiaro: secondo i ricercatori, il buco nero al centro della Via Lattea ruota a una velocità vicinissima al limite teorico massimo. C’è di più: il suo asse sarebbe puntato verso la Terra. E non è tutto: l’energia emessa nelle sue vicinanze non sembrerebbe provenire da un getto, come ipotizzato in passato, ma piuttosto da elettroni estremamente caldi nel disco di gas che gli ruota intorno. Infine, è emerso che i campi magnetici in quella regione si comportano in modo diverso da quanto previsto dalle teorie attuali, aprendo nuove domande su come funzionino davvero questi ambienti così estremi.

«Stiamo mettendo in discussione la teoria più conosciuta e questo è ovviamente entusiasmante», dice Michael Janssen della Radboud University, primo autore dei tre articoli. «Tuttavia, considero il nostro approccio, basato sull’intelligenza artificiale e sull’apprendimento automatico, come un primo passo. In futuro, miglioreremo ed estenderemo i modelli e le simulazioni a essi associati».

Un successo non solo per la teoria ma anche, come sottolineano gli autori, per la complessa infrastruttura tecnologica utilizzata. L’addestramento della rete neurale e la possibilità di estendere l’analisi a milioni di simulazioni rappresenta infatti un risultato straordinario, reso possibile solo grazie a un sistema di elaborazione dati altamente complesso, enormi capacità di calcolo, supercomputer e software avanzati che operano in sinergia.

Lo studio non si ferma qui. Il team ha applicato lo stesso metodo anche al buco nero di M87, il primo mai fotografato. Anche in questo caso, il buco nero ruota velocemente, ma meno di Sagittarius A*. In più, la rotazione sembra muoversi nella direzione opposta rispetto al gas che lo circonda. Un comportamento anomalo che gli astronomi attribuiscono a una possibile fusione galattica avvenuta nel passato.

I ricercatori sono certi che questa nuova fase della ricerca, potenziata dall’intelligenza artificiale, rappresenti un passo importante verso una comprensione più approfondita delle leggi fondamentali che regolano l’universo.

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