CON LE CREAZIONI DI ILARIA MARGUTTI ISPIRATE AL LAVORO DI HENRIETTA LEAVITT

Donne del cielo: da muse a scienziate

Tra arte, letteratura e scienza, la prima mostra in Italia sul ruolo delle donne nella ricerca astronomica, dal Rinascimento al Novecento. L’esposizione è ideata dal Museo Galileo e organizzata congiuntamente alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dove saranno esposte, dall’8 marzo all’8 giugno, le opere scientifiche e letterarie con le immagini femminili che ricorrono nelle rappresentazioni del cosmo

Ritratto di Johann Hevelius ed Elisabeth Hevelius. Fonte: Biblioteca digitale tematica del Museo Galileo

Il 7 marzo, alla Biblioteca Nazionale di Firenze, è stata inaugurata la mostra “Donne del cielo: da muse a scienziate”, curata con perizia da Natacha Fabbri, del Museo Galileo, insieme a Caterina Guiducci e Simona Mammana, della Biblioteca Nazionale. Basandosi su preziosi testi e antichi strumenti, la mostra realizza un mix tra letteratura e storia dell’astronomia per tracciare l’evoluzione della figura femminile in campo astronomico, per finire con una originale interpretazione artistica del lavoro di Henrietta Swan Leavitt.

La mostra si articola su sette sezioni: “Donne di stelle. Costellazioni e divinità planetarie”; “Recondite armonie. Muse, sirene e macchine del mondo; “Dignità e pregiudizio. L’astronomia per tutti”; “Nuovi sguardi su nuovi mondi. Telescopi, satelliti ed echi galileiani”; “Viaggiatrici del cosmo. Tra sogno e scienza”; “Donne di scienza. Dall’astronomia per signore alle signore dell’astronomia”; e infine “Quando il corpo è celeste. Immagini astrali sul femminile”.

Si inizia da Urania, musa dell’astronomia che sovraintende il moto dei pianeti e delle costellazioni, per passare a Beatrice nell’Empireo, in una copia di straordinaria fattura del Paradiso. Poi è la volta delle signore curiose che guardano il cielo con i primi strumenti, come la regina Maria di Francia – lo sappiamo perché esiste, ed è in mostra, una lettera dell’ambasciatore Amedeo Balbi a Galileo, che le aveva donato il cannocchiale. Ma ci sono anche le donne che aiutano i famigliari astronomi nel loro lavoro, prima fra tutte la moglie di Johannes Hevelius, Elisabetha, ritratta intenta all’opera.  Con il passare del tempo le donne iniziano a reclamare il loro posto nella scienza, fino ad allora appannaggio dei soli uomini, come Emilie de Chatelet, che tradusse e commentò i Principia di Newton per renderli più comprensibili, ma anche artiste come Maria Clara Eimmart, che fece bellissime rappresentazioni della Luna che rivaleggiano con la straordinaria carta della Luna prodotta a Parigi da Giovanni Domenico Cassini. Senza dimenticare la prima donna sulla Luna con il proto-racconto di fantascienza scritto da Ernesto Capocci, direttore dell’Osservatorio di Capodimonte.

Le grandi tele dell’artista Ilaria Margutti

A fare da contorno fisico alla mostra, appese tra una colonna e l’altra della sala circolare, sette grandi tele (70 x 280 cm) ricamate dall’artista Ilaria Margutti per onorare Henrietta Swan Leavitt. L’artista, prendendo spunto dagli studi condotti dall’attenta analizzatrice di lastre celesti, ha ricamato le coordinate delle 1777 variabili delle Nubi di Magellano registrate da Henrietta Swan Leavitt tra il 1904 e il 1908. Proprio seguendo il ritmico variare di queste stelle, Henrietta, che lavorava all’osservatorio di Harvard come calcolatrice, intuì che le variazioni non erano casuali: le stelle più brillanti avevano periodi più brevi di quelli meno brillanti. Scoprendo la proporzionalità tra periodo di variazione e luminosità intrinseca delle variabili cefeidi, Henrietta fornì a Hubble il mezzo per misurare le distanze delle galassie, un passo fondamentale per arrivare alla legge di Hubble sull’espansione dell’universo. Peccato che la legge di proporzionalità per un secolo sia stata chiamata legge periodo-luminosità. È stato necessario aspettare il 2008 perché l’American Astronomical Society iniziasse a chiamarla Leavitt Law.

Proprio in omaggio a Henrietta, il cui cognome contiene la parola Swan, cigno, le tele sono intitolate “Le variabili del Cigno. Sette tele per il cielo di Henrietta Leavitt”: una licenza poetica che crea un attimo di esitazione negli astronomi, che sanno benissimo che le Nubi di Magellano non hanno niente a che vedere con la costellazione del Cigno.

Il video dell’artista che ricama fa capire l’enorme quantità di ore di lavoro dedicate alle tele dove due braccia si protendono verso le stelle di Henrietta. Viene da chiedersi chi abbia dedicato più tempo alle stelle variabili: la calcolatrice di Harvard o la ricamatrice di Firenze?

La mostra, allestita nella splendida sala Dante della Biblioteca Nazionale, rimarrà aperta fino all’8 giugno ma è, e rimarrà, fruibile online attraverso la biblioteca digitale tematica, che presenta tutte le opere esposte.

Inoltre sono stati realizzati otto brevi bellissimi video completi di accompagnamento musicale: