CON UN ALGORITMO DI MACHINE LEARNING APPLICATO AI DATI DI GAIA E 2MASS

Reti neurali per riscrivere la storia della Via Lattea

Utilizzare tecniche di intelligenza artificiale è ormai necessario per analizzare enormi quantità di dati derivanti dalle grandi survey astronomiche multibanda. Con questo scopo è stato utilizzato per la prima volta in modo innovativo l’algoritmo QuadTree per estrarre in modo più efficiente le informazioni da grandi set di dati sugli ammassi stellari aperti. I risultati su The Astronomical Journal

     13/12/2023

L’ammasso stellare aperto Ngc 2264, detto anche Albero di Natale. Crediti: Eso

Negli ultimi anni, il numero di ammassi aperti conosciuti è più che quintuplicato, passando da circa duemila nel 2021 a oltre tredicimila nel 2023. Questo rapido incremento nell’acquisizione di grandi moli di dati ha reso necessario lo sviluppo di strumenti moderni e veloci per la loro analisi. In questo frangente hanno trovato ampio spazio di applicazione le reti neurali, ovvero tecniche di intelligenza artificiale ispirate al funzionamento del cervello umano che possono “imparare” e migliorare le loro prestazioni attraverso un processo di apprendimento, con cui regolano i pesi delle connessioni tra i neuroni basandosi sui dati che ricevono.

La scorsa settimana sono stati pubblicati su The Astronomical Journal i risultati del nuovo studio di un gruppo di ricerca internazionale che ha utilizzato per la prima volta, e in modo innovativo, un algoritmo basato su QuadTree – una particolare struttura di dati – per estrarre efficacemente le informazioni da grandi set di dati astronomici relativi agli ammassi stellari aperti, da usare poi come input per la rete neurale artificiale che dovrà analizzarli.

Con questa tecnica è stato sperimentato per la prima volta un approccio multi-banda utilizzando informazioni provenienti sia da Gaia (in banda ottica) che dalla survey fotometrica 2Mass (nell’infrarosso). L’algoritmo è stato testato su ammassi simulati, con lo scopo di stimare età, metallicità, estinzione e distanza degli ammassi aperti, e si è dimostrato efficace nel determinare accuratamente i parametri cruciali di questi oggetti a seguito di una validazione scientifica completa. Grazie a questo lavoro è stata prodotta una mappa 3d di oltre quattromila ammassi aperti che permette di studiare possibili correlazioni tra la distribuzione spaziale e le caratteristiche degli ammassi.

La distribuzione spaziale degli ammassi analizzati per differenti età (da sinistra: giovani, di età intermedia e vecchi) con sovrapposta la mappa di sovradensità (Poggio 2021) utilizzando stelle giovani e di alta sequenza (massicce e luminose). Crediti: Cavallo et al. 2023

Rispetto al passato, questa tecnica rappresenta un metodo molto più efficiente per rimuovere le degenerazioni nei parametri da stimare che generalmente colpiscono tutti i metodi classici di analisi degli ammassi aperti. Lo sviluppo di tale approccio è da considerarsi strategico per campagne osservative e telescopi di nuova generazione come il Vera Rubin Observatory, che produrranno dati ad altissima precisione in diverse bande fotometriche.

Da sinistra: Lorenzo Spina e Lorenzo Cavallo. Crediti: Inaf

«Uno dei fattori chiave dell’utilizzo di tecniche di machine learning», spiega Lorenzo Cavallo, dottorando di ricerca all’Università di Padova e primo autore dello studio, «è massimizzare l’efficienza con cui gli algoritmi riescono a estrarre le informazioni dai dati che devono analizzare. Siamo ancora agli inizi, ma le capacità dimostrate finora sono promettenti e nel prossimo futuro potrebbero compiere balzi in avanti a oggi impensabili».

Ma perché concentrare questi sforzi proprio sull’analisi degli ammassi aperti? Come si sia formato il disco galattico, o dove si formino le stelle, sono solo alcune delle domande a cui lo studio di questi oggetti può rispondere. «Gli ammassi aperti sono oggetti chiave per lo studio della nostra galassia. Nei prossimi anni il flusso di dati aumenterà ulteriormente», conferma Lorenzo Spina, ricercatore dell’Inaf di Arcetri e coautore dell’articolo, «grazie a nuovi strumenti e collaborazioni, con un grande coinvolgimento dell’astronomia italiana. Dunque lo sviluppo di nuove tecniche di analisi è strategico in questo ambito di ricerca, poiché ci permetterà di sfruttare tutta questa ricchezza di informazioni al massimo del suo potenziale».

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