L’EREDITÀ SCIENTIFICA DI ANTONIO SOLLIMA

Ammassi globulari per falsificare teorie di gravità

I moti delle stelle negli ammassi globulari sono un utile strumento per mettere alla prova diverse teorie di gravità e porre vincoli ai modelli basati sulla dinamica newtoniana modificata (Mond). È quanto emerge da uno studio apparso su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, guidato dal ricercatore Inaf Antonio Sollima, scomparso prematuramente lo scorso gennaio

     31/07/2023

L’ammasso globulare Ngc 5024. Crediti: Esa/Hubble & Nasa

È un giorno di dicembre, a Bologna corre l’anno 2021. Antonio Sollima, ricercatore presso l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) fa visita a un collega del vicino dipartimento universitario di fisica e astronomia per parlare di gravità, estensioni alla teoria di Newton e ammassi stellari.

«Ho collaborato con Antonio per più di dieci anni», ricorda Carlo Nipoti, professore di astrofisica presso l’Università di Bologna, «nel corso dei quali, spesso e volentieri – e con mio grande piacere – si affacciava alla porta del mio ufficio dicendo che aveva avuto un’idea di cui mi voleva parlare».

Questa volta, l’idea era quella di effettuare un test della dinamica newtoniana modificata, o Mond (Modified Newtonian Dynamics), usando una particolare selezione di ammassi globulari, agglomerati stellari che raggruppano fino a centinaia di migliaia o addirittura milioni di stelle. Il termine Mond indica una famiglia di teorie gravitazionali che propongono una modifica alla gravità classica, quella descritta da Newton, presentate per la prima volta dal fisico Mordehai Milgrom nel 1983.

«Ci sono diverse formulazioni possibili di Mond, sia relativistiche che non-relativistiche, che differiscono tra loro dal punto di vista della formulazione Lagrangiana, ma che hanno effetti molto simili sulla dinamica dei sistemi astrofisici», spiega Nipoti.

Originariamente, la Mond è nata per spiegare la discrepanza tra le velocità delle stelle in alcune galassie e la loro luminosità. Secondo le osservazioni, infatti, queste stelle si muoverebbero a velocità inspiegabilmente alte rispetto alla quantità di materia visibile nelle loro galassie ospiti, portando a ipotizzare l’esistenza di una forma di materia che non emette luce e interagisce solo attraverso la gravità: la famosa materia oscura. Teorie come la Mond propongono una spiegazione alternativa, e gli ammassi globulari sono un utile “laboratorio” per metterle alla prova.

Gli ammassi globulari (circoletti blu) e le galassie nane (circoletti rossi) che orbitano attorno alla Via Lattea, nei dati del satellite Gaia (cliccare per ingrandire). Crediti: Esa/Gaia/Dpac, Cc By-Sa 3.0 Igo

Dopo quasi un anno di lavoro, nell’ottobre 2022, Sollima contatta un altro collega, Francesco Calura dell’Inaf. Vuole mostrargli i risultati ottenuti insieme a Nipoti utilizzando i suoi modelli di dinamica newtoniana modificata, e confrontarli con modelli diversi.

«Io uso un codice numerico che include anche un trattamento della gravità modificata secondo la teoria Mond, e la richiesta di Antonio era che io considerassi un caso fisico simile a quello modellato da lui, ovvero un prototipo di ammasso globulare, e calcolassi il campo di forze in tale sistema per confrontarlo con i suoi risultati», racconta Calura. «Abbiamo avuto varie interazioni per definire e perfezionare il modello, in una sfida per noi molto avvincente e assai tipica della nostra attività di ricercatori, che aveva come scopo il controllo di tutti gli elementi di entrambi i modelli, quello di Antonio e il mio, tramite la verifica che i risultati ottenuti da entrambi fossero gli stessi».

Lo studio si concentra sulla QuMond, che sta per quasi-linear Mond, una formulazione non-relativistica della teoria, sviluppata dallo stesso Milgrom nel 2010. Rispetto ad altre formulazioni, ha il vantaggio di essere espressa tramite equazioni differenziali lineari e solo un’equazione algebrica non lineare.

Poco dopo si unisce al lavoro anche un altro ricercatore Inaf, Raffaele Pascale, per occuparsi di alcuni aspetti numerici. In particolare, controlla che i modelli di Sollima e Calura diano gli stessi risultati considerando condizioni iniziali molto simili. «Il lavoro era già in uno stato molto avanzato», chiarisce Pascale, «ma avevamo alcuni problemi di convergenza tra i due modelli dei quali, successivamente, siamo venuti a capo».

Antonio Sollima presso i telescopi dell’Eso a La Silla, in Cile

È autunno inoltrato e ormai la ricerca è in dirittura d’arrivo. Sollima inizia a scrivere un articolo e coinvolge anche un suo collaboratore di lunga data, Holger Baumgardt della University of Queensland, in Australia. A cavallo tra il 2022 e il 2023, i ricercatori si incontrano spesso per discutere i risultati e cercare di capire come migliorare ulteriormente i modelli. Ma da circa un anno Sollima sta affrontando una grave malattia, rara per la sua giovane età, e il 28 gennaio 2023 si spegne prematuramente, a soli 43 anni.

«Nell’ambito dei modelli dinamici degli ammassi globulari, il contributo scientifico di Antonio è stato fondamentale», sottolinea Calura. «Dopo la sua scomparsa, sentivamo il dovere di finalizzare questo lavoro non solo in sua memoria, ma anche per onorare la sua carriera e il suo importantissimo apporto alla conoscenza di questi sistemi molto complessi e dibattuti».

L’articolo è stato pubblicato il 20 luglio sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Nipoti ha presentato i risultati anche nell’ambito di un congresso internazionale dedicato agli ammassi globulari, tenutosi all’inizio di luglio a Sesto, vicino Bolzano, durante il quale è stata ricordata l’eredità scientifica di Sollima.

A differenza di quanto accade nelle galassie, i moti delle stelle negli ammassi globulari si possono spiegare nell’ambito della teoria newtoniana, senza dover necessariamente invocare la presenza di materia oscura. Questo li rende ottimi candidati per provare a falsificare teorie come la Mond. Per esempio, è possibile che, per spiegare i moti osservati delle stelle in un dato ammasso, la Mond richieda una massa inferiore a quella visibile: in tal caso, la predizione sarebbe in contrasto con le osservazioni.

«Era un progetto ambizioso e sofisticato, difficile sia dal punto di vista teorico che da quello osservativo», afferma Nipoti, «ma Antonio ci si è buttato a capofitto, ottenendo in meno di un anno gli interessantissimi risultati che ora sono stati pubblicati in questo suo ultimo prezioso articolo».

Per questo lavoro, Sollima e i suoi colleghi hanno analizzato i dati di 18 ammassi globulari raccolti con il satellite Gaia e il telescopio spaziale Hubble. Contrariamente ad altri studi simili, non hanno considerato solo ammassi che si trovano nell’alone esterno della nostra galassia, la Via lattea, per i quali il campo gravitazionale esterno è trascurabile, ma anche gli ammassi globulari dell’alone interno, dove bisogna tenere conto dell’effetto di campo esterno.

Dalla distribuzione spaziale e dai moti propri delle stelle, i ricercatori hanno ricavato i profili di densità e la dispersione di velocità delle stelle nei diversi ammassi per stimare il rapporto tra la massa e la luminosità sia secondo la teoria newtoniana che nella Mond. In tutti i sistemi tranne uno, nessuna delle due teorie è risultata essere in disaccordo con le osservazioni. Solo nel caso dell’ammasso Ngc 5024, il valore ottenuto dalla Mond risulta incompatibile con le osservazioni, anche se con un livello di significatività non sufficientemente alto da rappresentare una falsificazione della teoria. I ricercatori intendono approfondire questa interessante tensione tra osservazioni e predizioni Mond con nuovi dati in futuro.

«Grazie a questa e altre collaborazioni, ho potuto conoscere Antonio ed apprezzare che uomo instancabilmente appassionato ed entusiasta della propria ricerca scientifica fosse», nota Pascale. «Questo suo ultimo lavoro ne è la prova ora tangibile, e sono contento di aver potuto contribuire per renderlo accessibile».

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