INDIVIDUATE GRAZIE ALLO STRUMENTO SHERLOC

Molecole organiche nel cratere marziano Jezero

Uno studio pubblicato oggi su Nature rivela che alcuni campioni di rocce ignee, analizzati da Perseverance, presenti sul Pianeta rosso hanno mostrato segnali di fluorescenza e Raman indicativi di possibili molecole organiche. Ne parliamo con una delle autrici, Teresa Fornaro, ricercatrice all’Istituto nazionale di astrofisica

     12/07/2023

Lo spettrometro Sherloc è uno degli strumenti scientifici a bordo di Perseverance. Crediti: Nasa

Perseverance, in diretta da Marte, ci regala una nuova scoperta. Il rover Nasa atterrato nel 2021 nel cratere Jezero – un antico bacino lacustre che nel passato potrebbe aver avuto un alto potenziale di abitabilità – ha infatti individuato tracce di sostanze organiche che suggeriscono la presenza, sul Pianeta rosso, di un ciclo geochimico molto più complesso di quanto si pensasse.

I risultati sono stati ottenuti utilizzando lo strumento Sherloc (Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals), che come un investigatore ha permesso la mappatura a scala fine e l’analisi di varie tipologie di minerali con materiale organico presenti sul fondo del cratere Jezero. Lo studio, pubblicato oggi su Nature, è guidato da Sunanda Sharma, ricercatrice del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, in California.

«Sherloc è uno spettrometro Raman risonante e di fluorescenza molto sensibile per la rivelazione di organici», spiega a Media Inaf una delle coautrici dello studio, l’astrobiologa Teresa Fornaro, ricercatrice all’Inaf di Arcetri, «in quanto utilizza un laser nel profondo ultravioletto che induce negli organici un’emissione di fluorescenza ben separata dallo scattering Raman e quindi permette di raccogliere simultaneamente entrambe queste tipologie di segnali sullo stesso rivelatore».

Teresa Fornaro, ricercatrice all’Inaf di Arcetri, coautrice dello studio pubblicato su Nature. Crediti: Inaf/R. Bonuccelli

Sono molteplici le teorie che tentano di spiegare la formazione di molecole organiche sul suolo marziano. Si parla di interazioni acqua-roccia, per esempio, o di depositi di polvere interplanetaria. «Queste molecole potrebbero essere state sintetizzate su Marte per via abiotica attraverso processi acquosi», dice Fornaro. «Oppure potrebbero essere state sintetizzate per via abiotica nello spazio e portate su Marte dalle meteoriti e poi intrappolate all’interno di minerali come i solfati durante la loro precipitazione in seguito all’evaporazione dell’acqua del lago che era presente un tempo nel cratere Jezero. Non si può escludere, poi, che queste siano quello che resta di molecole biotiche che hanno subito miliardi di anni di alterazione dovuta a irraggiamento e ossidanti sulla superficie di Marte».

Analizzando le osservazioni di Sherloc, sono stati rilevati segnali di molecole organiche in tutti e dieci i bersagli osservati da Sherloc nel fondo del cratere Jezero. «La concentrazione di organici stimata da queste misure», prosegue la ricercatrice, «va da 20 parti per milione nella formazione più giovane, denominata Máaz, a 2 ppm nella formazione più antica denominata Séítah, indicando che questa materia organica è stata presente su un periodo esteso di tempo (da almeno 2.3-2.6 miliardi di anni) e ha resistito nonostante l’esposizione alle condizioni estreme della superficie del pianeta». La differenza tra queste osservazioni può fornire informazioni sui diversi modi in cui la materia organica può avere avuto origine.

«Attraverso gli studi di laboratorio ci stiamo avvicinando a dare una risposta riguardo all’ipotesi migliore», conclude Fornaro, «ma sicuramente ne avremo la certezza solo quando i campioni verranno portati sulla Terra attraverso la campagna di Mars Sample Return e potranno essere analizzati in dettaglio con le strumentazioni più sensibili disponibili nei nostri laboratori terrestri».

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