LO STUDIO È IN USCITA SU THE ASTROPHYSICAL JOURNAL

Il fondo cosmico ottico brilla più del previsto

Secondo una nuova ricerca guidata da un team di scienziati del Rochester Institute of Technology, il fondo cosmico ottico – la luce visibile di origine extragalattica che pervade l'universo – è da due a tre volte maggiore di quella che ci si aspetta sia emessa da tutte le galassie conosciute. I risultati dello studio, condotto utilizzando i dati della sonda Nasa New Horizons, confermano precedenti osservazioni

     22/12/2022

Illustrazione artistica della sonda New Horizons, posizionata lontano dal Sole e dalla polvere interplanetaria che diffonde la sua luce per misurare il bagliore di fondo visibile dell’universo. Crediti: Nasa, Joseph Olmsted/Stsci

La somma di tutta la luce emessa da sorgenti oltre la Via Lattea nella storia dell’universo è chiamata dagli astronomi luce di fondo extragalattica (extragalactic background light, Ebl). Il fondo cosmico ottico (cosmic optical background, Cob) è la frazione di questa luce misurata alle lunghezze d’onda del visibile: l’insieme di tutta la luce emessa dalle stelle e dai nuclei galattici attivi (Agn) del mare cosmico di galassie lontane, equivalente al fondo cosmico a microonde ma in luce vivibile. La sua misurazione è un potente strumento per sondare la formazione delle strutture cosmiche e l’emissione da parte di processi astrofisici noti nelle galassie, come la nucleosintesi stellare, l’accrescimento di massa dei buchi neri e il collasso gravitazionale delle stelle. Determinare il suo valore dalla Terra è difficile, a causa dell’interferenza della luce del Sole diffusa dall’atmosfera terrestre e dalla polvere interplanetaria nel Sistema solare interno (luce zodiacale). Un modo per ridurre queste interferenze è quello di catturare questa luce visibile, che pervade il cosmo, dal Sistema solare esterno: è ciò che ha fatto un team di ricercatori del Rochester Institute of Technology (Rit), negli Usa, utilizzando i dati ottenuti dalla navicella spaziale della Nasa New Horizons.

Lanciata il 19 gennaio 2006 dalla base di Cape Canaveral, New Horizons ha completato l’obiettivo principale della missione, lo studio di Plutone e delle sue lune, nel 2015. Dopo l’approvazione dell’estensione della missione, la Kuiper Belt Extended Mission, nel gennaio 2019 ha effettuato il flyby di Arrokoth, il corpo più lontano dal Sole esplorato direttamente da una sonda. Ulteriormente estesa lo scorso aprile, la sonda sta attualmente proseguendo il suo viaggio nella Fascia di Kuiper, e continuerà a esplorare il Sistema solare esterno e a condurre osservazioni multidisciplinari per la divisioni di scienze planetarie, eliofisica e astrofisica della Nasa almeno fino al 2025.

Tra gli strumenti a bordo di New Horizons – sette in totale – c’è anche il ​​Long Range Reconnaissance Imager (Lorri), costituito da un telescopio con un’apertura di 20,8 centimetri in grado di catturare e focalizzare la luce visibile. Il team di ricerca guidato dal Rochester Institute of Technology ha analizzato centinaia di immagini ottenute da questo strumento per calcolare il fondo ottico cosmico.

Dopo aver rimosso tutte le fonti di luce spurie conosciute, i ricercatori hanno misurato ciò che restava per stimare il Cob, scoprendo che la quantità di luce visibile emessa da stelle al di fuori della nostra galassia, la Via Lattea, è da due a tre volte maggiore di quella che ci si aspetta sia emessa da tutte le galassie conosciute. Detto in altri termini, la luminosità stimata delle galassie conosciute rappresenta circa la metà del livello osservato dai ricercatori.

«Vediamo più luce di quella che dovremmo vedere in base alle popolazioni di galassie che sappiamo esistere e alla quantità di luce che stimiamo dovrebbero produrre. Determinare cosa stia producendo quella luce potrebbe cambiare la nostra fondamentale comprensione di come l’universo si è formato nel tempo», spiega Teresa Symons, ricercatrice del Rochester Institute of Technology e prima autrice dell’articolo, accettato per la pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal, che descrive i risultati dello studio.

All’inizio di quest’anno, un team indipendente di scienziati aveva pubblicato su Astrophysical Journal Letters i risultati di studi simili che mostravano come questo fondo cosmico di luce visibile fosse circa due volte più grande di quanto si pensasse. I risultati dello studio di Symons e colleghi, ottenuti utilizzando una serie molto più ampia di osservazioni con lo strumento Lorri, confermano essenzialmente questi studi precedenti.

«Si tratta di un vero e proprio mistero che è necessario risolvere», conclude Michael Zemcov, professore al Rit e co-autore della pubblicazione. «Spero che alcuni degli esperimenti in cui siamo coinvolti, come Ciber-2  e  Spherex , possano aiutarci a risolvere la discrepanza».

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