Nel febbraio di quest’anno il telescopio Zwicky Transient Facility (Ztf), negli Stati Uniti, ha rilevato un’insolita sorgente di luce visibile. L’evento, poi identificato con la sigla AT2022cmc, ricordava un lampo di raggi gamma, la più potente fonte di luce nell’universo. La prospettiva di assistere a questo raro fenomeno ha spinto gli astronomi ad attivare diversi telescopi in tutto il mondo per osservare la sorgente sconosciuta in modo più dettagliato. Tra questi, il Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso (European Southern Observatory), che non appena ha ricevuto l’allerta da Ztf ha rapidamente osservato il nuovo evento con lo strumento X-shooter. A produrlo era stato un buco nero supermassiccio in una galassia lontana che aveva divorato una stella, espellendo gli avanzi del pasto in un getto.
Le stelle che si avvicinano troppo a un buco nero vengono fatte a pezzi dalle incredibili forze mareali del buco nero stesso, producendo quello che viene chiamato evento di distruzione mareale – o Tde (dall’inglese Tidal Disruption Event). Alcuni di questi eventi provocano l’espulsione di getti di plasma e radiazione dai poli del buco nero in rotazione. Nel 1971, il pioniere dello studio dei buchi neri John Wheeler introdusse il concetto di “Tde con il getto” (jetted-Tde) paragonandolo a “un tubetto di dentifricio afferrato al centro”, così che il sistema “spruzzi materia da entrambe le estremità”. Ed è proprio uno di questi Tde con il getto l‘evento osservato da Ztf e dal Vlt.
«Sono ormai noti un centinaio transienti astrofisici collegati alla distruzione mareale di una stella da parte di un buco nero supermassivo. Fino a ora, però, tra questi eventi solo per tre è stato possibile desumere anche la formazione di un getto relativistico, grazie all’emissione di alta energia rivelata dal satellite Swift», ricorda uno degli autori dell’articolo che riporta oggi l’evento su Nature, l’astrofisico Sergio Campana dell’Inaf di Brera. «AT2022cmc è il primo transiente in cui si riesce a rivelare la presenza di un getto grazie a osservazioni ottiche. Usando quattro anni di archivio della Zwicky Transient Facility con cui questo transiente è stato scoperto, si è riusciti per la prima volta a stimare che solo l’uno per cento delle distruzioni mareali vengono accompagnate dalla formazione di un getto».
Nell’ambito di questo tipo di ricerche, molti telescopi – incluso appunto lo Ztf – osservano ripetutamente il cielo alla ricerca di segni di eventi di breve durata, spesso estremi, che possono essere successivamente studiati in modo molto più dettagliato da telescopi come il Vlt dell’Eso in Cile. «Abbiamo sviluppato un sistema open-source per l’analisi dei dati per archiviare ed estrarre informazioni importanti dalla survey Ztf e avvisarci in tempo reale quando si presenta un evento atipico», spiega il primo autore dell’articolo pubblicato su Nature, l’italiano Igor Andreoni, oggi astronomo dell’Università del Maryland, negli Stati Uniti, che ha coodiretto lo studio insieme a Michael Coughlin dell’Università del Minnesota.
Un’ampia varietà di luce, dai raggi gamma ad alta energia alle onde radio, è stata raccolta da 21 telescopi in tutto il mondo. L’equipe ha confrontato questi dati con diversi tipi di eventi noti, dal collasso delle stelle alle kilonove. Ma l’unico scenario che corrispondeva ai dati era un raro Tde con getto che puntava verso di noi. «Poiché il getto relativistico punta verso di noi», aggiunge a questo proposito Giorgos Leloudas, astronomo al Dtu Space in Danimarca e coautore dell’articolo, «l’evento ci appare molto più luminoso di quanto sarebbe altrimenti e risulta visibile in una banda più ampia dello spettro elettromagnetico».
I dati del Vlt hanno inoltre consentito di collocare la sorgente a una distanza senza precedenti per questo tipo di eventi: la luce prodotta da AT2022cmc ha iniziato il suo viaggio quando l’universo aveva circa un terzo della sua età attuale.
«Grazie alla rapida identificazione del transiente AT2022cmc e all’attivazione di una efficiente strategia di monitoraggio, che ha visto l’utilizzo di numerosi strumenti nelle varie bande dello spettro elettromagnetico», conclude Francesca Onori dell’Inaf d’Abruzzo, coautrice di un secondo articolo su questo evento, pubblicato sempre oggi ma su Nature Astronomy, «è stato possibile studiare accuratamente un fenomeno estremamente raro: il lancio di un jet relativistico a seguito della distruzione parziale di una stella da parte di un buco nero supermassiccio, avvenuta a una grande distanza: 8.45 Gpc [corrispondenti a oltre 27 miliardi di anni luce, ndr]. Tale scoperta rappresenta una straordinaria opportunità per investigare sulla natura di eventi particolarmente elusivi (i Tde relativistici), sulle caratteristiche dei jet lanciati durante il risveglio di un buco nero supermassiccio dormiente e sui meccanismi in atto durante la loro emissione».
Testo adattato e integrato a partire da una press release Eso
Per saperne di più:
- Leggi la press release dell’Eso
- Leggi su Media Inaf l’intervista a Igor Andreoni
- Leggi su Nature l’articolo “A very luminous jet from the disruption of a star by a massive black hole”, di Igor Andreoni, Michael W. Coughlin, et al.
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “The Birth of a Relativistic Jet Following the Disruption of a Star by a Cosmological Black Hole”, di Dheeraj R. Pasham, Matteo Lucchini, et al.
Guarda l’animazione sul canale YouTube dell’Eso: