INCROCIANDO I DATI DI XMM-NEWTON E JUNO

Mistero svelato sulle aurore nei raggi X di Giove

Finalmente risolto il mistero sui meccanismi che producono le aurore a raggi X di Giove e sul quale gli astronomi si interrogavano da quarant’anni. Per la prima volta, un team di planetologi è riuscito a osservare l'intero processo, che potrebbe avvenire anche in molte altre parti dell'Universo

     12/07/2021

Lo schema del moto degli ioni lungo le linee di campo magnetico di Giove che producono le sue aurore nei raggi X. Crediti: Esa

Per decenni gli astronomi planetari hanno studiato la spettacolare emissione di aurore a raggi X di Giove. I “colori” dei raggi X di queste aurore mostrano che esse vengono innescate da particelle elettricamente cariche, chiamate ioni, che si scontrano con l’atmosfera di Giove. Gli astronomi però non avevano idea di come gli ioni fossero in grado di raggiungere l’atmosfera gioviana. Ora, per la prima volta, sono stati in grado di osservare gli ioni “surfare” le onde elettromagnetiche nel campo magnetico di Giove, e arrivare fino alla sua atmosfera.

Gli indizi essenziali sono arrivati da una nuova analisi dei dati del telescopio Xmm-Newton dell’Esa e della sonda Juno della Nasa. Situato nell’orbita terrestre, Xmm-Newton ha effettuato osservazioni remote di Giove alla lunghezza d’onda dei raggi X. Juno da parte sua gira intorno al pianeta gigante e fa letture direttamente in situ dall’interno del campo magnetico di Giove. Ma cosa avrebbe dovuto cercare il team?

La svolta è arrivata quando Zhonghua Yao, dell’Institute of Geology and Geophysics, della Chinese Academy of Sciences di Pechino e autore principale del nuovo studio, ha iniziato a rendersi conto che qualcosa non quadrava nelle aurore a raggi X di Giove.

Sulla Terra le aurore di questo tipo, conosciute come aurore polari, sono fenomeni visibili solo in una fascia che circonda i poli magnetici, tra 65 e 80 gradi di latitudine. Oltre gli 80 gradi, l’emissione delle aurore scompare perché le linee di campo magnetico lasciano la Terra e si collegano al campo magnetico del vento solare, il flusso costante di particelle elettricamente cariche espulse dal Sole. Queste linee di campo sono chiamate linee di campo aperto e, nella visione tradizionale, le regioni polari ad alta latitudine di Giove e Saturno non dovrebbero emettere aurore significative.

Tuttavia, le aurore a raggi X di Giove non sono coerenti con questo modello. Si possono osservare in direzione del polo nella fascia aurorale principale, pulsano regolarmente e a volte possono essere differenti tra quelle che si formano al polo nord e al polo sud. Questo caratteristiche sono tipiche di un campo magnetico “chiuso”, dove le linee del campo magnetico escono dal pianeta a un polo e si ricollegano al pianeta stesso dall’altro. Tutti i pianeti con campi magnetici hanno sia delle componenti di campo aperte che chiuse.

Utilizzando delle simulazioni al computer, Zhonghua e colleghi hanno scoperto che le aurore pulsanti a raggi X potrebbero essere collegate a campi magnetici chiusi che vengono generati all’interno di Giove e che poi si estendono per milioni di chilometri nello spazio prima di tornare indietro.

Il 16 e 17 luglio 2017, Xmm-Newton ha osservato Giove ininterrottamente per 26 ore e ha visto le aurore a raggi X pulsare ogni 27 minuti. Contemporaneamente, Juno aveva viaggiato a una distanza compresa tra 62 e 68 raggi di Giove sopra le zone del pianeta prossime ad essere illuminate dal Sole, esattamente l’area che le simulazioni del team suggerivano essere importante per l’innesco delle pulsazioni. Così, il team ha esaminato i dati di Juno alla ricerca di qualsiasi processo magnetico che si stesse verificando allo stesso ritmo.

Il team ha scoperto che le aurore pulsanti a raggi X sono causate da fluttuazioni del campo magnetico di Giove. Il pianeta, ruotando, “trascina” il suo campo magnetico. Queste compressioni riscaldano le particelle intrappolate nel campo magnetico di Giove, il quale viene colpito direttamente dalle particelle del vento solare e compresso. Le compressioni riscaldano le particelle intrappolate nel campo magnetico, il che produce le cosiddette onde Emic (Electromagnetic Ion Cyclotron waves, onde elettromagnetiche di ciclotrone a ioni) in cui le particelle sono dirette lungo le linee del campo.

Le particelle stesse sono atomi elettricamente carichi che, guidati dal campo, “surfano” l’onda elettromagnetica di ciclotrone attraverso milioni di chilometri di spazio, scontrandosi infine con l’atmosfera del pianeta e innescando l’aurora a raggi X.

«Quello che vediamo nei dati di Juno è questa bellissima catena di eventi. Vediamo la compressione che avviene, vediamo le onde elettromagnetiche di ciclotrone a ioni che vengono prodotte, vediamo gli ioni, e poi vediamo un impulso di ioni che viaggia lungo la linea di campo. E poi pochi minuti dopo, Xmm osserva un’esplosione di raggi X», dice William Dunn, del Mullard Space Science Laboratory dell’University College di Londra, che ha co-condotto la ricerca.

Ora che il processo responsabile delle aurore a raggi X di Giove è stato identificato per la prima volta, si aprono molte possibilità riguardo agli altri ambienti dove questo fenomeno potrebbe essere studiato in futuro. Su Giove il campo magnetico è pieno di ioni di zolfo e ossigeno che vengono espulsi dai vulcani presenti sulla luna Io. Su Saturno, la luna Encelado spruzza acqua nello spazio, riempiendo il campo magnetico di Saturno di ioni appartenenti al gruppo dell’acqua.

«Si tratta di un processo fondamentale che è applicabile a Saturno, Urano, Nettuno e probabilmente anche ad altri esopianeti», dice Zhonghua.

Il fenomeno potrebbe essere più comune di quanto ritenuto perché, ora che il processo è stato individuato, c’è una sorprendente somiglianza con le aurore ioniche che si verificano sulla Terra. Nel caso della Terra, lo ione responsabile è il più elementare, il nucleo di un singolo protone che deriva da un atomo di idrogeno privato del suo unico elettrone, e il processo non è abbastanza energico da produrre raggi X. Il processo di base, tuttavia, è lo stesso. Quindi, l’aurora a raggi X di Giove è fondamentalmente un’aurora di ioni, anche se a un’energia molto più alta dell’aurora di protoni che si verifica sulla Terra.

«È possibile che le onde elettromagnetiche di ciclotrone giochino un ruolo importante nel trasferimento di energia da un luogo all’altro del cosmo», dice William Dunn.

Lo studio delle aurore di Giove continuerà con la missione Esa Juice (JUpiter ICy moons Explorer) Programmata per arrivare entro il 2029, Juice studierà l’atmosfera del pianeta, la sua magnetosfera e l’effetto delle quattro lune più grandi di Giove sulle aurore.

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