LO STUDIO IN USCITA SU THE ASTROPHYSICAL JOURNAL

Costante di Hubble, la tensione si allenta

Le giganti rosse dicono 69.8 km/s/Mpc. È la stima del tasso di espansione dell’universo ottenuta dal team di ricercatori guidato dall’astronoma Wendy Freedman della University of Chicago. Un valore compatibile con quello derivato dalle mappe della radiazione cosmica di fondo a microonde. Il metodo utilizzato per la misura impiega come candele standard, appunto, il picco di luminosità delle giganti rosse

     01/07/2021

È una costante, ma le sue misurazioni sono “costantemente” diverse. Stiamo parlando della costante di Hubble, il termine che nell’equazione nota come legge di Hubble-Lemaître indica la velocità alla quale il nostro universo si sta espandendo. Questa velocità è legata all’età dell’universo e a come esso si è evoluto nel tempo, motivo per cui gli scienziati vogliono misurarne il valore con precisione.

Rappresentazione artistica dell’espansione dell’universo nel corso della sua storia. Crediti: Naoj

I metodi utilizzati per stimare quanto vale numericamente sono principalmente due: uno astrofisico e uno che utilizza parametri cosmologici. Il primo è diretto e consiste nell’osservazione di alcune particolari sorgenti, come per esempio le variabili cefeidi o le supernove di tipo Ia in galassie nell’universo vicino, per misurare le loro distanze e metterle in relazione con la velocità alle quali si stanno allontanando da noi. Il secondo prevede invece l’osservazione del fondo cosmico a microonde, la debole luce rimasta dal Big Bang: osservazioni che inserite nel “modello cosmologico standard” dell’universo primordiale consentono agli scienziati di stimare quale dovrebbe essere la costante di Hubble oggi.

I valori restituiti da questi due metodi sono tuttavia discordanti, vicini a 73 km/s/Mpc (chilometri al secondo per megaparsec) nel primo caso, e intorno a 67 km/s/Mpc nel secondo. Una discrepanza fra misure conosciuta come “tensione sulla costante di Hubble” su cui gli scienziati stanno ancora discutendo. Forse una delle due stime – o entrambe, per quanto ne sappiamo – potrebbe essere sbagliata. Forse l’errore non è nelle misure bensì nei modelli cosmologici utilizzati per il calcolo a partire dai dati del fondo cosmico a microonde, cosa che potrebbe implicare la necessità di una cosiddetta “nuova fisica”. Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che, man mano che le misure sono diventate via via sempre più precise e i margini d’errore si sono di conseguenza ridotti, i due valori non sono più compatibili fra loro.

Immagine di U Camelopardalis, una gigante rossa vicino al suo ciclo vitale situata nella costellazione della Giraffa. Crediti: Esa/Nasa

Per risolvere questa “tensione” negli anni sono state condotte misure anche con sorgenti e metodi indipendenti dai due appena illustrati. Uno di questi utilizza le stelle giganti rosse: stelle molto grandi e luminose che raggiungono sempre lo stesso picco di luminosità nella loro ultima fase di evoluzione, e per questo assimilabili a “candele standard”. Misurando con precisione la loro luminosità in questo picco, i ricercatori possono derivare le distanze delle loro galassie ospiti, e quindi stimare la velocità alla quale esse si allontanano.

L’astronoma Wendy Freedman della University of Chicago è stata tra le prime scienziate a utilizzare le giganti rosse per il calcolo della costante di Hubble. In un nuovo articolo di review accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal, la scienziata fornisce ora una panoramica delle più recenti osservazioni utilizzando il metodo delle giganti rosse, ma perfezionato nella parte di calibrazione della loro luminosità. La sua conclusione è che le nuove osservazioni stanno cominciando a colmare il divario tra le misure.

Wendy Freedman. Crediti: Chicago University

«Ora ci sono quattro modi indipendenti per calibrare le luminosità delle giganti rosse e tutti concordano entro l’un per cento l’uno dall’altro», spiega Freedman. «Ciò suggerisce che si tratta di un ottimo metodo per misurare la distanza». 

Il valore della costante di Hubble che il team di Freedman ha ottenuto osservando le giganti rosse è 69,8 km/s/Mpc, dunque virtualmente lo stesso – nota la ricercatrice – derivato misurando le anisotropie del fondo cosmico a microonde con il satellite Planck dell’Esa.

«Volevo osservare attentamente sia le cefeidi che le giganti rosse», aggiunge Freedman. «Conosco bene i loro punti di forza e di debolezza. Sono giunta alla conclusione che, per spiegare le differenze nei tassi di espansione locale e lontano, non abbiamo bisogno di una nuova fisica fondamentale. I nuovi dati sulle giganti rosse mostrano che sono coerenti».

Secondo Freedman la tensione potrà essere risolta con dati migliori. Dati che gli scienziati inizieranno a raccogliere con il James Webb Space Telescope, il cui lancio è previsto per il prossimo anno. Freedman e il suo team hanno infatti ottenuto del tempo di osservazione con il futuro telescopio spaziale per effettuare ulteriori misurazioni dedicate proprio a rispondere al problema più importante della cosmologia moderna: la tensione nella Costante di Hubble è reale?

«La maggiore sensibilità e risoluzione del telescopio James Webb ci permetteranno di avere dati migliori che arriveranno molto, molto presto», dice Freedman. «Rimane ancora spazio per una nuova fisica, ma anche se non ci fosse, avremmo dimostrato che il modello standard che abbiamo è sostanzialmente corretto, il che è comunque una conclusione profonda a cui arrivare», conclude la scienziata. «La cosa interessante della scienza è che non conosciamo le risposte in anticipo ma impariamo man mano che andiamo avanti. Lavorare in questo campo è davvero emozionante».

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